«Dall’Italia fondi ad Hamas». L’inchiesta che piace a destra

«Parto il 27. Quando vi chiamo, vi dico di venire». Mohammad Hannoun, a capo dell’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (Abspp), avrebbe tentato di fuggire. Di andare via dall’Italia, da Genova in particolare, dove si era trasferito negli anni Ottanta. E di raggiungere Istanbul proprio nel giorno in cui gli uomini della Digos e della Guardia di finanza lo hanno arrestato con l’accusa di aver finanziato Hamas e altri gruppi terroristici. «La recente consapevolezza, probabilmente in seguito a una fuga di notizie, di essere oggetto di indagine non gli hanno impedito di continuare a operare, programmando di trasferirsi in un paese che non gli avrebbe creato problemi», scrivono i magistrati della procura di Genova e di quella nazionale antimafia. Al centro della loro inchiesta c’è il presunto giro di denaro trasferito, tramite una serie di associazioni di beneficenza, proprio alle “cellule” di Hamas. Segnalazioni di operazioni bancarie sospette, intercettazioni e documenti sono gli elementi che gli investigatori hanno raccolto sin dal Duemila e che oggi proverebbero «il collegamento tra le finalità assistenzialistiche e i fondi diretti ad Hamas» a cui Hannoun, si legge nelle oltre trecento pagine di ordinanza, farebbe parte in qualità di «vertice del comparto estero». Dalle «prime ricostruzioni – sostiene la difesa di Hannoun – l’indagine è frutto della riapertura di un’inchiesta già archiviata. E si basa su un impianto probatorio che deriva dalle valutazioni normative di Israele e Stati Uniti». Un fatto sottolineato anche nelle carte: la dimostrazione «dell’esistenza di un rapporto diretto delle organizzazioni col Movimento deriva anche dai documenti trasmessi dallo Stato di Israele». Si parla anche di «prove acquisite in battaglia». Gli avvocati di Hannoun vedranno il loro assistito lunedì: dalla questura sabato avrebbero negato il colloquio. Arresto di Hannoun, la destra si scaglia contro le piazze per Gaza e le opposizioni. «Propaganda indecente» Il profilo Sessantaquattro anni, architetto, già presidente del Centro islamico genovese, vicino ai Cinque stelle, contro Hannoun più volte sono state aperte inchieste in Italia sui sospetti finanziamenti ai terroristi. Posizioni, come detto, archiviate. Stavolta non è stato così. «Mohammad Hannoun – scrivono i magistrati – raccoglieva per fini umanitari fondi per la popolazione palestinese destinati in realtà al finanziamento diretto di Hamas». Inoltre, «versava o concorreva a versare, direttamente o indirettamente, all’organizzazione terroristica, a partire dall’ottobre 2001 fino alla data odierna, rilevanti somme di denaro», pari a circa 7 milioni di euro. Oltre a lui, sono finiti in carcere Dawoud Ra’Ed Hussny Mousa, Elasaly Yaser, Al Salahat Raed e Albustanji Riyad Abdelrahim Jaber, che avrebbero avuto ruoli operativi, nella propaganda e nella raccolta e nel trasferimento dei fondi. E Osama Alisawi, già ministro del governo di fatto di Hamas a Gaza, cofondatore nel 1994 dell’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese. Sono accusati di concorso esterno nell’associazione terroristica pure Abu Rawwa Adel Ibrahim Salameh; Abu Deiah Khalil, fondatore e legale rappresentante dell’Associazione benefica la cupola d’oro, costituita nel dicembre 2023 e ritenuta strumentale alla prosecuzione delle attività di finanziamento nonostante i blocchi del circuito finanziario; Abdu Saleh Mohammed Ismail, domiciliato in Turchia, che avrebbe ricevuto e trasferito ad Hamas almeno 462.700 euro, anche in contanti. In totale sono stati sequestrati 8milioni. «Noi ci sacrifichiamo con i soldi e il tempo, ma loro con il sangue», le parole del fratello di Hannoun registrate dagli inquirenti. Nel dialogo, agli atti, si parla anche della nomina di Yahya Sinwar a capo di Hamas, dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh. «Va bene… Loro senza di noi vanno avanti?», viene affermato facendo intendere l’importanza dell’attività di reperimento dei fondi. «Hannoun è di Hamas». Così le associazioni benefiche finanziavano «attività militari terroristiche» Le reazioni Dopo gli arresti non sono mancate le reazioni politiche, oltre a quella di Israele che ha parlato di «passo importante nella lotta contro il terrorismo di Hamas». In primis la premier Giorgia Meloni che ha espresso «apprezzamento». Così come ha fatto il sottosegretario con delega ai servizi, Alfredo Mantovano, che mostrato «gratitudine» anche nei confronti dell’«Aise». Per il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’inchiesta ha «squarciato il velo su attività che celavano il sostegno a organizzazioni con finalità terroristiche di matrice islamista». Così il rischio è che l’inchiesta della magistratura possa essere «strumentalizzata», sostengono le opposizioni e gli attivisti scesi in piazza a Milano. Un botta e risposta che, forse, i magistrati avevano previsto. Sono proprio loro a scrivere negli atti: «L’indagine non può togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Cpi». Parole, quelle del procuratore Giovanni Melillo e del collega Nicola Piacente, che non sono piaciute agli esponenti di centrodestra. L’attacco, del resto, è arrivato direttamente dal forzista Maurizio Gasparri: «È incredibile che Melillo si abbandoni a giudizi politici su Israele e il Medio Oriente. Melillo evidentemente ritiene di apparire come un capo politico e non come il capo di una procura antimafia, un luogo che spesso favorisce epiloghi politici». Così le associazioni italiane finanziavano Hamas. Nove indagati, arrestato Hannoun