C’è un altro colpo di scena nell’inchiesta che vede coinvolto Luca Di Donna, ex socio e collega del presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. E riguarda i suoi rapporti con esponenti dei servizi segreti nazionali. L’avvocato e professore universitario è indagato per associazione a delinquere e traffico di influenze illecite: secondo i pm di Roma avrebbe speso i nomi di alti funzionari pubblici (tra cui Domenico Arcuri e lo stesso Conte, “trafficati” ma non indagati) per intermediare affari tra aziende private e la struttura commissariale all’emergenza Covid. Il suo obiettivo, ipotizzano i magistrati, era quello di ottenere in cambio ricche consulenze. Il docente ha incassato centinaia di migliaia di euro durante l’emergenza sanitaria, attraverso incarichi «che non trovano allo stato lecita spiegazione».

Nel decreto di sequestro si segnala anche un incontro tra uno dei testimone chiave dell’accusa, l’imprenditore Giovanni Buini, e lo stesso Di Donna. Appuntamento organizzato il 5 maggio 2020 «presso lo studio legale Alpa» in cui si doveva discutere dei dettagli dell’intermediazione dell’avvocato e del suo collega Gianluca Esposito, capaci a loro dire di garantire a Buini affidamenti diretti da parte della struttura commissariale al tempo guidata da Arcuri. «I due non avevano mancato di rimarcare la vicinanza di Di Donna con ambienti istituzionali governativi», scrivono i pm Fabrizio Tucci e Gennaro Varone riassumendo le dichiarazioni a verbale dell’imprenditore, che descrive un incontro preliminare avvenuto cinque giorni prima. Nell’ufficio Di Donna stavolta non è con Esposito, ma si fa trovare in compagnia di un generale della guardia di finanza. «Il quale aveva rappresentato al Di Donna la necessità per la struttura di reperire dispositivi di protezione individuale», si legge ancora nel decreto.

L’amico del premier e il generale dei servizi

Risulta a Domani che il generale in questione sia Enrico Tedeschi. Un finanziere che da lustri non lavora più tra le file delle fiamme gialle, ma nei servizi segreti. In particolare all’Aise, l’agenzia informazioni e sicurezza esterna guidata oggi da Giovanni Caravelli. Tedeschi è uno dei più alti in grado, essendo da anni capo di gabinetto a Forte Braschi. Tedeschi è stato sentito dalla procura di Roma come persona informata sui fatti e ha fatto relazione interna ai suoi capi, spiegando che agiva su mandato ufficiale per cercare disponibilità di mascherine. Non risulta essere tra gli indagati. È stato certamente compito dei nostri 007, durante la pandemia, monitorare le forniture sanitarie e proteggere la nostra sicurezza nazionale. Quello che risulta anomalo in questo caso è che Conte, a quel tempo presidente del Consiglio, aveva anche la delega ai servizi. Che ha preferito, caso più unico che raro nella storia repubblicana, mantenere l’incarico senza mai delegare la delicata autorità ad altri: Mario Draghi è tornato alla tradizione nominando capo della nostra intelligence il sottosegretario Franco Gabrielli.

Sapevano all’Aise che Tedeschi aveva contatti con un fedelissimo di Conte come Di Donna? Qualcuno gli aveva ordinato di contattare proprio il professore allievo di Guido Alpa? Sapeva l’allora premier che gli uomini dell’intelligence, che a lui dovevano riferire, che erano andati a bussare alla porta dello studio di cui lui era stato importante socio fino a pochi mesi prima? Perché delle due l’una: o siamo di fronte a un conflitto d’interessi gigantesco oppure uomini dentro e fuori le istituzioni hanno approfittato della vicinanza (forse millantata) con l’avvocato del popolo per muoversi su crinali quantomeno inopportuni.

Affari saltati a catena

L’affare tra Biella e Di Donna, comunque, non si è mai fatto. Il 30 aprile il professore ed Esposito si erano accreditati con Buini, titolare di società che producono mascherine e altre protezioni individuali, «accreditandosi come intermediari in grado di garantirgli» appalti da parte della struttura commissariale all’emergenza Covid. «In detta occasione avevano fatto sottoscrivere al Buini senza rilasciargliene copia un accordo per il riconoscimento in loro favore di somme di denaro, in percentuale sull’importo degli affidamenti» che avrebbero ottenuto dall’ente guidato allora da Arcuri. Due giorni dopo il secondo incontro con Di Donna e Tedeschi, però, Buini cambia idea: le «modalità opache della proposta di mediazione» lo convincono a recedere dall’accordo fatto con l’avvocato e il presunto sodale. Quando l’affare salta, però, arriva un’altra cattiva notizia all’imprenditore: l’ente governativo di Arcuri con cui aveva già chiuso un contratto decide di sospendere i rapporti con lui. Secondo i pm della Capitale «in singolare coincidenza con l’interruzione dei rapporti tra Di Donna ed Esposito il Buini aveva ricevuto una email del Fabbrocini (Antonio, stretto collaboratore di Arcuri, ndr) con la quale la struttura commissariale gli comunicava il mancato perfezionamento del contratto di fornitura di ulteriori quantitativi di mascherine e, addirittura, la restituzione “per sopravvenute mutate esigenze della struttura commissariale” delle 500mila mascherine precedentemente già consegnate».

I pm non ipotizzano vendette trasversali contro l’imprenditore, ma parlano solo di «curiose casualità». Certamente l’analisi dei tabulati di Esposito e Di Donna hanno evidenziato «contatti plurimi o frequentissimi» tra i due avvocati indagati e l’ex commissario Arcuri. Anche qui: possibile che l’allora potentissimi braccio destro di Conte non sapesse che Di Donna era un fedelissimo del premier? Secondo i magistrati no: il nome di Arcuri sarebbe stato “usato” dal professore amico dell’ex premier a insaputa del civil servant promosso sempre da Conte. Per la cronaca, Arcuri è ancora a capo di Invitalia e Di Donna – volatilizzatosi il business con le mascherine di Buini – ne ha però chiusi altri con forniture diverse come test molecolari della società Adaltis, di cui sono indagati alcuni dirigenti. Secondo l’accusa, sempre trafficando influenze con alti funzionari pubblici della struttura commissariale di Arcuri.

 

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