Due anni dopo il commissariamento per infiltrazioni mafiose e qualche passerella politica, il comune di Foggia torna al voto domenica. L’estate prima delle elezioni è stata caratterizzata da un silenzio elettorale anomalo, nessun candidato di peso si è fatto avanti per tempo. Non è soltanto una questione di ritardo dei partiti, la realtà è che amministrare Foggia è una vera sfida. Il centrodestra è rappresentato dal candidato sindaco Raffaele Di Mauro ed è sostenuto da cinque liste, mentre il nome del centrosinistra è Maria Aida Piscopo che può contare su dieci liste.

In città regna un clima di apatia e rassegnazione nei confronti di una classe politica che non gode della fiducia dei foggiani. I candidati comunali sono ritenuti poco credibili. A pesare sul giudizio popolare sono le parentele con alcuni membri dei clan che compongono la società foggiana, la loro scarsa visione politica, il ritrovamento all’interno delle liste di nomi che hanno fatto parte delle precedenti amministrazioni guidate dal leghista Franco Landella. Una gestione finita con il commissariamento il 6 agosto del 2021 dopo che la Commissione di accesso inviata dal Viminale ha evidenziato «rilevanti elementi su legami tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata».

I clan che tengono in mano la città si erano infiltrati nelle aziende che facevano affari con il Comune. Erano riusciti a pilotare gli appalti su una lunga serie di settori, dalla gestione del verde pubblico alle telecamere di sicurezza. L’ex sindaco Landella è stato rinviato a giudizio insieme ad altre undici persone nell’ambito dell’indagine scaturita dopo lo scioglimento del comune. Sono tutti accusati di episodi di presunta corruzione, concussione e peculato.

Il vecchiume

Basta vedere le liste dei nomi presenti nella scheda elettorale di domenica prossima, per capire che a Foggia non c’è stato un taglio netto con il passato. Tra i candidati ci sono consiglieri delle ex giunte di Landella come Gino Fusco, Paolo La Torre e Mimmo Verile (già ex sindaco assolto negli anni Novanta in un processo per concussione).

Tra gli altri nomi c’è anche quello di Pasquale Rignanese, candidato con Forza Italia e già consigliere comunale, il cui nome compare nella relazione di scioglimento. Inizialmente indagato per una vicenda relativa al pagamento di una tangente da parte di un imprenditore, alla fine per lui e altri ex consiglieri il gup ha dichiarato il non luogo a procedere, totalmente prosciolto. Rignanese è stato immortalato in una fotografia in compagnia di Gugliemo Diomede, impiegato nel 2017 nella società Foggia più verde come emerge dalla relazione di azzeramento dell’ente.

Nel documento si legge che Diomede «è stato più volte controllato con soggetti pregiudicati». Uomini con precedenti di polizia per associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento e altri esponenti di spicco della batteria criminale Sinesi-Francavilla. Contro Rignanese nel marzo del 2022 è stata rigettata l’incandidabilità. Sentito telefonicamente, il candidato ha affermato di non conoscere Guglielmo Diomede e che non ha intenzione di rilasciare interviste.

L’altro caso che ha fatto discutere in questi giorni è quello del candidato del Movimento Cinque stelle, Emanuele Ambrosino. Figlio di Vito Ambrosino della cooperativa funebre “Gli Angeli”, che in passato aveva lavorato con Roberto Sinesi, ritenuto dagli inquirenti a capo dell’omonima batteria. In campagna elettorale alcuni manifesti di Ambrosino sono apparsi vicino a quelli dell’agenzia funebre, prima di essere stati rimossi. Il Movimento Cinque stelle ha precisato che gli Ambrosino sono incensurati e non sono mai stati citati in alcuna inchiesta giudiziaria. «L’avere lavorato in un remoto passato con Roberto Sinesi non può equivalere a una condanna».

La squadra stato

Alla gravità dello status politico della città si somma un quadro ancora preoccupante per quanto riguarda la criminalità organizzata, che a Foggia e provincia controlla di fatto gran parte del territorio attraverso le estorsioni, l’usura, i traffici illeciti di sostanze stupefacenti. Non è un caso se dal 2016 al 2021 sono stati sciolti in ordine cronologico diversi comuni della provincia: Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia, Foggia e infine, lo scorso giugno, Ortanova.

Negli ultimi anni in città gli attentati dinamitardi hanno fatto saltare in aria le saracinesche di decine di attività. Le denunce faticano ancora ad arrivare e spesso i testimoni ritraggono in aula dopo aver subito minacce e intimidazioni. Dopo anni di assenza lo stato ha potenziato la sua attività di indagine portando anche a risultati concreti. Lo scorso luglio un’operazione della Dda di Bari ha dato vita al blitz che ha portato all’arresto di 82 persone, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Ma in città si spara ancora.

Tra il 2021 e il 2023 a Foggia e provincia si sono verificati diversi omicidi eccellenti. I più recenti sono quelli di Agostino Corvino, nipote del boss Raffaele Tolonese ucciso il 3 novembre 2022 e quello del boss Salvatore Prencipe, ucciso il 20 maggio del 2023. Entrambi, affiliati alla stessa batteria.

Le indagini sono in corso e gli inquirenti non escludono alcuna pista, tra cui la scalata gerarchica all’interno degli stessi clan da parte delle nuove leve. In un quadro così preoccupante, c’è però chi continua a sostenere che il commissariamento del comune sia stato un male per Foggia. Tra questi c’è il ministro per la Pubblica amministrazione e coordinatore regionale di Forza Italia in Piemonte, Paolo Zangrillo.

Durante l’evento a sostegno del candidato del centrodestra, Raffaele di Mauro, ha detto: «A me fa male pensare che una città come Foggia abbia subito il vilipendio del commissariamento. I foggiani non meritano questo, hanno bisogno di un’amministrazione sana».

Chissà se le aspettative saranno rispettate dalla nuova giunta comunale.

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