I sospetti ora sono certezze, condensate in un atto di accusa formale. Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere esterne, è stata testimone dei respingimenti illegali dei migranti in almeno sette casi documentati. Ha visto, ma ha fatto finta di niente, ha taciuto sulla violazione dei diritti fondamentali di chi fugge da guerra o povertà. Soprattutto nell’area del mediterraneo orientale, tra la Grecia e la Turchia. Ma nell’atto di accusa dell’Olaf, l’organismo antifrode della commissione europea, c’è un caso che riguarda la rotta libica verso l’Italia con diversi migranti morti dopo un naufragio.

Il documento finora inedito e ottenuto da Domani, in collaborazione con il settimanale tedesco Der Spiegel, Lighthouse reports e l’associazione FragDenStaat, rivela le manovre interne dell’Agenzia europea per occultare casi di respingimenti in mare, violando convenzioni, codici e regolamenti interni. «Incidenti», così definiti nel report di Olaf, che Frontex avrebbe dovuto segnalare specificando la categoria di appartenenza secondo procedure interne.

L’indagine dell’organismo antifrode ha però rilevato numerose anomalie proprio nella modalità di segnalazione di questi eventi. Respingimenti di cui Frontex è stata testimone diretta e in alcuni casi ha contribuito indirettamente in quanto alcuni mezzi usati dalla guardia costiere greca erano co- finanziati dall’Agenzia.

Le 120 pagine redatte dagli investigatori dell’Olaf hanno  portato alle dimissioni del direttore esecutivo dell'Agenzia, Fabrice Leggeri. E mettono nero su bianco le modalità operative per nascondere le violazioni dei diritti umani. «La questione dei diritti fondamentali è percepita come un espediente, una specie di gadget senza un reale uso e necessità», si legge nel rapporto.

Il dossier riservato dell’antifrode rivela il coinvolgimento di Frontex nel sistematico abbandono dei richiedenti asilo nel Mediterraneo. Nelle loro conclusioni, i detective dell’Unione Europea forniscono prove dettagliate delle violazioni dei diritti umani: tra queste sono allegate e-mail private e messaggi WhatsApp dell'ex capo di Frontex, e del suo team, che dimostrano come l’agenzia di frontiera dell'Ue ha supportato i respingimenti di migranti ai confini marittimi dell’Europa. Utilizzando i soldi dei contribuenti dell’Unione.

«Abbiamo ritirato la nostra FSA qualche tempo fa, per evitare di essere testimoni di incidenti e di presunti respingimenti...», si legge nel rapporto. FSA è l'abbreviazione di "Frontex Surveillance Aircraft" e si riferisce agli aerei di sorveglianza utilizzati da Frontex per pattugliare il Mediterraneo. In pratica l’Agenzia, all’epoca diretta dal francese Leggeri, ha preferito abbandonare il monitoraggio dal cielo di quello spicchio di mare Egeo per non essere testimone di pratiche illegali commesse dalla guardia costiera ellenica.

I funzionari di Frontex hanno seguito i respingimenti in diretta, si legge nel rapporto, e creato una situazione «che può mettere in serio pericolo» la vita dei migranti. I respingimenti - scrive Olaf - hanno rappresentato un «enorme rischio reputazionale» per l'Agenzia. Gli incidenti elencati nell’atto d’accusa a Frontex sono sette. Sei riguardano i respingimenti tra Grecia e Turchia, mentre uno è avvenuto sulla rotta che dalla Libia conduce in Italia e ha avuto esiti drammatici.

La strage di Pasquetta

Venerdì 10 aprile 2020, il velivolo “Eagle” di Frontex aveva avvistato quattro barche nel Mediterraneo centrale, tra la Libia, Malta e l’Italia. A centinaia di miglia di distanza, gli ufficiali seguono la situazione nel Frontex Situation Center -  il Centro di coordinamento dell’Agenzia - responsabile del monitoraggio delle frontiere esterne, che opera 24 ore su 24, sette giorni su sette.

Tre giorni più tardi, il 13 Aprile, alle ore 12:34, gli ufficiali di Frontex della sede centrale di Varsavia condividono internamente un dispaccio: i gommoni sono sovraccarichi, e i rifugiati non hanno giubbotti di salvataggio. Un funzionario commenta su WhatsApp: «Una situazione umanamente irresponsabile». Nonostante la consapevolezza del pericolo che correvano i migranti, l’Agenzia è rimasta inerme di fronte all’imminente tragedia.

Quella notte a Sud di Lampedusa, dodici persone persero la vita. Dopo 5 giorni alla deriva nel Mediterraneo, senza cibo né acqua, 51 sopravvissuti e 5 cadaveri furono riportati in Libia da uno dei motopesca della flotta fantasma, ingaggiata dall’ufficio del primo ministro maltese per intercettare i gommoni e riportare i migranti in Libia. Altre sette persone muoiono affogate in mare. È un palese caso di respingimento illegale, verso l’inferno dei lager libici, con l’aggravante che quella strage di pasquetta si poteva evitare.

