Con riguardo ai due articoli a firma di Emiliano Fittipaldi (“Profumo e l’incubo Mps. Ora rischia un nuovo processo” del 20 maggio 2022 “Morelli «Bivona chiese soldi per non aggredire più MPS» e del 21 maggio 2022, pubblicati sul quotidiano Il Domani anche nell’edizione on-line la prego di rettificare le informazioni non corrette, denigratorie e ingiustamente diffamatorie ivi contenute pubblicando integralmente questa lettera di rettifica.

Articolo del 20 maggio 2022

Non corrisponde al vero, come erroneamente attribuitomi da Fittipaldi nell’articolo del 20 maggio u.s., la circostanza secondo cui l’“assoluzione di Mussari” abbia rappresentato per me “una sorpresa spiacevole” (sarebbe bastato chiedermelo!).

Nel processo penale non si discute di errori ma di reati: nel caso di specie (falso in bilancio) non occorre solo l’accertamento di un errore contabile (ovvero l’errata contabilizzazione come titoli di stato di temerarie speculazioni in derivati, un fatto certo non in discussione) ma anche dell’elemento soggettivo del reato ovvero l’accertamento del dolo specifico (consapevolezza, malafede, utilità conseguite per sé o altri etc.: non conosco una sola prova emersa nel dibattimento da cui risulti che Mussari e Vigni - per i quali non nutro maggiore simpatia che per Profumo e Viola - avessero la consapevolezza dell’errore contabile o avessero attuato artifici e raggiri per nasconderlo.

Al contrario, esiste un “granitico compendio probatorio (non valutativo)” (tribunale di Milano) da cui risulta invece che Profumo e Viola erano pienamente a conoscenza degli errori contabili che andavano commettendo in continuità con i predecessori Mussai/Vigni e che attuarono il “più sofisticato degli inganni (tribunale di Milano) per dissimularne l’esistenza, non residuando dubbi su dolo e malafede. 

Questo è il motivo per cui, come risulta dagli atti processuali, ho sempre definito la condotta di Profumo e Viola un “falso al quadrato” rispetto a Mussari e Vigni. Pertanto, non solo l’assoluzione di Mussari e Vigni contrariamente a quanto attribuitomi da Fittipaldi (che pure ha il mio numero di cellulare) non ha rappresentato per me (e per chiunque conosca gli atti) “una sorpresa”, ma ancora meno sarebbe una “sorpresa” se dopo l’assoluzione di Mussari e Vigni, venisse invece confermata in appello la condanna di Profumo e Viola.

Articolo del 21 maggio 2022

Per quanto riguarda invece il secondo articolo dal titolo gravemente lesivo della mia reputazione (“Morelli «Bivona chiese soldi per non aggredire più MPS»), il sottoscritto non ha mai aggredito nessuno e non ha mai chiesto soldi: il sottoscritto ha denunciato amministratori infedeli intenti a falsificare i bilanci, ha denunciato l’inerzia delle autorità di controllo che tutto sapevano, si è costituito parte civile nel processo penale che ha visto condannare Profumo e Viola a sei anni di carcere bollati come soggetti di “spiccata capacità a delinquere ” e “pericolosità sociale” (Tribunale penale di Milano), ha assistito grandi soci istituzionali e piccoli risparmiatori (nel secondo caso pro-bono) a perseguire il risarcimento del danno per le perdite inflitte dalla banca e dagli amministratori (un conto di 8 miliardi per i soci privati e circa 5,4 miliardi per lo stato) e si è difeso (proponendo domanda riconvenzionale per danno da lite temeraria) da una (questa sì vera e propria) aggressione attuata da Profumo e Viola in nome e per conto di Mps sotto il simulacro di un’azione civile: quando a partire dal 2013 mi accorsi che Profumo e Viola contabilizzavano come titoli di stato cinque miliardi di spregiudicate scommesse in derivati e sollevai la questione, Profumo (promuovente) e Viola (proponente) si ‘difesero’ facendomi causa (civile), sostenendo che le operazioni non erano derivati (sic!) e chiedendomi un risarcimento di 30 milioni di euro per aver leso la reputazione di Mps (sic!).

