Facebook vince sempre. Anche quando perde in modo rumoroso, come è successo in Consiglio di stato alla fine dello scorso marzo sulle pratiche commerciali scorrette ai danni dei propri utenti. I massimi giudici amministrativi hanno dato ragione all’Antitrust, in via definitiva, sulle sanzioni erogate nel 2018 alla multinazionale americana per non aver adeguatamente informato i propri iscritti dell’uso che avrebbero fatto dei propri dati caricati quotidianamente sulle pagine del popolarissimo social network. Dati che vengono utilizzati dalla società per piazzare pubblicità o impacchettati e rivenduti a terzi violando le norme sulla privacy.

È stata una decisione storica per l’Italia, da cui è scaturita una multa di 10 milioni di euro, mai pagati finora peraltro. Molto lontana dai cinque miliardi di dollari pagati nel 2019 alla Federal Trade Commission americana per la violazione della privacy connessa allo scandalo Cambridge Analytica.

Dalla contestazione Antitrust era nato un procedimento civile con richiesta di class action promosso dall’associazione di consumatori Altroconsumo, che pendeva davanti al tribunale di Milano dopo vari rinvii decisi per attendere la sentenza del Consiglio di stato. Nell’udienza de 22 aprile il colpo di scena: davanti i due contendenti hanno, infatti, espresso la loro volontà di estinguere la causa. Una decisione singolare, perché la decisione della massima corte amministrativa avrebbe facilitato molto le cose ad Altroconsumo in caso di accoglimento della class action. In altri termini, dopo la sentenza del Consiglio di stato, si sarebbe aperta la fase civile finalizzata ai risarcimenti, con ottime probabilità di successo.

Su questa base Altroconsumo si era mossa depositando l’atto di citazione e raccogliendo decine di migliaia di preadesioni, che sarebbero arrivate allo stratosferico numero di 160mila circa. Adesso la marcia indietro, che toglie dalla graticola la multinazionale americana, soddisfatta per questa «vittoria» arrivata nonostante tutto.

E adesso?

Cosa succede adesso? Da quel poco che si è intuito, la richiesta di estinzione della causa è correlata a delle contrattazioni tra Altroconsumo e Facebook, allargate anche ad altri stati europei. In Portogallo, Spagna e Belgio, infatti, associazioni di consumatori federate con quella italiana avevano intentato class action gemelle alla nostra. Anche quella portoghese è stata ritirata e probabilmente anche le altre faranno la stessa fine.

Quello che non si comprende, però, è su cosa si stia contrattando, e per chi si tratti. In altri termini, una volta raccolte le preadesioni, (email e numeri di telefono, dati raccolti da Altroconsumo) di coloro che si sono affidati all’associazione per cercare di ottenere un risarcimento così come gli era stato prefigurato, ora cosa succede? Altroconsumo tratta anche per loro? Si attendono comunicazioni ufficiali per far luce su quello che al momento sembra essere un mistero giuridico.

C’è anche da dire che affrontare una class action in Italia non è una questione semplice. La norma, emendata nel 2019, è ancora molto farraginosa e onerosa per le associazioni che decidono di intraprendere questo percorso giurisdizionale. A differenza di quanto succede negli Stati Uniti, nel nostro sistema non esiste il danno punitivo per l’azienda che viene ritenuta colpevole. Esiste solo un risarcimento per il danno patito, che può essere di piccola entità, che va provato dopo istruttorie che magari durano anni e che nel caso di Facebook sarebbe anche di difficile valutazione in quanto non esistono «listini prezzi» dei dati cui rifarsi. Chi intenta una class action in Italia, però, deve farsi carico di tutti gli oneri di pubblicità una volta ammessa, che serve per informare tutti i potenziali utenti che si trovano nella condizione di poter ottenere un risarcimento, di portare la propria adesione presso il tribunale dove si discute la causa.

Su queste difficoltà ha sicuramente giocato anche Facebook, che si è tirata fuori da un impaccio che sarebbe stato potenzialmente molto oneroso per la società, visto che gli utenti italiani sono oltre 30 milioni e tutti questi avrebbero potuto lamentare, in via teorica, un risarcimento.

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