Binari a rischio gelo in pieno inverno o surriscaldati sotto il solleone estivo. Situazioni impensabili solo fino a qualche anno fa, ma con cui il trasporto ferroviario, in Italia (e non solo), deve fare i conti. E bisogna farli sempre più spesso.

I problemi sono vari. Oltre alle ondate di freddo o di caldo, aumentano i casi di trombe d’aria, talvolta piccoli uragani, e allo stesso tempo si registrano delle tempeste di sabbia o di infiltrazione salina, soprattutto nelle zone marine, dove ci sono anche dei problemi potenziali di erosioni costiere. Nei casi più estremi ci sono le frane, che bloccano le tratte ferroviarie. Alle possibili tragedie, dunque, si aggiungono i quasi certi problemi della mobilità. Il cambiamento climatico, insomma, produce effetti sui viaggi in treno. Ed è necessario trovare una soluzione.

Da qui la necessità di individuare delle risposte. Rete ferroviaria italiana (Rfi), società del gruppo Ferrovie dello stato, ha perciò predisposto il piano di adattamento ai cambiamenti climatici. In Italia gestisce infatti circa 17mila chilometri di linee. La presentazione del progetto avverrà nei prossimi giorni, ma è tutto messo a punto.

Il percorso intrapreso da Rfi è finalizzato a «migliorare la resilienza dell’infrastruttura esistente», secondo quanto riferiscono dalla società. Ma, appunto, c’è la necessità di guardare oltre: serve la costruzione di nuove infrastrutture seguendo le indicazioni di una progettazione climate-proof.

«Non possiamo limitarci a reagire ai cambiamenti climatici, ma dobbiamo essere in grado di anticiparli», spiega l’amministratore delegato di Rfi, Gianpiero Strisciuglio. «Questo documento», aggiunge il numero uno della società del gruppo Ferrovie, «è frutto dell’impegno concreto da parte di Rfi per un’infrastruttura ferroviaria sostenibile che sappia adattarsi a un contesto ambientale mutevole. Grazie alle competenze delle nostre persone e a un approccio flessibile, vogliamo rendere la nostra rete ancora più affidabile e sicura anche sul lungo periodo».

Quattro fasi

Il piano sviluppa in quattro diverse fasi. Si parte dalla prima, quella di osservazione. Nel piano di adattamento viene definita «Studio degli impatti del clima». Questo impone alla società del gruppo Fs di dotarsi di conoscenze e competenze per valutare le vulnerabilità degli asset, per esempio binari e cavi, esposti agli agenti climatici.

Successivamente c’è il passaggio che prevede l’adozione di una «tecnologia di monitoraggio» con lo scopo di controllare in tempo reale l’impatto sulle tratte più esposte ai fenomeni climatici estremi. Le ultime due fasi sono quelle più pratiche e si attuano con gli «interventi di adattamento», ossia la manutenzione e i lavori strutturali per la riduzione delle vulnerabilità che interessano. Infine c’è l’attuazione che si manifesta nella progettazione climate proof. L’infrastruttura a prova di cambiamento climatico.

Per avere un quadro degli interventi da mettere in atto, per forza di cose, è stata esaminata la mappa delle precipitazioni. Una radiografia del clima in Italia. Tra le varie cose è emerso che i massimi valori delle precipitazioni giornaliere sono stati registrati in Liguria, al confine tra Emilia-Romagna e Toscana, e in Friuli-Venezia Giulia, al confine con la Slovenia. Sono le aree, insieme all’arco alpino piemontese, in cui sono stati registrati il maggior numero di giorni con precipitazioni superiori a 20 millimetri.

Mentre per quanto riguarda la categoria “precipitazione cumulata”, che esamina l’andamento secondo le stagioni, è stato dimostrato che per il Nord-Est, il Nord-Ovest e il Centro l’autunno risulta essere la stagione con accumuli di pioggia maggiori. Al Sud e nelle Isole la stagione più piovosa è invece l’inverno. Sulla base di queste conoscenze sono state avviate delle iniziative ad hoc.

Sensori contro le frane

Un esempio è rappresentato dall’installazione di sensoristica diffusa per «svolgere previsioni meteoclimatiche sempre più attendibili e focalizzate sull’infrastruttura ferroviaria», spiegano da Rfi. Il nuovo approccio è stato sperimentato lungo la tratta Marradi-Faenza, tra l’Emilia-Romagna e la Toscana. Dopo le alluvioni del maggio del 2023 si sono attivate numerose frane lungo la linea in questione che hanno portato, in via preventiva, alla sua chiusura.

La riapertura in sicurezza è avvenuta solo grazie alla sinergia avviata con Cnr-Irpi, istituto di ricerca per la protezione geologica. Il risultato finale è l’adozione di «un sistema che permette di fare delle previsioni della probabilità di occorrenza di frane», si legge nel Piano di Rfi.

La questione dei cambiamenti climatici richiede non solo l’adattamento alle situazioni di emergenza, ma lo sforzo a diminuire l’impatto sull’ambiente. Per questo dalla società hanno preparato il Piano Energy. «Un approccio integrato che consente di accelerare il percorso verso la decarbonizzazione.

Disporre di nuove fonti di energia rinnovabile, infatti, permette di diversificare e potenziare l’approvvigionamento, riducendo le emissioni», specifica il piano. Quello che sembra solo un tecnicismo punta a migliorare il servizio. La capacità di immagazzinare l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili può diventare una risposta a picchi di domanda o interruzioni nella fornitura legati a eventi meteo estremi.

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