Dal Dubai chocolate al ramyeon: se l’algoritmo lancia e uccide tendenze

Una ricetta fatta in casa diventa un fenomeno globale da milioni di confezioni vendute. Stavolta però non c’è dietro il marketing ma un algoritmo che decide cosa vale la pena desiderare. L’epopea del Dubai Chocolate è stata solo l’inizio di un nuovo modo di creare i prodotti che consumiamo. Nell'immaginario collettivo, alimentato dalle serie Tv sull’età d’oro della pubblicità come Madmen, il marketing è un processo lineare: un gruppo di persone scaltre in una sala riunioni analizza il bisogno di mercato per una nuova merendina, la progetta nei minimi dettagli dopo test e focus group, la riveste con un packaging colorato e lo spedisce negli scaffali sostenendo le vendite con una campagna pubblicitaria sempre un po’ manipolatoria. Per molto tempo questa rappresentazione romanzata non è stata poi così lontana dalla realtà. Meloni, manghi e uva pagati a peso d’oro: il caso giapponese e noi Poi è arrivato TikTok. Con i suoi video di pochi secondi e un algoritmo che capisce cosa ci attira prima ancora che ce ne accorgiamo, non ha solo cambiato la forma dei contenuti ma ha ribaltato l’idea stessa di lancio di prodotto. Non un percorso strutturato in azienda ma un flusso continuo in cui i prodotti nascono come meme alimentari e solo dopo diventano merce fisica. Il desiderio non viene più generato dalla pubblicità: nasce spontaneo, caotico, imprevedibile. E quando prende velocità, può trasformare una ricetta fatta in casa in un successo globale. È quello che è successo al Dubai Chocolate: nel 2021 Sarah Hamouda, ingegnera anglo-egiziana residente appunto a Dubai, prova a creare un mix dei suoi desideri in gravidanza: cioccolato, pistacchio, tahini e knafeh, un classico dolce mediorientale. Nasce così Fix Dessert Chocolatier, una piccola attività online. Il resto lo fa TikTok, che trasforma una ricetta in una fantasia di lusso accessibile, con video in slow-motion che mostrano colate di cioccolato morbide e ipnotiche, decorate da pistacchi e foglie d’oro. Il packaging scintillante raccoglie l’immaginario di Dubai come capitale dell’eccesso. Alcune versioni in edizione limitata arrivano a costare 80 dollari a barretta. Nel 2023 e 2024 l’hashtag #dubaichocolate ottiene milioni di visualizzazioni e diffonde la domanda in modo incontrollato. In India la lotta al patriarcato profuma di coraggio e masala Dolce e salato Il cibo era già stato protagonista nell’economia dell’attenzione con l’“instagrammabilità” – i piatti dovevano essere fotogenici per bucare lo schermo. TikTok va oltre: il cibo deve essere spettacolare. Da questo sono arrivate ricette come la baked feta pasta, il cloud bread, gli smashed tacos. Un altro esempio è il ramyeon, versione coreana e iper-piccante del ramen. I video di persone che provano a mangiarlo, tra colpi di tosse e lacrime, ottengono milioni di visualizzazioni. Il senso che ne determina il successo non è più da tempo il gusto: è l’effetto visivo, la gratificazione nel vederlo realizzato, la gamification insita nel consumo. Dove la frutta è oro: viaggio nei supermercati più costosi del mondo In questo ecosistema mediatico le ricette diventano format: chiunque può replicarle, modificarle e rilanciarle. E così non è più l’ufficio marketing a scegliere cosa avrà successo ma un gigantesco talent show, governato da un algoritmo che seleziona ciò che trattiene più a lungo l’attenzione. Ogni giorno nascono decine di ibridazioni tra ingredienti e trend estetici, moltissime muoiono nel giro di poche ore, qualcuna sopravvive qualche giorno e una ogni tanto diventa un fenomeno globale. Ogni cinque anni nasce anche un Dubai Chocolate. Quando l’hype esplode, spesso l’offerta non è pronta a soddisfarla. Si creano code fuori dai negozi, forme di scarsità più o meno indotta, video di unboxing in cui si celebra la missione come un traguardo. Nel caso del cioccolato, si forma persino una penuria mondiale di pistacchio. Ma la scarsità reale dura poco, solitamente: a medio termine l’industria trova sempre un modo per soddisfarla, e spesso a superarla. Oggi la “cioccolata di Dubai” si trova da Lindt alle catene del discount. Non è infatti un marchio registrato: il nome è considerato ormai generico. Chiunque può produrla. Il paradosso dell’anguria: caldo e concorrenza insidiano la Puglia Sembra un gioco in cui tutti vincono: creator, brand, consumatori, poi arriva inevitabilmente il ritorno alla realtà. Dopo l’acquisto si passa all’assaggio, e nel caso del Dubai chocolate la nuova ondata di TikTok lascia trapelare una certa delusione: in effetti, tolta l’allure resta una barretta molto dolce, molto calorica e piuttosto costosa, realizzata spesso in economia da qualche imitatore dell’originale ricetta. La velocità di diffusione ai tempi di TikTok funziona anche in modalità inversa: si passa facilmente dall’entusiasmo al rigetto. E in effetti, anche essere contro il famoso cioccolato ormai funziona per l’engagement. Il Dubai Chocolate ci ha entusiasmato, poi ci ha deluso, poi infine annoiato. Sta succedendo al ramyeon, prima era toccato alla pasta alla feta. Quando tutto è virale, nulla rimane. E quindi bisogna aspettare il nuovo fenomeno, non ci sono dubbi, arriverà. Il marketing non insegue più i consumatori: aspetta l’algoritmo.