Definire questo impegno come un’attività intesa a “prendere di mira i managers” (Fittipaldi) - che evidentemente il suo giornale ritiene devano essere apprezzati e difesi per quello che hanno fatto - o come l’attività di “uno speculatore attivista” (Fittipaldi) è già di per sé indicativo di disinformazione e faziosità.

Occorre dunque ripristinare la verità dei fatti. Ma andiamo con ordine. Nel marzo 2014 (e non già nel 2015 come erroneamente scritto nell’articolo, un fatto non secondario nel contesto dei fatti) Mps promosse una causa civile (R.G. n. 14027/2014) davanti al Tribunale (civile) di Roma nei confronti del sottoscritto - convenuto in solido con un’associazione di consumatori all’epoca da me rappresentata (pro-bono) all’assemblea dei soci ed al suo presidente: Mps lamentò un fantomatico (quanto inesistente) danno da lesione della reputazione di trenta milioni di euro per aver il sottoscritto affermato a partire dal 2013 che la Banca contabilizzava cinque miliardi di derivati come Btp (come poi effettivamente accertato), una circostanza all’epoca strenuamente negata dalla banca (sic!).

Il sottoscritto rispose all’azione avviata dalla banca formulando a sua volta al Tribunale (civile) di Roma una domanda risarcitoria nei confronti di Mps (c.d. ‘domanda riconvenzionale’) chiedendo il risarcimento del danno per lite temeraria, perché la banca (rectius: Profumo, Viola) aveva promosso l’azione legale nella piena consapevolezza della sua infondatezza con il fine di intimidirmi e dissuadermi dal sostenere che miliardi di derivati venivano all’epoca contabilizzati come Btp (una circostanza che allora nessuno aveva compreso e tanto meno accertato).

Secondo giurisprudenza consolidata, il danno da lite temerarie deve intendersi, inter alia, commisurato al danno ingiusto che Mps aveva cercato di arrecare (trenta milioni) e fu precisato dal sottoscritto nella misura di 22 milioni di euro.

Nel febbraio 2018, ovvero dopo che la Procura di Milano (aprile 2015) e la Consob (dicembre 2015) avevano oramai accertato che le operazioni eccepite dal sottoscritto erano effettivamente derivati e dopo che i signori Profumo e Viola erano divenuti oggetto di un provvedimento coattivo di rinvio a giudizio (aprile 2017), Mps - di cui nel frattempo Morelli era diventato A.D. (settembre 2016) - di sua iniziativa e senza alcuna sollecitazione da parte mia, sondò separatamente la disponibilità del sottoscritto da una parte e dell’associazione dei consumatori (e del suo presidente) dall’altra per chiudere la causa civile con un accordo transattivo.

Il 3 febbraio 2018 i legali di Mps, comunicarono al mio avvocato l’interesse di Mps a definire la controversia pendente davanti al Tribunale (civile) di Roma, chiedendo di verificare la mia disponibilità ad un accordo transattivo (Allegato 3). Il mio avvocato, dopo avermi sentito, da una parte confermò in linea di principio la disponibilità a definire la causa pendente mediante accordo transattivo - la causa civile ha come unico fine il risarcimento di un danno e dunque se Mps avesse risarcito il danno non c’era ragione di continuare la causa - ma dall’altra pose precise condizioni di metodo incluso “comprendere e definire esattamente il perimetro dell’eventuale accordo” lasciando alla banca “il compito di fare una proposta, sottoponendo la bozza iniziale dell’accordo (senza specificare gli aspetti “commerciali”, ossia le condizioni economiche)” e specificando ulteriormente che il sottoscritto non “intende[va] indicare preventivamente un determinato importo” in quanto riteneva per prima cosa necessario “conoscere i contenuti (al di là degli aspetti ‘commerciali’)” dell’accordo che la banca intendeva proporre.

