Le sue invettive alla politica italiana erano dispensate in televisione e in streaming web a tutte le ore. E poi le tante interviste sui giornali, cui non si sottraeva. I temi erano sempre gli stessi: la scarsa capacità dei governi di aggredire i problemi importanti del Paese e di mantenere l'economia italiana al passo degli altri grandi Paesi per non costringere i giovani a espatriare. E poi la Cina: prima suo grande amore tanto da “inventare” i fondi d'investimenti Mandarin Capital, il collegamento (in) business tra l'Italia e il Celeste impero

Insomma, stare dalla parte di chi spiega, commenta e rimbrotta per il bolognese Alberto Forchielli, allievo prediletto dell'economista banchiere Beniamino Andreatta e dell'ex presidente del Consiglio Romano Prodi, era una sorta di secondo lavoro dopo a quello di investitore in società italiane da lanciare sui grandi mercati asiatici. Il tutto insaporito dall'ampio sfoggio che faceva della sua fisicità prorompente in pose plastiche anche nelle foto, spesso da luoghi esotici, che dispensava sui social, usate per rafforzare il personaggio. E per questi motivi la sua sagoma era stata presa “in prestito" anche da Maurizio Crozza per una delle sue imitazioni più riuscite.

Evasione

Ma adesso è un'inchiesta della procura di Milano che lo accusa di evasione fiscale dell'imposta sui proventi societari (Ires) da 4,2 milioni di euro legata l'esterovestizione in Lussemburgo, comodo paradiso fiscale a un'ora di volo da Milano, di due società legate proprio al fondo Mandarin, di cui Intesa Sanpaolo è storicamente uno dei principali conferitori.

Forchielli non è l'unico personaggio finito in questa inchiesta  appena chiusa e guidata dal sostituto procuratore Stefano Civardi, lo stesso che sta indagando sui commercialisti della lega e l'affaire Lombardia film commission. Con lui c'è anche un altro nome pesante della Bologna accademica: l'ex rettore dell'Università felsinea Fabio Roversi Monaco, uno dei maggiori giuristi italiani nonché ex professore di diritto costituzionale e membro del consiglio d'amministrazione di alcune delle maggiori società italiane. E poi il finanziere Enrico Ricotta oltre a un manager lussemburghese, Joseph Schmitt.

Tutti accomunati dall'essere stati la guida, nei rispettivi consigli d'amministrazione, delle società Mandarin Capital Management e Mandarin Capital Management II, società di gestione di gestione dei fondi di private equity Mandarin per l'appunto. La prima delle due società è stata messa in liquidazione quest'anno, secondo quanto risulta dal registro delle imprese del Lussemburgo, che abbiamo consultato.

La procura accusa i quattro indagati di esterovestizione di queste due società lussemburghesi. Nel caso specifico di aver posto in Lussemburgo queste società solo per motivi fiscali, in quanto poi sarebbero state gestite comodamente da Milano attraverso la Mandarin Advisor, una società solo in teoria di semplice consulenza ma dove in realtà avveniva la «direzione effettiva» delle due società del Granducato.

Transazione

L'inchiesta, nata dall'attività di monitoraggio che è condotta normalmente dall'amministrazione finanziaria, è servita poi alla Guardia di Finanza per smascherare il trucco organizzativo e a “riportare” queste funzioni dirigenziali in Italia, dove le società avrebbero dovuto pagare le tasse, quantomeno nelle annualità contestate, che vanno dal 2013 al 2015 per una società e dal 2013 al 2016 per un altra.

L'accusa, tecnicamente, è quella di “omessa dichiarazione delle imposte”, punta dall'articolo 5 del decreto legislativo 74 del 2000, punito con reclusione da due a cinque anni. Le pene per questo reato, giova ricordarlo, sono state aumentate con la revisione operata dal legislatore nel 2019. Da quello che si è appreso le società coinvolte hanno pagato il dovuto all'Agenzia delle Entrate dopo una procedura di accertamento con adesione per chiudere il contenzioso tributario che era nato.

Una mossa che servirà agli indagati per poter eventualmente patteggiare una pena o comunque godere di attenuanti in caso di eventuale condanna.

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