L’onda nera nel cuore dell’Europa: idee e alleanze dei gruppi identitari, da Varsavia a Lugano

Lugano – Pochi giorni fa, a fine novembre, attivisti dei Giovani identitari italiani insieme a militanti di altri gruppi europei hanno partecipato alla marcia nazionale della Polonia a Varsavia, che si è svolta l'11 novembre in occasione del Giorno dell'Indipendenza polacco. Per ore, come hanno raccontato sul loro profilo Instagram, hanno attraversato la capitale polacca dietro lo striscione di Młodzie Europa wszechpolska (Gioventù europea pan-polacca). Durante la manifestazione, che secondo il Municipio di Varsavia ha radunato circa 100mila persone, alcuni partecipanti hanno distrutto la bandiera dell'Unione europea incendiandola. Un video diffuso sui social dalla Gioventù polacca (Młodzież wszechpolska) mostra i presenti mentre scandiscono slogan come «la sovranità non è in vendita». Il post che accompagna il video è intitolato «Qui è la Polonia, non Bruxelles». A sfilare per le strade della città c'erano identitari tedeschi, An páirtí náisiúnta dall'Irlanda, Revuelta dalla Spagna, Lega e Lega Giovani dall'Italia, Svobodní dalla Repubblica Ceca, Hrdá republika dalla Slovacchia, Mi hazánk mozgalom dall'Ungheria, Les normaux dalla Normandia, Un tour-tan dalla Bretagna e Reconquista dal Portogallo. Le ronde di CasaPound, quel chilometro “nero” nel centro di Roma Remigrazione non è un tabù Ai loro circa 6mila follower su Instagram, i Giovani identitari scrivono: «La cooperazione tra i nostri popoli è più forte che mai». E già a fine ottobre, diversi esponenti di spicco della galassia identitaria si erano riuniti in un bed and breakfast nel Locarnese. Lo ha rivelato un'inchiesta della Rsi: il loro scopo dichiarato sui social era di rafforzare la rete europea e discutere come concretizzare la remigrazione. Questi eventi rappresentano la punta dell'iceberg di un fenomeno che attraversa da tempo l'intero continente e che ha trovato terreno fertile anche in Ticino, strettamente collegato con la scena italiana. Il 1° agosto 2025, giorno della Festa nazionale svizzera, in piazza Riforma a Lugano si era consumata una breve manifestazione di Junge tat, collettivo elvetico di estrema destra, scandendo la parola d'ordine: remigrazione. Non era la prima azione nota nel ticinese: già nel 2023, a Bellinzona, avevano calato dal Castelgrande uno striscione gigantesco con gli slogan «migranti a casa» e «fortezza Europa». Alcuni membri hanno ricevuto pene pecuniarie per 70mila franchi dalla procura zurighese, per discriminazione razziale, coazione e violazioni della legge sugli esplosivi. Rimpatri forzati per difendere «le radici»: al Remigration Summit di Livorno l’asse Lega-AfD La strategia della normalizzazione Eva Vlaardingerbroek, che non ha ancora trent'anni, è una delle voci più importanti di quel movimento conservatore globale che riunisce i Maga americani alla galassia dei movimenti anti-immigrazione in Europa. Con quasi 900mila follower su Instagram e 1,1 milioni su X, l'olandese è diventata un'influencer dell'estrema destra mondiale. Si autodefinisce sui social Shieldmaiden of the far right – la «fanciulla scudiera» dell'estrema destra, in riferimento alle donne guerriere (shield-maiden) della mitologia nordica. Laureata in giurisprudenza e da poco convertita al cattolicesimo, è ormai imprescindibile sui palchi dell'alt-right: a settembre ha parlato a Londra alla marcia anti-immigrazione di Tommy Robinson indossando una maglietta «generation remigration», mentre a maggio era a Gallarate al Remigration summit che ha attirato tra le 300 e le 400 persone da tutta Europa. Il 18 novembre, al Palazzo dei Congressi di Lugano, è salita sul palco del Lugano financial forum come relatrice principale e ha discusso con Marco Chiesa, municipale di Lugano, mettendo a confronto il modello svizzero con quello dell'Ue. Tiktoker, ex meloniani, leghisti di ritorno: ecco l’armata Brancaleone