È morta all’età di 51 anni Michela Murgia: scrittrice, drammaturga, attivista e critica letteraria. Aveva raccontato la sua malattia pubblicamente, prima in un’intervista e poi nel suo ultimo libro, Tre ciotole, diventato un caso letterario. 

È stata una delle più importanti scrittrici italiane contemporanee, capace di portare all’attenzione pubblica le proprie battaglie, compresa quella contro la malattia, e diventare una protagonista assoluta della discussione culturale, sociale e politica italiana.

Il funerale è previsto per sabato alle 15.30, alla Chiesa degli artisti in piazza del Popolo a Roma.

Chi era

Michela Murgia era nata il 3 giugno 1972 a Cabras, in provincia di Oristano. Ha frequentato l’istituto tecnico Lorenzo Mossa di Oristano. Di formazione cattolica, ha lavorato come insegnante di religione nelle scuole per sei anni e ha svolto volontariato facendo l’animatrice nell’Azione cattolica, associazione nella quale è diventata responsabile della sezione giovanile regionale.

Ha svolto numerosi impieghi tra cui l’operatrice telefonica in un call center, questo lavoro ha ispirato uno dei suoi romanzi: Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria

Il legame con la Sardegna

Uno dei suoi primi libri, Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola che non si vede, è invece legato alla sua terra natia. In molti suoi libri sono esposte le sue posizioni a favore dell’autonomia e dell’indipendenza della Sardegna.

Nel 2014 si è anche candidata alla presidenza della regione con la lista Sardegna possibile, raccogliendo il 10 per cento della preferenze, senza però entrare in Consiglio regionale. 

Il matrimonio

Grazie alla scrittura è riuscita a promuovere le sue battaglie politiche, senza temere le critiche che talvolta le venivano rivolte da parte dell’opinione pubblica. Fra le sue pubblicazioni più famose ci sono Accabadora, libro che le ha richiesto tre anni di lavoro e grazie al quale ha vinto i premi SuperMondello e Campiello. 

A metà luglio ha sposato, «in articulo mortis», l’attore Lorenzo Terenzi. Anche il matrimonio è stato un grande «atto politico», un rito di rottura dalla tradizione, a ufficializzare l’unione con la sua intera famiglia queer. Un insieme di unioni spirituali con uomini e donne.

La notizia l’aveva diffusa nella stessa intervista in cui aveva annunciato il tumore al quarto stadio. Quella malattia che le è stata fatale.

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