Libera, l’associazione di Don Ciotti contro le mafie, ha presentato Fatti PerBene, un dossier per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, in occasione dei 25 anni dall'approvazione della legge 109 del 7 marzo 1996. «Il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa post pandemia nel nostro paese, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali», ha commentato Don Ciotti durante la presentazione.

I dati

Nel rapporto, Libera elabora i dati raccolti dall’Agenzia nazionale, secondo i quali dal 1982 a oggi sono stati sequestrati più di 36.600 beni immobili, di cui il 48 per cento sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali. Sono invece 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia, di cui più di 11mila confiscati in via definitiva e che rimangono ancora da destinare, perché presentano varie forme di criticità oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori. Stando ai dati, solo in Sicilia sono stati sequestrati 6906 immobili, cui seguono i 2908 della Calabria. In Campania, Puglia e Lombardia, invece, se ne contano rispettivamente 2.747, 1.535 e 1.242.
Sono invece 4.384 le aziende confiscate, di queste il 34 per cento è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all'affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse, mentre il 66 per cento è in questo momento ancora in gestione presso l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Anche qui la Sicilia prima tra le regioni per il numero aziende destinate, in tutto 533. 
Secondo una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6mila beni immobili destinati alle amministrazioni comunali risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato effettivamente riutilizzato. «La maggior parte delle aziende confiscate», ha precisato Libera, «giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento, per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuità produttiva». 

La mappa

Nel dossier, inoltre, sono state mappate le esperienze di riutilizzo dei beni confiscati per finalità sociali per raccontare una nuova Italia, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale. Libera ha censito 867 soggetti diversi del terzo settore impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20. Dai dati raccolti attraverso l’azione territoriale della rete di Libera emerge che più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia, mentre le cooperative sociali sono 189.Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 11 associazioni sportive dilettantistiche, 23 soggetti del terzo settore che gestiscono servizi di welfare sussidiario in convenzione con enti pubblici, 36 associazioni temporanee di scopo o reti di associazioni, 60 realtà del mondo religioso, 26 fondazioni, 14 gruppi dello scoutismo e infine 6 istituti scolastici di diversi ordini e gradi. Secondo quanto riportato da Libera, tra il sequestro e l'effettivo riutilizzo sociale dei beni trascorrono circa 10 anni.

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