Quanto comunicato dal mio legale ai legali di Mps, fu poi da me direttamente trasmesso a Morelli il 29 marzo 2018 e poi discusso in un successivo incontro. Resta dunque documentalmente accertato che il sottoscritto non «chiese» mai un ben nulla a Mps/Morelli ma al contrario dimostrò sin da subito la (fondata, vedere di seguito) preoccupazione che il vero obiettivo di Mps non fosse quello di chiudere la controversia pendente davanti al Tribunale (civile) di Roma ma ottenere il mio impegno a desistere dalle azioni penali - ricordo che all’epoca Profumo, Viola e Mps (responsabile civile) non erano stati ancora rinviati a giudizio, fatto avvenuto il successivo 27 aprile 2018 - a fronte di una somma di danaro rappresentata come corrispettivo per chiudere la controversia pendente davanti al Tribunale (civile) di Roma.

Come al solito, gli accadimenti successivi mi hanno dato puntualmente ragione e naturalmente smentiscono la ricostruzione di Fittipaldi che pure era a conoscenza dei fatti che mi appresto ad illustrare. Nello stesso periodo (inizio 2018) la banca aveva avviato una discussione anche con l’associazione dei consumatori (ed il suo presidente) - convenuti in solido con il sottoscritto a rispondere del fantomatico danno di 30 milioni di euro - per raggiungere un accordo transattivo. 

Faccio notare che l’associazione dei consumatori (ed il suo presidente) non avevano proposto domanda riconvenzionale per lite temeraria contro la banca ma si erano limitati a difendersi dalle accuse ovvero a differenza del sottoscritto non avevano fatto valere la pretesa risarcitoria di un danno subito.

Ebbene, il 15 febbraio 2018 Mps, di cui (è bene ricordare) Morelli era A.D., propose all’associazione dei consumatori (e l’associazione dei consumatori accettò) un accordo in cui Mps si impegnò a versare la somma di 1,6 milioni di euro per chiudere la controversia pendente davanti al Tribunale civile di Roma – NB Mps pagò 1,6 milioni di euro per chiudere una controversia in cui era stata la banca a lamentare di aver subito un danno di 30 milioni di euro (sic!) - ponendo come condizione (guarda caso) che l’associazione dei consumatori, inter alia, si impegnasse a “rinunciare ad ogni e qualunque pretesa o diritto fatto valere mediante la costituzione di parte civile e la chiamata del responsabile civile nei confronti di Bmps nel procedimento penale n. 29354/2014 RGNR [NDR – processo Mussari/Vigni] e nel procedimento penale n. 955./2016 RGNR [NDR - processo Profumo/Viola] in corso presso il Tribunale di Milano” (MPS, 15 febbraio 2018)

Appena il caso di ricordare che pochi giorni dopo la firma dell’accordo, all’udienza del 15.03.2018 l’associazione dei consumatori revocò la costituzione di parte civile nel processo penale Mussari/Vigni e non si costituì nel processo penale Profumo/Viola. Amen. 

Pertanto, contrariamente a quanto raccontato nell’articolo (gravemente offensivo e diffamatorio) risulta accertato per tabulas che proprio nell’ambito della vicenda che mi vede coinvolto, fu Morelli (Mps) ad essersi prestato al “do ut des” (Fittipaldi) offrendo una somma di danaro “a cinque o sei zeri” (Fittipaldi) - nel caso di specie 1,6 milioni di euro ovvero a “sei zeri” - chiudendo un accordo che aveva come corrispettivo “smettere di rompere le scatole” (Fittipaldi) a cui il sottoscritto fu del tutto estraneo e che a seguito delle condizioni di “metodo” immediatamente poste dal sottoscritto non fu mai nemmeno discusso.

Per completare il quadro occorre poi anche ricordare che il sottoscritto non appena Morelli divenne A.D. di MPS (settembre 2016) - confidando (ingenuamente) in una discontinuità gestionale a tutt’oggi mai attuata - si mise a completa disposizione della Banca “a titolo assolutamente gratuito” e senza nulla chiedere in cambio, per fornire tutta la propria collaborazione ed aiutare la banca a esercitare le necessarie azioni di rivalsa e regresso a ristoro dei danni per miliardi di euro arrecati dagli examministratori (Profumo, Viola) i quali avevano concluso scellerati accordi transattivi che precludevano (e tutt’oggi precludono) a Mps di rivalersi dei danni subiti (sic!). 