I funzionari di Frontex sospettavano una violazione del diritto internazionale e dell'Unione europea. Insistono più volte e chiedono di preparare un rapporto di incidente di quarta categoria, il che avrebbe significato avviare un’indagine curata del responsabile dei diritti fondamentali, figura super partes che affianca il lavoro dell’Agenzia. I vertici di Frontex rifiutano, l'ultimo no categorico risale all'inizio di maggio di quell’anno. E così il respingimento resta classificato con il codice 11022/2020, categoria 2, senza cioè violazione dei diritti umani fondamentali. Questa scelta ha una motivazione politica: Frontex voleva  «evitare di entrare in conflitto con Malta e Italia», si legge nel report. La diplomazia dell’indifferenza sulla pelle dei migranti.

L’inchiesta

L’Olaf ha deciso di aprire l’indagine su Frontex nell’ottobre 2020. L’obiettivo era verificare se fossero reali i sospetti che chiamavano in causa l’Agenzia per i respingimenti illegali, ma anche per le intimidazioni e molestie nei confronti di membri dello staff. Per accelerare l’istruttoria sui respingimenti, l’altro filone sulle pressioni interne è stato stralciato e non è ancora chiuso. «Molestie, intimidazioni e umiliazioni per costringere il personale a eludere le regole», si legge nel rapporto in riferimento a quanto denunciato da una fonte, a tal punto «da costringere molti a chiedere di essere trasferiti o di andare via da Frontex». Potrebbe, dunque, essere questo un secondo capitolo dell’inchiesta Olaf sull’Agenzia ai tempi del dominio di Leggeri. 

Critiche alla gestione di Frontex erano arrivate anche dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson. Qualche mese più tardi la commissione Libe per le libertà civili del Parlamento europeo aveva promosso la creazione di un Gruppo di lavoro e indagine sull’operato dell’agenzia (Frontex scrutiny working group). Inoltre, la Corte dei conti europea, aveva giudicato “non abbastanza efficace” l’operato dell’organismo guidato da Leggeri. Alla fine il direttore francese si è dimesso il 29 aprile 2022.

Con una lettera rivolta ai funzionari con cui ha lavorato in questi anni, pubblicata dal Der Spiegel, Leggeri ha criticato chi ha snaturato, a suo dire, il mandato di Frontex,  trasformandola in «una sorta di organo per i diritti fondamentali che controlla ciò che gli Stati membri stanno facendo alle loro frontiere esterne». Al contrario l’ex capo di Frontex avrebbe voluto «un’agenzia di law enforcement che sostiene gli Stati membri…Mi risulta che questo è ciò che gli Stati membri e i cittadini europei si aspettano da noi».

Per Leggeri, dunque, Frontex più che a farsi guardiana della tutela dei diritti avrebbe dovuto contribuire con uomini e mezzi a sigillare i confini dell’Unione. Al posto del francese, direttrice a interim è stata nominata una donna, Aija Kalnaja, che dovrà gestire una fase molto delicata e mostrare alla commissione il cambio di passo rispetto alle accuse formalizzate dell’Olaf.

«Taxi del mare»

L’idea di un’Agenzia più poliziesca e meno umanitaria era diffusa all’interno della struttura sotto la governance di Leggeri. Lo documentano alcune conversazioni agli atti dell’indagine Olaf. Già nel 2018, la leadership dell'agenzia temeva che Frontex si sarebbe trasformata in un «taxi del mare per il trasporto di rifugiati». Taxi del mare, parole usate da uno dei funzionari fedeli a Leggeri e scritte in un messaggio Whatsapp, allegato al rapporto dell’antifrode.

Curiosa coincidenza. La definizione “taxi del mare” è stata coniata da Luigi Di Maio, nel 2017, l’anno prima di diventare socio di governo di Matteo Salvini. Di Maio si riferiva alle Organizzazioni non governative impegnate con le loro navi a soccorrere i migranti nel Mediterraneo. Qualche mese dopo questa locuzione evidentemente è entrata nel vocabolario informale del team del capo di Frontex, usata per contestare le azioni della commissione europea rispetto alla ridefinizione del ruolo dell’Agenzia.

Che Frontex sotto la gestione Leggeri fosse diventata una struttura molto apprezzata dall’estrema destra europea, filorussa, lo dimostrano alcuni fatti. In particolare il commento amareggiato del eurodeputato francese Jordan Bardella del Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen, alleato in Europa con la Lega di Salvini. Bardella ha difeso l’ex direttore, «perseguitato per aver cercato di difendere le frontiere europee… Frontex sta diventando un’agenzia di accoglienza per i migranti illegali».

 

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