“Antonio”, 44enne marchigiano tetraplegico dal 2014, ha ottenuto l’autorizzazione dalla commissione medica dell’azienda sanitaria unica regionale delle Marche per l’accesso al farmaco per il suicidio medicalmente assistito.

“Antonio” è il secondo italiano che avrà la possibilità di accedere legalmente al suicidio assistito. Dopo Federico Carboni, anche lui vede riconosciuta e rispettata la sua volontà di accesso al suicidio medicalmente assistito anche grazie alla battaglia che da tempo conduce affiancato dall’associazione Luca Coscioni.

Per “Antonio” si era creata una situazione di stallo: «Stavo per riprendere i contatti con la struttura svizzera che avevo contattato prima di questo percorso ma oggi, alla notizia della conferma del farmaco e delle modalità che potrò seguire, sono felice di poter avere vicino i miei cari qui con me, a casa mia fino all’ultimo momento. Inizio ora a predisporre ogni cosa al fine di procedere in tempi brevi con il suicidio assistito».

Fine delle sofferenze per Antonio

Filomena Gallo, codifensore di Antonio e segretaria dell’associazione Luca Coscioni, come riportato da Repubblica, dice: «Con questo ultimo atto da parte dell’Asur Marche, che conferma il farmaco e le modalità per procedere con il suicidio assistito, senza che l’aiuto configuri reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, si è conclusa la procedura prevista dalla consulta affinché Antonio, quando vorrà, potrà porre fine alle sue sofferenze».

«Ora Antonio è finalmente libero di  scegliere se e quando procedere. Ma ci sono voluti quasi due anni affinché questo suo diritto venisse rispettato. Un tempo lunghissimo per persone che si trovano in condizioni di estrema sofferenza» continua.

Sentenza Cappato-Antoniani

La procedura in Italia è legale solo alla presenza delle quattro condizioni indicate dalla Corte costituzionale nella cosiddetta sentenza di incostituzionalità Cappato-Antoniani. Nello specifico nella sentenza si legge di un «proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente».

La vicenda di Elena Altamira

Lo scorso primo agosto, Marco Cappato ha accompagnato in Svizzera Elena Altamira, una signora di 69 anni affetta da una forma molto aggressiva di tumore polmonare in fase terminale. In seguito a questa vicenda Cappato si è autodenunciato.

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