La manutenzione ordinaria resta sottofinanziata e diseguale, con una media di spesa a livello nazionale di 8.338 euro per edificio. Preoccupa, scrive Legambiente, la sicurezza dei solai, il cui crollo rappresenta ancora oggi la principale causa di incidenti nelle scuole italiane
La scuola in Italia non è un bene comune. Tanto da non fare più notizia il crollo, la mattina del 17 ottobre, di una grossa parte di controsoffitto all’Istituto Diaz in via Diana a Roma. Eppure, le voci “Fondo Unico per l’edilizia scolastica - Interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici” appaiono una sola volta nel Documento programmatico di bilancio 2026 e per di più nella tabella delle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea.
La scuola in Italia non è un bene comune certamente per i governi e i parlamenti, di ogni durata e colore partitico, che negli anni hanno reso l’istruzione e la sanità le cenerentole del paese. Scegliendo di non investire, o addirittura di disinvestire, su uno dei settori portanti dell’economia. Incuranti del valore economico dell’istruzione e del ruolo che la scuola svolge nella «formazione del patrimonio di abilità, di capacità tecniche, di conoscenze – per dirla in breve del “capitale umano” – che costituisce il motore della crescita e del progresso sociale nelle economie moderne». Come ci ricorda la Banca d’Italia in una pubblicazione di economia e finanza (2024).
Nel 2023 (dati Eurostat) la spesa complessiva dello Stato italiano in istruzione è stata pari al 3,9 per cento del Pil, in coda a Francia (5 per cento del Pil), Germania (4,5 per cento) e Spagna (4,2 per cento).
Per il singolo individuo, scrive Banca d’Italia, le stime sul beneficio monetario dell’istruzione indicano che un anno addizionale di scuola si associa a salari più elevati del 5-10 per cento. Vale a dire, che un anno di istruzione in più per la media dei lavoratori comporta un aumento del prodotto pro capite vicino al 5 per cento e che il rendimento sociale dell’istruzione è all’incirca pari al 10 per cento.
Scuola, bene comune da valorizzare
E dunque la scuola è un bene comune, da valorizzare e che richiede risorse e cura per assolvere a tutte le sue funzioni. Non ultima quella di formare le future classi dirigenti del paese oltreché di assicurare il benessere e l’uguaglianza tra i cittadini.
Ma i dati dell’Agenzia per la Coesione sui Conti Pubblici Territoriali, soppressa nel 2023, raccontano un’altra storia, quella reale. E cioè che tra il 2000 e il 2020 la spesa pubblica per l’istruzione è diminuita. Per l’intero periodo la spesa primaria del settore Istruzione ammonta in media a 50,4 miliardi di euro annui. Mentre, in termini di spesa pro capite, nel 2020 si registra un valore di 790,9 euro per abitante, inferiore alla media dell’intero ventennio e di circa 100 euro al di sotto di quanto si era registrato nel 2000.
Edilizia scolastica: i fondi sono pochi e frammentari
In Italia i fondi stanziati per la manutenzione, straordinaria e ordinaria, delle scuole sono sempre pochi e frammentari e in alcuni casi diminuiscono. È il quadro che traccia Legambiente con i dati relativi al 2024 ma anche a quelli degli ultimi 25 anni.
Nel 2024, la media nazionale degli stanziamenti per la manutenzione straordinaria è di 39.648 euro per edificio, ma la spesa effettiva si ferma a 29.061 euro. Il Nord si conferma l’area con maggiore capacità di programmazione e spesa, mentre il Sud e le Isole faticano a trasformare le risorse disponibili in interventi concreti.
La manutenzione ordinaria resta sottofinanziata e diseguale, con una media di spesa a livello nazionale di 8.338 euro per edificio. Preoccupa, scrive Legambiente, la sicurezza dei solai, il cui crollo rappresenta ancora oggi la principale causa di incidenti nelle scuole italiane. Solo il 31,2 per cento degli edifici scolastici ha beneficiato di indagini diagnostiche sui solai negli ultimi cinque anni.
Il Ministero dell’Istruzione ha replicato a Legambiente sostenendo che «Questo Governo ha avviato per la prima volta un piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole che utilizza sia fondi Pnrr, sia, per circa 1/3 del totale, fondi ministeriali (con specifico riguardo alla messa in sicurezza delle scuole) e che riguarda attualmente oltre 10.000 edifici scolastici ovverosia il 25 per cento del totale».
Gli investimenti per l’edilizia scolastica arrivano da varie linee di finanziamento, tra cui il Fondo unico per l’edilizia scolastica, e il Pnrr che prevede investimenti per interventi infrastrutturali per le scuole per circa 12 miliardi di euro.
Per capirne la portata rispetto ai reali fabbisogni dell’edilizia scolastica, basti segnalare che secondo la Fondazione Agnelli nel 2019 per rinnovare circa 40 mila edifici scolastici sarebbero serviti 200 miliardi di euro, pari all’11 per cento del Pil.
A che punto siamo? Gli open data, disponibili sul sito di Italia Domani, forniscono un’indicazione della spesa Pnrr dichiarata al 31 ottobre 2024 che, per gli interventi di edilizia scolastica, ammonta a 2.248 milioni di euro, corrispondente al 22 per cento dei fondi totali disponibili. La quota di spesa effettuata risulta inferiore a quella media dell’intero Piano, che si attesta a circa il 30 per cento del totale delle risorse europee. E questo considerando che il livello di spesa è verosimilmente sottostimato rispetto al reale avanzamento degli investimenti, a causa delle tempistiche necessarie alla rendicontazione della spesa sulla piattaforma Regis (dati Ance - Associazione nazionale costruttori edili, 2025).
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