I partiti senza più soldi pubblici sono alla costante ricerca di finanziamenti privati. Non sempre si tratta di donazioni trasparenti. Molte, emerge dalle recenti inchieste della magistratura, sono sospette. Cioè potrebbero configurare il reato di finanziamento illecito. Negli ultimi anni sono state adottate misure anticorruzione che hanno rafforzato l’obbligo di dichiarare versamenti a favore di partiti, movimenti politici e fondazioni. Ma la complessità del sistema rende difficile il monitoraggio.

Dopo l’abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti, nel 2013 (diventata effettiva solo dal 2017), è stata introdotta la disciplina delle «agevolazioni fiscali per la contribuzione volontaria dei cittadini». In altre parole, si può contribuire economicamente a sostegno di un partito, di un movimento o di liste, con lo strumento del 2 per mille, decidendo di devolverlo ai partiti anziché allo stato, o attraverso le erogazioni liberali, cioè donazioni di privati. I singoli contributi di privati cittadini o di società non possono superare i 100mila euro e sono detraibili fino alla somma di 30mila euro.

Le fondazioni

Nel 2019 il legislatore si è occupato delle fondazioni, sempre più numerose, prima introducendo misure per la trasparenza sui finanziamenti, con la legge Spazzacorrotti, poi ridefinendo gli obblighi di trasparenza per le fondazioni politiche. Dall’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, diventato effettivo nel 2017, infatti hanno iniziato a comparire decine di fondazioni politiche, con l’obiettivo di raccogliere finanziamenti, attraverso il 5 per mille o accedendo ai fondi dei ministeri e a ulteriori detrazioni fiscali. Per questo motivo la legge Spazzacorrotti ha equiparato le fondazioni, le associazioni e i comitati, legati alla politica, ai partiti e ai movimenti, che ora devono quindi sottostare agli obblighi di trasparenza. Openpolis, dal 2015 al 2019, ha censito 121 strutture tra think tank, fondazioni e associazioni politiche. Tra i nomi più noti la Fondazione Open, collegata a Matteo Renzi, o il Comitato Change dietro al partito di Giovanni Toti Cambiamo!. «A contare sui grandi donatori privati sono innanzitutto i piccoli partiti spuntati sulla scena politica nell’ultimo anno», evidenzia un’inchiesta di Irpi Media.

Il tema è tornato di attualità, dopo il viaggio di Renzi in Arabia Saudita, il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni ha presentato una proposta di legge per imporre una stretta al finanziamento ai partiti o ai personaggi politici da parte dei privati.

La normativa

Le regole sulla trasparenza prevedono l’obbligo di annotare in un apposito registro, per ogni contributo superiore a 500 euro annui, da chi arriva la donazione, l’entità di questa o il valore della prestazione, o ancora altre forme di sostegno equivalente, e la data dell’erogazione. Questi dati devono poi essere riportati sul sito internet del partito ed essere inseriti nel bilancio. «L’obbligo vige per i partiti, per i movimenti, per le liste e per i candidati alla carica di sindaco che partecipano alle elezioni di comuni con più di 15mila abitanti», si legge nel decreto Spazzacorrotti.

Se l’importo supera i 3mila euro, c’è l’obbligo di una dichiarazione congiunta di chi riceve il contributo e di chi lo eroga. E se si tratta di una società, perché un finanziamento non si consideri illecito, i contributi o i finanziamenti devono essere deliberati dall’organo sociale competente e iscritti in modo regolare nel bilancio, come prevede la legge Piccoli del 1974, pena la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa fino al triplo delle somme versate in violazione della legge.

Partiti e comitati, nati per sostenere per esempio un candidato a sindaco, hanno poi l’obbligo di trasmettere il rendiconto ogni anno alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici che, in caso di violazioni, infligge una sanzione amministrativa. Inoltre la norma vieta di ricevere contributi o altre forme di sostegno da governi o enti pubblici di stati esteri e da società che, avendo la sede fuori dall’Italia, non hanno obblighi fiscali nel nostro paese.

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