Sarebbe rimasta venti minuti nell’auto della polizia locale, gli agenti l’avrebbero lasciata lì dopo averle spruzzato contro lo spray al peperoncino e averla ammanettata, chiudendo le porte e i finestrini. Sono i nuovi particolari che emergono sul pestaggio subito dalla signora Bruna, la donna transessuale ripresa a Milano nei giorni scorsi in un video, nel quale diversi agenti si alternavano a colpirla con manganello e calci.

Un’ulteriore violenza , dunque, che sarebbe seguita all’aggressione davanti all’università Bocconi. Per questo gli agenti sono stati denunciati anche per il reato di tortura, aggravato dall’odio razziale.

Il dato è contenuto nella denuncia-querela presentata in procura da Debora Piazza, avvocata della donna trans, che da sempre segue le istanze dei senza potere. «Ha una brutta ferita alla testa, è sconvolta, triste, depressa, piange e non riesce a rivedere il video che ha ripreso quella scena», spiega Piazza.

Donna transessuale picchiata a Milano dagli agenti: ecco il secondo video

Venti minuti in auto

Il dettaglio dei venti minuti nei quali la donna sarebbe stata segregata in auto non è l’unica novità sulla vicenda, ci sono anche un secondo filmato (pubblicato sul nostro sito) e un nuovo testimone che aggravano la posizione degli agenti. Nelle nuove immagini si vede la donna portata in auto da due poliziotti municipali, Bruna si volta e mostra i rivoli di sangue che le segnano il volto.

«Vergogna, vergogna, abbiamo visto che l’avete picchiata, vi chiediamo di presentarvi, l’abbiamo visto che l’avete picchiata, cosa è successo?», dicono alcuni cittadini, tra cui il nuovo testimone. Il suo video è stato depositato agli atti così come la denuncia che ricostruisce quella mattina in cui lo stato, nella circostanza gli agenti della polizia locale di Milano, ha mostrato il volto della violenza brutale e cieca.

La denuncia

Abbiamo chiesto all’assessorato alla sicurezza del comune, dal quale dipende la polizia locale, una replica su questa ricostruzione, ma ci è stato detto che si attendono le risultanze investigative dopo il deposito delle relazioni in procura, il fascicolo è seguito dalla magistrata Giancarla Serafini e dall’aggiunta, Tiziana Siciliano.

La signora Bruna si trovava in una zona antistante una scuola, quando è stata insolentita e insultata da quattro uomini sudamericani. Non risulta alcuna segnalazione per atti osceni, come indicato inizialmente anche da un sindacato. All’arrivo degli agenti, lei avrebbe chiesto aiuto, ma i poliziotti avrebbero risposto esigendo la presentazione dei documenti, una richiesta che avrebbe provocato i pianti di Bruna. Aveva in tasca solo la tessera della mensa dei poveri.

Il timore della signora Bruna era quello di ogni migrante senza documenti, essere identificata con l’avvio della pratica di espulsione, e così in auto ha continuato a piangere e dolersi. Secondo la denuncia e la versione della signora trans, i poliziotti si sarebbero fermati insultandola e dicendole che l’avrebbero picchiata se non avesse smesso di piangere. Interrotta la corsa dell’auto, la donna sarebbe riuscita a scappare nascondendosi dietro a un cespuglio.

Gli agenti, dopo alcuni minuti, l’avrebbero trovata e a questo punto è scattato il pestaggio. C’è il video a dimostrarlo: colpi di manganello, calci, lo spray al peperoncino spruzzato in faccia alla vittima.

Gli insulti

I poliziotti, dopo averla riportata in auto sanguinante, come mostra il secondo filmato, l’avrebbero continuata a insultare con frasi come «frocio di merda» prima di chiuderla all’interno dell’auto, ammanettata e con portiere e finestrini chiusi, il tutto sarebbe durato circa venti minuti. Portata al comando, sarebbe rimasta lì per ore fino a quando un funzionario del consolato brasiliano, dopo aver visto il video pubblicato dai giornali, sarebbe andata a riprenderla. Una ricostruzione che ha indotto l’avvocata Debora Piazza a denunciare gli agenti per lesioni aggravate, minacce e tortura aggravata dall’odio razziale.

Il silenzio del governo

Il referto dell’ospedale parla di cinque giorni di prognosi a causa delle botte subite, in particolare il colpo di manganello alla testa che si vede chiaramente nel primo video diffuso. La signora Bruna non è sola, a Milano si susseguono le manifestazioni di vicinanza e solidarietà che denunciano quanto accaduto e l’esigenza di introdurre una legge che tuteli le persone appartenenti alla comunità LGBT+ e introduca un’aggravante specifica.

Intanto dal governo e dagli esponenti di maggioranza non arriva alcuna presa di posizione, un silenzio rotto solo dalle parole del deputato di Fratelli d’Italia, Stefano Maullu, che, qualche giorno fa, aveva espresso solidarietà agli agenti coinvolti nel pestaggio.

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