«Ora è troppo facile voler provare a salire sul carro del vincitore con parole di circostanza dopo anni di silenzio. Chi ha la coscienza a posto non si offenda per queste parole ma tanti altri, almeno oggi, abbiano la decenza di tacere», dice la sindaca di Roma Virginia Raggi dopo l’assoluzione dall’accusa di falso nel processo di secondo grado. Non le manda a dire la prima cittadina che, dopo il verdetto che l’ha scagionata dall’accusa di falso, attacca di chi non l’ha difesa. «Questa è una mia vittoria, del mio staff, delle persone che mi sono state a fianco in questi quattro lunghi anni di solitudine politica ma non umana. Credo che debbano riflettere in tanti, anche e soprattutto, all'interno del M5s», dice la prima cittadina. Il riferimento è al silenzio di questi giorni, di questi mesi da parte di buona parte del M5s, soprattutto dei vertici. Non è solo il silenzio a ferire la sindaca, ma soprattutto le continue giravolte senza mai schierarsi apertamente. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che, oggi, festeggia con queste parole «grande donna, il MoVimento 5 Stelle resiste insieme a te», è lo stesso che a più riprese, nelle scorse settimane, aveva detto: «Anche a Roma abbiamo il dovere di costruire una coalizione», ma anche «non bisogna fossilizzarsi sui nomi». Ogni volta Di Maio ribadiva anche la stima per Raggi, insomma, mantenendo due parti in commedia. Ieri, prima dell’assoluzione, si era chiarita la spaccatura all’interno del M5s sulla sindaca. Da una parte c’erano l’ex deputato Alessandro Di Battista, il consigliere Paolo Ferrara e Barbara Lezzi che era stata chiarissima: «Vi dico che non ho bisogno di aspettare domani per dirvi che sono convinta che Virginia Raggi rappresenti pienamente il M5S e debba continuare a farlo a Roma e per Roma», dall’altra il vertice politico. Proprio ieri, il reggente Vito Crimi, era apparso attendista e distaccato: «Vediamo quale sarà la sentenza su Virginia e poi ci regoliamo». Mentre Crimi si regola, ora, ottenuta l’assoluzione, Raggi attacca. 

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