Francesco Ligorio aveva 18 anni, viveva a Francavilla Fontana, provincia di Brindisi, con mamma Mariangela. L’undici novembre 2010 era uscito per andare a lavorare, faceva l’operaio in un’azienda di raccolta e vendita di rottami. Alle prime luci dell’alba Francesco era a bordo di un camion Iveco alla cui guida c’era Nicola Canovari. Sono gli ultimi istanti della sua vita: un gruppo di fuoco prende d’assalto il mezzo a colpi di kalashnikov. Canovari si salva. Era lui il vero bersaglio degli assassini. Francesco invece muore colpito dai proiettili.

Dopo 10 anni è finalmente arrivato il decreto firmato dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che riconosce Francesco come vittima innocente di mafia. Una battaglia lunghissima che ha visto come protagonista la madre che ha resistito anche quanto tutto sembrava perduto. Subito dopo l’omicidio Mariangela, condannata a vivere il dolore straziante per la perdita di suo figlio, aveva subito lamentato il totale isolamento. In paese non riceveva sostegno da nessuno dei suoi concittadini e anche quello dei parenti era impercettibile. Mariangela era sola.

«È storicamente riconosciuto che il peso della memoria spesso ricade sui familiari delle vittime innocenti, che devono lottare perché queste storie non cadano nell’oblio» dice Daniela Marcone, vicepresidente di Libera. Ed è grazie al sostegno di Libera e dell’associazione locale Impegno e partecipazione, in particolare nella figura di Antonio De Franco, che mamma Mariangela comincia il percorso per restituire a suo figlio la dignità che meritava. Un percorso lento, dieci anni, ma più veloce di quello della giustizia. Per quell’omicidio, infatti, non è mai stato arrestato nessuno.

Quando Francesco viene ucciso il territorio di Francavilla è una polveriera. Secondo Ercole Penna, elemento storico della Sacra corona unita che si è pentito dopo l’arresto, a volere l’agguato sarebbe stato Gaetano Leo, membro della frangia mesagnese della mafia locale. Una delle ipotesi al vaglio è che l’agguato abbia un’origine passionale: la moglie di Leo avrebbe avuto una relazione con Canovari, ma si tratta di una pista debole, quasi una chiacchiera popolare. «Il contesto territoriale è quello in cui fatti come questo vengono sminuiti, c’è del negazionismo rispetto al fenomeno criminale», dice De Franco.

Lo scorso 2 novembre a Francavilla sono stati arrestate 22 persone con l’accusa di spaccio. Le forze dell’ordine gli hanno sequestrato due chili di tritolo e un vasto arsenale, tra cui diversi kalashnikov. La madre di Francesco, sostenuta dall’associazione Impegno e partecipazione ha chiesto una perizia sulle armi per verificare se ci siano dei collegamenti con l’omicidio.

Il riconoscimento

Il primo passo che Impegno e partecipazione ha svolto al fianco della mamma di Francesco è stato quello di aiutarla a presentare domanda all’Inail per la pratica riguardante l’infortunio in itinere. «L’avvocato incaricato di fare la pratica aveva fatto passare i termini della domanda di infortunio. Quando è stata presentata, è stata liquidata a 0. Mariangela non ha preso neanche un centesimo dall’assicurazione statale», dice De Franco.

Nel 2013 Libera ha inserito Ligorio nell’elenco delle vittime innocenti della mafia che vengono celebrate ogni anno il 21 marzo. Nel 2016, però, il suo nome è stato tolto. Lo scorso 10 novembre è arrivato il riconoscimento da parte dello stato e ora la madre commenta: «Mio figlio non era un mafioso, sono contenta che l’abbiano riconosciuto come una vittima, ma voglio sapere da Libera perché hanno tolto mio figlio dalla lista». Per Marcone si è trattato di uno spiacevole malinteso: «Siccome la giornata delle vittime innocenti stava diventando legge di stato, abbiamo pensato di togliere solo momentaneamente alcuni nomi, perché non c’era il decreto ufficiale di riconoscimento come vittime innocenti. È evidente che questa situazione sarà modificata e corretta poiché non c’è alcun motivo per non farlo, sono pugliese, e quando ho appreso la notizia del riconoscimento di Francesco sono stata molto contenta, siamo una regione che deve risvegliare la memoria». Una memoria che vive soprattutto di storie dimenticate, come quella di Francesco, a cui lo stato ha finalmente riconosciuto un po’ di giustizia.

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