Michele Santoro, giornalista ed ex volto televisivo della Rai e di La7, ha organizzato al teatro Ghione di Roma un evento dal titolo “Pace proibita”, che è stato trasmesso via satellite da ByoBlu, a livello locale da Telenorba, da Radio popolare e sul sito di Tpi, è avvenuto grazie al crowdfounding di 1500 persone e, secondo Santoro, ha ottenuto circa 250mila persone che si sono collegate sulle varie piattaforme.

Al programma hanno partecipato personaggi del mondo della cultura e dell’arte (da Vauro a Sabina Guzzanti, da Cecilia Strada a Luciana Castellina), “contro un’informazione che silenzia la maggioranza contraria all’invio di armi all’Ucraina”.

Alla domanda se esista l’ipotesi di trasformare questa mobilitazione pacifista in un partito, Santoro ha risposto che «esiste un'area dell’opinione pubblica che non si sente rappresentata: nè in televisione nè in politica. Ecco, noi vogliamo muoverci in entrambe le direzioni».

Sulla fattibilità di un nuovo partito si è espressa Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research.

Esiste spazio per nuovi partiti in Italia?

Lo spazio per nuovi partiti c’è sempre, tanto che oggi si rilevano circa 30 sigle. Ognuno ha lo spazio che si cerca e che si trova, il tema vero e intorno a quali punti caratterizzanti.

Pro o contro la guerra può bastare?

L’unico argomento che può funzionare è quello in contrapposizione o a favore l’operato del governo, su quello si può costruire. I partiti tematici, invece, hanno grandi difficoltà ad emergere.

Perchè?

Perchè serve un percorso a 360 gradi, con un arco programmatico. Un partito pro o contro qualcosa è molto complicato da costruire.

Il pacifismo può essere un tema caratterizzante forte?

Il pacifismo è un tema sentito, perchè tutti siamo compresi in questo dibattito e la gente ha voglia di pace. Tuttavia il partito della pace è trasversale e difficilmente avrà una sigla. La guerra, infatti, attira molto l’attenzione ma non è un tema che genera consensi.

Secondo Santoro, a cercare una casa politica sono gli astenuti e quelli che non si riconoscono nell’informazione mainstream sull’Ucraina. Esiste tra questi lo spazio per creare un nuovo partito?

E’ impossibile fare valutazioni di questo tipo. Gli indecisi in politica sono tra il 35 e il 40 per cento, chi invece non si esprime sulle vicende che hanno a che fare con la guerra in Ucraina non superano il 15 per cento. Esistono indecisi sul voto ma che si esprimono sul tema dell’invio di armi in Ucraina e persone invece orientate sul voto ma che invece sono confuse sul tema militare, non ci sono correlazioni.

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