Quando Mahienour el-Massry si è imbarcata su un aereo da Alessandria d’Egitto per venire in Italia venerdì scorso, mai avrebbe pensato che non sarebbe riuscita a uscire dal paese. Mahienour è un’attivista politica e un avvocato per i diritti umani. Dopo essere stata scarcerata nel luglio del 2021, era riuscita a ottenere un nuovo passaporto.

Ma il suo volo per raggiungere Venezia, e ritirare l’Aurora Prize for Awakening Humanity, si è interrotto ai transiti internazionali della capitale egiziana. «Lo scorso mese la procura generale mi aveva detto che su di me non pendeva alcun divieto di espatrio ma, come spesso accade in Egitto, nessuno mi aveva rilasciato un foglio ufficiale», racconta.

«Poi, venerdì scorso, mi hanno fermato al controllo passaporti dell’aeroporto del Cairo. E la polizia mi ha detto che non posso andare all’estero». Domenica scorsa, Mahienour è tornata a chiedere spiegazioni alla procura generale che, al contrario di quando detto un mese fa, le ha comunicato che è nella lista delle persone che stanno sotto il cosiddetto travel ban. Il motivo? Un altro caso, il 255/2000, per cui l’attivista era stata iscritta nel registro degli indagati nel periodo in cui era in carcere. L’accusa è di far parte di un’organizzazione sovversiva. «La mia vicenda giudiziaria è identica a quelle di altre due mie compagne di cella che invece sono riuscite a viaggiare senza problemi», dice el-Massry. «Ora presenterò un reclamo».

La storia della avvocatessa egiziana non è l’unica ma riguarda migliaia di attivisti politici alle prese, ogni giorno, con l’apparato burocratico e repressivo del regime del suo paese. Chi riesce a uscire dal carcere non è mai completamente libero.

È lo stesso sistema che non permette a Patrick Zaki, lo studente iscritto al master Gemma di Bologna, di tornare in Italia nonostante sia uscito dal carcere da dieci mesi e il suo processo sia scandito da continui rinvii.

La nuova repressione

Ma la solita prassi che ormai va avanti dal 2013, anno in cui il presidente Abdel Fattah el-Sisi ha preso il potere con un colpo di stato, in questi mesi sta trovando nuova linfa. Il motivo è la prossima Cop27 che si terrà a Sharm el-Sheikh, cittadina sul mar Rosso, tra il 6 e il 18 novembre.

«Chi ha parlato con persone vicine al governo sa che la linea da tenere per il prossimo mese è quella di non far uscire dal paese alcun attivista di spicco» spiega el-Massry. «In questo momento per il regime sarebbe controproducente avere persone che vanno in Europa a parlare della repressione dei diritti umani perché la Cop27 è un’occasione imperdibile di greenwashing».

In vista della Conferenza della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, l’Egitto ha pubblicamente espresso l’intenzione di tagliare le emissioni di carbonio e sta cercando un ruolo guida tra i paesi in via di sviluppo sulle questione ambientali. Un piano ambizioso per affermarsi a livello internazionale ma che collima con la situazione interna del paese.

Gli attivisti del clima

Lo scorso settembre un report di Human Rights Watch ha raccontato come le ong e i giornalisti indipendenti che si occupano di ambiente siano stati colpiti dallo stesso sistema repressivo in cui sono coinvolti i dissidenti politici.

Negli ultimi anni, molte organizzazioni straniere specializzate hanno chiuso i loro uffici al Cairo mentre diversi attivisti egiziani per il clima hanno lasciato il paese per sfuggire all’arresto. Le autorità del Cairo hanno ostacolato la ricerca sul campo e impedito la registrazione di nuove organizzazioni ambientaliste.

«Lo scopo è quello di nascondere l’impatto delle politiche economiche del governo», spiega el-Massry. «Per esempio, i grandi piani urbanistici del regime che hanno portato alla costruzione di mega infrastrutture e al taglio indiscriminato delle aree verdi della capitale».

Il ministro degli esteri Sameh Shoukry, presidente designato della Cop27, ha garantito che a Sharm saranno consentite le manifestazioni. Ma il rischio è che a sfilare saranno solo attivisti stranieri.

«Le autorità hanno già vietato a diversi cittadini egiziani non graditi al regime di entrare nella penisola del Sinai, persino per andare al mare», dice el-Massry. «Prevedo che chi sarà a Sharm non riuscirà a uscire da lì e incontrare le organizzazioni locali. Il regime non permetterà interferenze all’immagine brillante del paese che sta preparando per questa conferenza».

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