di Vannacci Estrema destra contemporanea L'estrema destra contemporanea ha cambiato volto. Quando si parla di loro, bisogna dimenticarsi bomber, anfibi e crani rasati. Junge tat, nato nel 2020 dalla fusione di Eisenjugend e Nationalistische Jugend Schweiz, ha abbandonato gran parte dell'estetica dei gruppi storici – eccezion fatta per i cappucci neri con la runa Tyr, simbolo della Gioventù hitleriana – per puntare su giovani dall'aspetto curato e sportivo. Il gruppo identitario ticinese Ticino vivo, oggi non più attivo, rappresentava un'altra declinazione locale delle strategie comunicative dell’ambiente identitario. Contava 1.776 follower su Instagram e aveva pubblicato video anche su TikTok e utilizzava slogan orientati al reclutamento giovanile. Era composto da una decina di adolescenti del Bellinzonese, che organizzavano attività informali come grigliate ed escursioni per avvicinare i coetanei alle proprie idee. Il gruppo impiegava una retorica vittimistica e un linguaggio moderato per presentare posizioni radicali sotto forma di contenuti apparentemente innocui. Gli attivisti veri e propri sono forse qualche centinaio in Europa, ma padroneggiano alla perfezione la comunicazione via social rendendo virali i loro contenuti. I flash mob vengono filmati e montati a regola d'arte assumendo online una dimensione quasi epica. Agiscono come influencer dell'estrema destra attraverso YouTube, Instagram e soprattutto Telegram. Utilizzano anche criptovalute come Bitcoin per finanziarsi tramite donazioni. Sul loro sito web, i Giovani identitari espongono chiaramente la propria visione. La missione dichiarata è «mantenere le terre dei nostri antenati le terre dei nostri discendenti». Nel manifesto ideologico si collocano al di fuori del paradigma destra-sinistra, rivendicando una contrapposizione tra «globalismo» e «identitarismo». A loro dire, il mondo sarebbe controllato da «pochissimi, influentissimi individui» attraverso un «comunismo capitale e globale». Il movimento si propone di costruire «comunità identitarie organiche e giovanili» guidate da «una falange, una punta di diamante elitaria di individui giovani e preparati». La strategia si articola in due obiettivi: remigrazione e riconquista. La remigrazione viene presentata come «risposta politica all'immigrazione di massa» in tre fasi: controllo degli ingressi, rimpatri ed espulsioni, prevenzione e natalità. L'obiettivo dichiarato è «risolvere in maniera definitiva la sostituzione etnica dei popoli nativi europei». La riconquista culturale prevede la costruzione di «comunità popolari identitarie» come «fortezze culturali» per «ribaltare gli equilibri che vedono il popolo nativo europeo sottomesso alle volontà di altri popoli». Alla “Pontida” dei patrioti per resettare l’Europa. Salvini: «Russia? I migranti sono la minaccia». Orbán: «L’Ue vuole la sostituzione etnica» I legami con l’Italia Il Remigration summit di Gallarate è stato il primo appuntamento veramente strutturato, con vari oratori sul palco e l'intento di darsi affidabilità mediatica. Ha potuto svolgersi grazie all'appoggio del sindaco leghista dopo che vari comuni avevano rifiutato di ospitarlo. Durante il forum è stata ripetuta l'apologia della teoria della «Grande sostituzione», teoria complottista secondo cui le élite europee vorrebbero sostituire i bianchi con popolazioni non cristiane. Al summit era stato diffuso un video messaggio del generale Roberto Vannacci, vicesegretario della Lega che ci teneva a «dare il suo pieno sostegno». Il tema della remigrazione sta contaminando il dibattito politico europeo. In Francia, Éric Zemmour e Reconquête hanno sposato i temi identitari proponendo addirittura un ministero della remigrazione. In Germania l'Afd viaggia sulla stessa lunghezza d'onda. In Italia è pane quotidiano per la Lega di Matteo Salvini, che ha proposto di organizzare un Remigration summit ad aprile 2026 a Milano, in piazza Duomo.