L’offerta cadde nel vuoto e non ce ne chiederemo il perché (è infatti poi risultato da e-mail interne di Mps successivamente acquisite, che Morelli in realtà conosceva molto bene quelle operazioni (illecite) di cui all’epoca dei fatti (2009) era risultato informato).

***

L’articolo di Fittipaldi, usando l’arte del virgolettato (“Morelli «Bivona chiese soldi per non aggredire più MPS») e sfoggio di retorica (“possibile che il paladino dei risparmiatori abbia davvero proposto il do ut des citato da Morelli? Possibile che un finanziare etico si sia trasformatore in una sorta di disturbatore di assemblea 2.0 chiedendo transazioni economiche a cinque o sei zeri per smettere di rompere le scatole?”, una domanda retorica a cui in base alla narrazione offerta da Fittipaldi al lettore non può che rispondersi ‘si certo! è possibile ed anzi è proprio successo’), risulta gravemente ed ingiustamente offensivo e diffamatorio.

Fittipaldi non si limita a radicare nel lettore la falsa convinzione che il sottoscritto sia uno “speculatore” per giunta tra quelli più “spregiudicati” (come pure vengo da lui ingiustamente definito), ma mi attribuisce un “atteggiamento ricattatorio” (Fittipaldi). Fittipaldi con il suo articolo mi ha ‘dipinto’ come uno ‘spregiudicato ricattatore’, non già un insulto ma un’accusa infamante. 

E davvero poco vale la pubblicazione della mia smentita a fronte di un intero articolo ed un titolo in neretto a caratteri cubitali “Morelli «Bivona chiese soldi per non aggredire più MPS» che non lascia adito a dubbi.

Ma la prova regina della faziosità del giornalista sta nel fatto che pur avendo riportato la mia smentita (derubricabile a mera formula di rito, nell’economia complessiva dell’articolo), Fittipaldi ha volutamente omesso di dare conto nel suo articolo della documentazione che avevo provveduto ad inviargli subito dopo che il 20 maggio mi aveva chiamato per ‘commentare’ quanto poi avrebbe pubblicato.

E difatti il sottoscritto il 20 maggio (H: 15:04 UK Time) aveva trasmesso a Fittipaldi l’accordo transattivo da cui risulta chiaramente chi - Mps e non già il sottoscritto - si fosse prestato a quel “do ut des” (Fittipaldi) mercanteggiando somme di danaro “a cinque o sei zeri” (Fittipaldi) con l’impegno di “smettere di rompere le scatole” (Fittipaldi) ritirandosi dai processi penali. Sempre il 20 maggio (H: 15:01 UK time) avevo provveduto a inviare a Fittipaldi la lettera inviata a Morelli il 17 ottobre 2016 (Allegato 5) da cui risulta chiaramente che il mio “atteggiamento” non era certo “ricattatorio” (come invece il giornalista ha rappresentato) ed ancora il 20 maggio avevo messo in contatto il giornalista con il mio avvocato onde acquisire la fedele ricostruzione delle conversazioni all’epoca intercorse.

Quanto poi al fatto poi che Morelli abbia effettivamente reso le dichiarazioni che Fittipaldi gli attribuisce non costituisce un esimente, avendo Fittipaldi volutamente ignorato tutti i suddetti riscontri documentali che smentivano in radice la narrazione che gli era stata offerta dalla fonte interessata da cui si è abbeverato e che lui si è prestato a raccontare.

Va detto poi che il buon Morelli già in passato ha dimostrato di avere una relazione travagliata con la nozione di trasparenza e verità ed è attualmente indagato, in buona compagnia con Profumo e Viola, per falso in bilancio, manipolazione informativa e falso in prospetto nel filone Mps sui crediti deteriorati (N. 33714/2016). Per tutte le ragioni esposte, Le chiedo di pubblicare integralmente e senza indugio questa mia lettera a rettifica del contenuto diffamatorio degli articoli di Emiliano Fittipaldi.

