Al grande libro sul fallimento del progetto Albania si aggiunge ogni giorno un nuovo capitolo. L’ultimo riguarda il potente sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, con delega alla Polizia penitenziaria, e una sua vecchia conoscenza. Ed è un capitolo che ha i contorni del mistero. Un nome che prima finisce nella lista dei fortunati agenti da spedire in missione a Tirana, retribuiti lautamente, e poi sparisce per salvare la credibilità del dipartimento di giustizia ed evitare così nuovi guai al fedelissimo di Giorgia Meloni.

L’agente si chiama Walter Della Ragione, poliziotto appassionato di motociclette, del quale questo giornale si era già occupato svelando il suo ruolo da agente di scorta di Delmastro, ruolo abbandonato per un guaio giudiziario occorsogli: un’indagine per tortura.

Chiariamo subito che lui si dice totalmente estraneo alle contestazioni, l’ultimo atto è l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio. L’agente Della Ragione figura in un primo elenco stilato, lo scorso luglio, sotto la dicitura “integrazione personale”, ma come decine di altri colleghi non è tra i primi 45 agenti formati per la spedizione internazionale. Nel carcere allestito in Albania, in realtà, sono rimasti solo in quindici e l’iniziale previsione del nutrito contingente è saltata visto il fallimento del progetto.

A occuparsi della selezione del personale è il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, guidato dal magistrato Giovanni Russo, ma in realtà su di lui c’è l’ombra del potente sottosegretario. La domanda che abbiamo posto al Dap è perché è finito in quell’elenco Della Ragione? La risposta iniziale è stata sibillina: «L’agente non è in Albania». Così abbiamo insistito visto che nell’elenco c’è il suo nome, a questo punto dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria hanno risposto: «Ho verificato che l'Assistente Della Ragione ha formalmente rinunciato al possibile impiego in Albania».

Un altro pasticcio che racconta molto del disastrato mondo carcerario nell’era Meloni, e della discrezionalità nelle scelte dei fortunati da spedire in Albania, discrezionalità già denunciata anche da alcuni sindacati. La responsabilità viene così scaricata sul poliziotto, che aveva tutte le intenzioni di andare nei centri albanesi. Chi lo conosce racconta che il suo passo indietro non è stato spontaneo, piuttosto è stato invitato a farlo.

Ma perché tutti vogliono andare in Albania? Di certo anche per i lauti guadagni, come avevamo rivelato lo scorso aprile.

L’oro albanese

Il dirigente, oltre allo stipendio, incassa una diaria lorda pari a 176 euro al giorno, oltre 5.000 euro lordi, i funzionari mettono in tasca 156 euro al giorno, oltre 4.500 euro lordi al mese, un agente, invece, guadagna 130 euro lordi al giorno, 4 mila euro circa al mese che si aggiungeranno allo stipendio. Per capirci, un poliziotto penitenziario che in Italia varca la soglia di un istituto per un mese di lavoro incassa meno di 2mila euro, in Albania porta a casa 2mila più 4mila e i benefici non sono finiti. Mentre in Italia si chiudono gli istituti con meno di cento detenuti e il rapporto agenti-reclusi è uno a tre, in Albania è di uno ogni due, con la previsione di 45 poliziotti effettivi e massimo venti detenuti.

Previsioni che sono state completamente disattese, visto che ormai il carcere in località Gjadër, luogo in cui sono stati costruiti anche i centri per migranti, è diventato un canile dove i randagi del posto vengono accuditi e sfamati. Proprio Domani ha rivelato, qualche giorno fa, il caso, poi finito in parlamento. Ora, però, c’è il capitolo che si tinge di mistero e che riguarda anche i diritti dell’agente indagato, prima selezionato e poi depennato dalla lista dei fortunati per l’avventura albanese. Della Ragione è stato agente della tutela di Delmastro Delle Vedove fino a quando è scattata un’indagine per tortura ai suoi danni. Cosa contestano al poliziotto?

Due episodi in particolare, avrebbe rivolto frasi minacciose a un detenuto durante un trasferimento e avrebbe insieme ad altri partecipato al pestaggio di un altro recluso. L’agente ha sempre respinto ogni addebito, ribadito la correttezza del suo operato, negli anni ha ricevuto encomi solenni e quattro lodi ministeriali. Quando l’amministrazione ha avviato l’interpello per la selezione di poliziotti da inviare in Albania, Della Ragione ha partecipato e si è ritrovato nella lista dei “fortunati”. Ma poi qualcosa è andato storto, ufficialmente ha rinunciato per motivi personali.

Dall’amministrazione hanno spiegato a Domani: «La selezione è stata effettuata sulla base dei curricula presentata dai candidati ed effettuata dai dirigenti deputati a gestire la struttura».

In pratica prima ha partecipato e poi ha rinunciato, proprio quando era stato selezionato ed era in procinto di partire per la gradita e ricca meta. Una rinuncia che ha evitato nuove polemiche sulle infelici scorte del sottosegretario. Tutti ricordano il Capodanno con il botto, quando, con Delmastro Delle Vedove lontano dai fatti e dagli agenti, dalla pistola del fidato amico, Emanuele Pozzolo, partiva il colpo che ha ferito il genero del capo della scorta del sottosegretario.

Torniamo all’Albania e al pasticcio a marchio Dap. Della Ragione, infatti, come tutti gli altri agenti indagati non lavora più a Biella per incompatibilità ambientale, sostenendo, fanno sapere i legali, spese di trasporto per andare in altri istituti penitenziari dove incrocia comunque i detenuti del carcere delle presunte violenze. Ma perché se un agente può partecipare al trasferimento dei reclusi in Italia, lontano dalla città di residenza, non può lavorare in Albania? Un mistero che racconta chiaramente il disastro Albania. Il rischio è che la poca trasparenza salvaguardi i politici e alti funzionari mentre negli inferi del carcere a pagare sono sempre gli agenti.

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