Enrico Fierro, Amico mio, a volte i fratelli si possono scegliere. Negli ultimi mesi ci siamo scelti come fratelli. Abbiamo lo stesso sangue, quello che ci va alla testa quando ci ostiniamo con le nostre battaglie civili fino a rendere quel sangue amaro. Malesangue si dice dalle mie parti. Enrico, cerco di capire se esista qualcosa di divino in questo mondo, non trovo un senso al tuo supplizio immeritato. Una volta Enzo Jannacci parlando di De André mi disse: «I poeti muoiono presto, le carogne vivono a lungo».

Come vorrei ora che tu fossi una carogna ma tu, amico mio, sei un Poeta. E i poeti vivono per sempre. Sei salito sul palco per raccontare con la poesia la storia del nostro compagno Domenico Lucano nonostante la tua salute tremasse ed hai sopportato anche altri dolori che ti tenevi dentro. Il teatro ti stava dando gioia, era una cura al tuo malessere, il nostro ultimo spettacolo è stato nella tua terra che forse non ti ha amato abbastanza. Hai voluto salutarla prima del tuo volo. Mi mancano le nostre telefonate a raccontarci la vita, le sconfitte, le battaglie, i figli, l'amore, i sogni. Maledico le tue sigarette di dolore, la tua ostinata voglia di abbandono.

Torna Enrico, torna per Rossella, la tua luce. Torna ora. Posso donarti le mie braccia, la mia voce, i miei occhi, le mie ossa, la mia carne, il mio sangue. Torna ora. Quante volte abbiamo giocato sulla nostra morte durante le prove dello spettacolo, siamo stati saltimbanco per tenere il morale della Compagnia. Abbiamo riso insieme, quanto abbiamo riso, anche sulle nostre disgrazie. Io ho scritto tante poesie per testamento, tu mi hai raccontato del tuo, le ceneri da disperdere su Badolato.

E no, Enrico, non si fa così, dovevi mantenere la promessa di venire al mio funerale e tenere una orazione per me e cantare l'Internazionale. Dovevi mantenere la promessa e non puoi andartene prima. Abbiamo ancora tante storie da raccontare, devo cucinare per te le telline col pane di Altamura, vedere i nostri figli felici, dobbiamo reggerci e appoggiarci l'uno sulla spalla dell'altro, come abbiamo fatto in questi mesi di fratellanza vera, sincera, commovente, divertente, per sempre.

Ho il "core n'grato" in questo momento, come la canzone che amiamo. Quelli come te non possono andarsene in autunno ma a maggio, nel mese delle Rivoluzioni, delle Rose e delle Ciliegie. Non è il tuo tempo ancora. La Compagnia di Riace Social Blues ha pregato per te, ognuno al proprio Dio, nella sua lingua. Torna Enrico. Abbiamo bisogno dei tuoi "vaffanculo" della tua poesia civile, della tua voce napoletana. Torna, amico mio. Sai che dico sempre che le persone che si amano non se ne vanno mai, tornano.

Ti aspettiamo.

Cosimo Damiano

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