Tra il 2 gennaio e il 5 maggio 2020 ci sono stati 1282 contatti (sms e telefonate) tra Mario Benotti, successivamente indagato per traffico di influenze con l’aggravante transnazionale, e Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza. Emerge dal decreto di sequestro, firmato dal giudice Paolo Andrea Taviano, su richiesta della procura di Roma, ed eseguito dalla Guardia di finanza capitolina.

La richiesta firmata dai pubblici ministeri Fabrizio Tucci, Gennaro Varone e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo parla di contatti giornalieri nei mesi di febbraio, marzo e aprile «a conferma di un’azione di mediazione iniziata ben prima del 10 marzo 2020». Tutto inizia da una commessa di mascherine, ordinata dal commissario Arcuri e dai suoi uomini, che ha consentito guadagni per decine di milioni di euro a due imprenditori. Si tratta proprio di Mario Benotti e del manager Andrea Vincenzo Tommasi, che sono indagati dalla procura di Roma per traffico di influenze illecite, insieme ad altre sei persone che rispondono, a vario titolo, anche di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.

Le indagini riguardano gli affidamenti, per un valore complessivo di 1,25 miliardi di euro, effettuati dal commissario straordinario a favore di 3 consorzi cinesi per l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine.

Tra le aziende cinesi e il commissario si frappongono alcune società che hanno effettuato un’attività di intermediazione, illecita secondo la procura, perché non contrattualizzata con la struttura commissariale: Sunsky srl di Milano, Partecipazioni spa, Microproducts, Guernica di Roma. I finanzieri hanno sottoposto a sequestro quote societarie, Rolex, yacht, auto e moto di lusso, gioielli per un valore complessivo stimato in settanta milioni di euro.

I contatti tra Benotti e Arcuri

Benotti è un giornalista in aspettativa, ex direttore generale di Rai World, eccellenti entrature in Vaticano, per l’accusa è «persona politicamente esposta, per essere stato già consulente alla presidenza del Consiglio» quando era a capo della segreteria, nel 2015, del sottosegretario Sandro Gozi. Benotti intrattiene uno stretto rapporto con Antonella Appulo, tra gli indagati, anch’ella con un passato politico. Pure la donna ricaverebbe dall’affare una somma: Tommasi, su disposizione di Benotti, «versa alla Appulo 53mila euro, giustificando il movimento finanziario con false fatturazioni», ricostruisce la procura.

Secondo l’accusa, l’imprenditore Tommasi – patron della Sunsky srl - ha fatto ottenere a Benotti una consulenza da 12 milioni di euro, grazie ai rapporti che quest’ultimo aveva con Arcuri, di fatto soggetto passivo di reato, oggetto del traffico. Inizialmente la procura indaga per corruzione, poi il reato viene derubricato in traffico di influenze, e dalle carte dell’inchiesta emerge il rapporto tra Benotti e Arcuri. Il commissario, attualmente, è ancora indagato per corruzione, ma per lui la procura ha chiesto l’archiviazione, nulla è emerso a suo carico.

A quanto risulta, la procura intende sentirlo, in quale veste sarà il giudice a deciderlo. Nel caso di accoglimento della richiesta di archiviazione sarà ascoltato come testimone, in caso contrario, con la prosecuzione dell’indagine, Arcuri sarà ascoltato da indagato. Nella richiesta di sequestro, la procura dettaglia i rapporti tra Arcuri e Benotti. L’operazione svolta dalla società Sunsky è stata promossa «dalla intermediazione verso il commissario Domenico Arcuri di Mario Benotti, dotato di credito personale verso il predetto pubblico ufficiale». Tra Arcuri e Benotti i contatti precedono l’inizio dell’emergenza Covid, e confermano una conoscenza pregressa.

Le telefonate e gli sms vanno dal gennaio 2020 e si prolungano fino a inizio maggio. Contatti che si interrompono il 7 maggio nonostante le insistenze della cordata Tommasi-Benotti e di Jorge Solis che volevano proporre nuovi affari. Il 20 ottobre dello scorso anno Benotti chiede informazioni di questo atteggiamento assunto da Arcuri a Mauro Bonaretti, magistrato della Corte dei conti, in forza al commissariato, estraneo all’indagine. Benotti conferma di essere stato lui a organizzare, per conto del governo italiano, l’acquisto delle mascherine avendo perso il sonno per «tre mesi» e ricevendo le rassicurazioni di Bonaretti che spiega che l’atteggiamento di Arcuri è finalizzato a tutelare Benotti.

«Mi ha detto no guarda perché mi ci tengo, voglio evitare che Mario si sporca…lo voglio avvisare di questa situazione sapevo solo di questa preoccupazione…mi ha detto di non farti vivo in questa fase, di lasciarlo un attimo…per evitare casini», dice il magistrato Bonaretti al telefono. Due giorni dopo i due si risentono, dalla conversazione emerge che il tramite verso Arcuri sia stato Benotti che rivendica la riuscita dell’operazione. «No a un prezzo bassissimo…glieli abbiamo portati e fintanto sdoganati, perché Arcuri non era in grado nemmeno di sdoganarli, perché Minenna (direttore dell’Agenzie delle dogane, ndr) ce l’aveva», dice Benotti a Bonaretti. «Da tale conversazione appare evidente che il Benotti abbia svolto in modo occulto un’attività di mediazione nei confronti dell’organo commissariale, approfittando del rapporto personale con il commissario Arcuri al fine di indirizzare quest’ultimo a un canale di approvvigionamento di cui il Benotti è sodale occulto», scrive il giudice Taviano nel decreto di sequestro.

Assenza di controllo

L’indagine si avvia grazie ad alcune relazioni della Unità di informazione finanziaria di Bankitalia anticipate dal quotidiano La Verità. Quello che il giudice Taviano sottolinea nel decreto di sequestro riguarda le modalità di accaparramento delle commesse senza alcuna gara, favorite dal rapporto tra Benotti e Arcuri, in un quadro normativo, di assenza totale di controllo. «Quanto sopra trova conferma nella previsione (…) che addirittura sottrae al controllo della corte dei Conti, fermo restando solo l’obbligo di rendicontazione, i contratti per l’acquisto dei beni (farmaci, apparecchiature e dispositivi medici e di protezione individuale) ed ogni atto negoziale conseguente alla urgente necessità di far fronte all’emergenza», scrive il giudice. Carenza di controlli che favorisce i faccendieri. «Il quadro normativo dei poteri conferiti all’organo commissariale e il rapporto personale con il commissario Arcuri, creano una contingenza particolarmente favorevole da sfruttare per fare affari, occasione che il Benotti non si lascia sfuggire».

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