Mark Zuckerberg ha affermato pubblicamente che Facebook consente ai suoi oltre tre miliardi di utenti di parlare sullo stesso piano delle élite della politica, della cultura e del giornalismo e che i suoi standard di comportamento si applicano indistintamente a tutti. Solo che non è vero. Un’inchiesta del Wall Street Journal, che ha avuto accesso a documenti interni della società di Menlo Park, rivela che la società ha creato un programma, «XCheck», che esenta milioni di celebrità da alcune o da tutte le regole. Un privilegio di cui molti abusano.

Il programma, spiega il quotidiano, era concepito inizialmente come forma aggiuntiva di tutela per i profili di alto livello, ma lo scorso anno proteggeva 5,8 milioni di vip dall’applicazione delle contromisure di Facebook. Alcuni account sono in una «white list» che li rende immuni dalle azioni della compagnia, mentre ad altri è consentito postare materiale che viola le norme in attesa di un esame dei dipendenti di Facebook che spesso non arriva mai. «In realtà non stiamo facendo ciò che diciamo di fare pubblicamente», ammette l’azienda nel documento consultato dal WSJ.

Impunità vip

XCheck ha consentito a personaggi pubblici di postare senza conseguenze contenuti che riguardavano molestie o incitamenti alla violenza, messaggi d’odio e discriminazioni di genere. Post che avrebbero subito portato a sanzioni se a pubblicarli fossero stati utenti comuni. «A differenza del resto della nostra comunità – si legge in un documento interno – queste persone possono violare i nostri standard senza conseguenze», una pratica che «non è giustificabile in pubblico».

Il portavoce di Facebook, Andy Stone, ha replicato che le critiche sono giuste e che la società è al lavoro per eliminare gradualmente la lista dei privilegiati. Il Wall Street Journal ha però aggiunto che l’azienda è consapevole di come le sue piattaforme siano piene di difetti la cui portata può essere compresa del tutto solo dall’azienda stessa.

Il caso Neymar

Un esempio del funzionamento di XCheck risale al 2019, quando Facebook lasciò che il calciatore del Paris Sant-Germain Neymar pubblicasse le foto senza vestiti di una donna che lo aveva accusato di stupro, mostrandola a  milioni di fan prima che il contenuto fosse rimosso: per oltre 24 ore, il sistema impedì ai moderatori di Facebook di cancellare le immagini di revenge porn, che furono viste da 56 milioni di persone. Anche l’account dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, era gestito da XCheck fino alla sua sospensione da Facebook, decisa lo scorso giugno.

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