Mi permetta di aggiungere che conosco e rispetto (pur non condividendola affatto) la linea editoriale del suo giornale quale strenuo paladino di Profumo - resta memorabile l’articolo su Il Domani del 21 aprile 2021 anche per chi come me nemmeno legge il Suo giornale - e comprendo che all’alba di nuovi delicati processi (l’appello per il filone derivati, il nuovo filone dei crediti deteriorati) si ponga l’esigenza di “sistema” di screditare chi (almeno su questo Fittipaldi ha ragione) ha dato “un grosso contributo alla condanna di Profumo”, ma credo che occorrerebbe rimanere nei limiti della decenza (ampiamente travalicati) quantomeno per non sortire l’effetto opposto.


Risponde Emiliano Fittipaldi:

La rettifica dell’ingegner Bivona non smentisce nulla di quanto da me scritto. Per quanto riguarda il primo articolo, incentrato sulle vicende giudiziarie di Alessandro Profumo (che in un messaggio a me inviato Bivona ha definito «ottimo», avrà cambiato idea il giorno dopo), prendo atto che per lui l’assoluzione di Mussari non sia stata «una spiacevole sorpresa».

Per quanto riguarda il secondo articolo, ho solo riportato in forma sintetica sia nel titolo sia nel testo due verbali inediti del 2018 e del 2019 del consiglio di amministrazione di Mps. Che segnalano come l’allora amministratore delegato Marco Morelli abbia evidenziato come durante «un colloquio» tra lui e lo stesso Bivona «l’ingegner Bivona ha ricordato che, in un eventuale accordo transattivo, potrebbe essere compresa anche una disponibilità di Bluebell (società di Bivona, ndr) a evitare aggressioni nei confronti della banca anche in occasione di altri procedimenti penali nel cui contesto Bluebell si è già costituita parte civile». Una ricostruzione che lei ha già smentito al telefono, come da me riportato.

La vicenda dell’accordo tra Codacons e Mps non riguarda Bivona, dunque non entro oggi nel merito. Mai detto che Bivona è uno «spregiudicato ricattatore», frase inventata da Bivona. Ho solo scritto, è Bivona non ha rettificato, che  attraverso Bluebell (che è anche un fondo speculativo) fa da consulente a fondi istituzionali che hanno chiesto a Mps centinaia di milioni di euro di danni.

Evidenzio invece come nella mail tra il suo avvocato e quelli di Mps che lo stesso Bivona mi ha spedito, l’avvocato di Bivona scrive chiaramente che lo stesso «è senz’altro disponibile a definire la causa pendente con la banca mediante accordo transattivo». Che, come è noto, si basa su una dazione di denaro. Come da me già scritto, Bivona sostiene che l’accordo doveva riguardare, nel caso, solo la causa di diffamazione, e non le altre pendenze come invece ipotizzato da Morelli al cda.

Non solo. Alla mail del legale di Mps che propone a Bivona 150mila euro «come contributo alle spese legali» in merito alla controversia sulla causa di diffamazione, il difensore risponde segnalando innanzitutto che «l’ingegnere è senz’altro disponibile a definire la causa pendente mediante accordo transattivo», le cui «condizioni economiche dovranno essere discusse tra Bivona e i vertici di Mps, in primis Morelli» . E aggiungendo poi che, «posto che sono in corso varie iniziative dell’ingegner Bivona nei confronti di Mps, occorre comprendere e definire esattamente il perimetro dell’eventuale accordo».

Dalla mail spedita da Bivona al giornale, sembra dunque che sia stato il suo legale – «sentito Bivona» – a introdurre a Mps ulteriori temi («il perimetro») del possibile accordo transattivo, diversi dalla causa per diffamazione. Nello scambio di mail mandatemi da Bivona, in effetti, la banca sembra voler transare unicamente la controversia sulla diffamazione.

© Riproduzione riservata