C’è una svolta a Firenze nel caso dei cadaveri fatti a pezzi e rinvenuti all’interno di alcune valigie in un campo a ridosso della recinzione perimetrale posteriore del carcere di Sollicciano. Gli investigatori, grazie anche all’aiuto dei cani molecolari, hanno rinvenuto un quarto trolley, forse l’ultimo, il cui contenuto è ancora in fase di verifica. Ma soprattutto sono arrivati all’identificazione di una delle due vittime: si tratta di Shpetim Pasho, cittadino albanese scomparso nel 2015 insieme alla moglie Teuta. La figlia Dorina, che da tempo vive a Castelfiorentino, aveva dato l'allarme alla trasmissione "Chi l'ha visto?" di Rai 3 e sui social aveva pubblicato la foto della madre e del padre per cercare aiuto.

A favorire il riconoscimento del cadavere, smembrato e in avanzato stato di decomposizione, è stato un tatuaggio con il nome di una città dell’Albania. Partendo da quella pista, gli investigatori hanno confrontato le impronte digitali del corpo ritrovato a Firenze con quelle di Shpetim Pasho, rilevandone la corrispondenza. Si lavora adesso per l’identificazione dell’altro cadavere, quello di una donna. A questo punto, potrebbe trattarsi della moglie dell’uomo. Le prime tre valigie sono state trovate tra il 10 e il 14 dicembre. Due contenevano il cadavere saponificato di un uomo: il busto, avvolto in un telo, in un trolley, e la parte inferiore del corpo in un altro. Nella terza valigia è stato rinvenuto il busto di una donna. Per questo motivo si pensa che i resti del suo corpo siano contenuti nel quarto trolley, rinvenuto oggi.

Secondo l’autopsia effettuata sul primo cadavere, quello dell’uomo, a ucciderlo è stata una coltellata alla gola. Ampio l'arco temporale a cui far risalire il decesso: da sei mesi a due anni indietro rispetto al ritrovamento dei resti.

La storia dei due coniugi albanesi

Shpetim e Teuta Pasho, nel 2015, si erano recati a Firenze dall’Albania per avere un colloquio con il figlio che era detenuto, in quel periodo, proprio nel carcere di Sollicciano. Nel momento della scomparsa, i coniugi avevano rispettivamente 54 e 52 anni. L’ultimo contatto con la figlia Dorina era avvenuto con una telefonata da Scandicci, dove i due avevano trovato un appartamento in affitto per il loro soggiorno. 

Shpetim e Teuta Pasho, che andavano di frequente in Toscana dove vivono i loro figli, erano arrivati il 4 ottobre 2015 ed erano rimasti in Italia per circa un mese. Il 2 novembre, però, la figlia ricevette una telefonata molto particolare, partita da un numero anonimo: era la madre, che le diceva di non voler rispondere a nessuno. Da allora Dorina, che non aveva esitato a contattare “Chi l’ha visto?”, non ha più avuto notizie dai suoi genitori. Fino al ritrovamento delle valigie nei pressi del carcere di Sollicciano.

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