Nuovo postulato delle Leggi di Murphy: quando due parti che sostengono posizioni opposte hanno ragione entrambe, il sistema di regole non è buono nemmeno per governare una bocciofila. È questo il solo messaggio certo che giunge dal pasticciaccio di Juventus-Napoli andato in scena domenica sera.

E mentre intorno a questa verità s’aggroviglia il chiasso da latinorum tecnico-scientifico e regolamentare, è bene riflettere sul default confezionato dalla cosiddetta Confindustria del calcio italiano dopo sole tre giornate della “stagione del rilancio”.

Per capire basta guardare le posizioni tenute dalle due società e la loro legittimità: la Juventus non poteva non presentarsi in campo poiché avrebbe rischiato lo 0-3 a tavolino, dunque ha rispettato le regole organizzative del torneo; il Napoli non poteva contravvenire a una disposizione dell’autorità sanitaria locale, che avrebbe comportato una responsabilità penale, dunque ha fatto bene a non mettersi in viaggio. E schiacciata fra le due legittime posizioni si trova la Lega di Serie A, che procede a tentoni ma esterna decisionismo.

Carta canta?

Nel testo con cui la Federazione si è espressa a favore dello svolgimento di Juventus-Napoli si fa riferimento al «protocollo Figc concordato col Cts e integrato dalla circolare del ministero della Salute lo scorso 18 giugno, che recepisce il parere del Cts n. 1220 del 12 giugno 2020». Carta canta.

Ma dato che di carte si tratta è bene recuperare il comunicato ufficiale che soltanto due giorni prima (n. 51 del 2 ottobre 2020) la stessa Lega ha pubblicato per decidere in via straordinaria di rinviare Genoa-Torino. Anche lì si rimanda alle regole stabilite dall’Uefa per la Champions League e l’Europa League tra cui la famosa norma sull’obbligo di giocare se per ogni squadra siano abili almeno 13 calciatori, fra i quali almeno un portiere (a proposito: ma se 3 dei 13 sono portieri cosa succede?). E tuttavia quel documento contiene un passaggio che apre la porta alle ragioni del Napoli.

Perché la regola è da ritenersi valida «fatti salvi eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali». E dunque come la mettiamo? Se lo chiedono tutti i partecipanti al dibattito che si è scatenato nel weekend accompagnato dalle dietrologie che sarebbero di rito in condizioni normali, figurarsi se c’è di mezzo un match fra Juventus e Napoli.

Il web è un fiorire di ipotesi complottiste sulle pressioni che il Napoli avrebbe fatto sulla Asl 1, e addirittura sulle presunte coperture del governatore campano Vincenzo De Luca, che ha dovuto fare una smentita ufficiale attraverso il suo staff della comunicazione.

E pensare che soltanto quattro mesi fa, ben prima che il presidente del club azzurro Aurelio De Laurentiis gli esprimesse ufficialmente il proprio sostegno in vista del voto regionale, De Luca veniva additato come tifoso juventino dal centro-destra campano, con tanto di tweet a fare da prova documentale. Le cose cambiano, la voglia di buttarla in caciara rimane quella.

(Foto: LaPresse)

Non è un problema di calcio

Ma stavolta la rivalità tra Juventus e Napoli c’entra nulla. La partita delle responsabilità è tutta spostata sulle istituzioni calcistiche, con la Lega del duo Dal Pino-De Siervo sulla linea del fuoco.

Ieri in via Rosellini potevano quantomeno vantarsi di avere raggiunto un risultato straordinario: avere trasformato la frenetica giornata finale del calciomercato estivo in evento secondario. Per il resto rimane la sensazione di preoccupata attesa per ciò che accadrà. Una catena di eventi che avrebbe dovuto prendere il via col verdetto del giudice sportivo Gerardo Mastrandrea, cui sarebbe toccato decretare il 3-0 a tavolino per la Juventus con prevedibile penalizzazione di un punto per la squadra azzurra.

Consapevole d’essere sul punto di pigiare il pulsante rosso da cui partirà una guerra di carte bollate con quasi certo approdo al Tar, Mastrandrea ha rinviato la decisione a (almeno) mercoledì per un supplemento d’indagine.

Sempre ieri è giunta la notizia dell’apertura di un’inchiesta della procura federale, guidata da Giuseppe Chiné, sulla corretta applicazione dei protocolli sanitari da parte del Napoli. Dunque i tempi si allungano. Si è mosso anche il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, che ha incontrato Lega e Figc per mettere chiarezza sui perimetri dell’“obtorto protocollo” sanitario.

Quante altre Asl potrebbero fermare un “gruppo squadra” e la regolare disputa di una gara di campionato? C’era un vuoto nelle previsioni normative che col passare dei giorni si è trasformato in voragine? Interrogativi che corrono assieme alle poche certezze.

Fra esse, le esternazioni di esponenti delle istituzioni calcistiche. Ha cominciato Pietro Lo Monaco, consigliere Figc, che nella mattina di domenica (quando ancora non si sapeva cosa ne sarebbe stato di Juventus-Napoli) ha vaticinato via radio il rinvio della partita e dato ragione all’Asl. E ha proseguito ieri il presidente della Corte sportiva d’appello Figc, Piero Sandulli, che in attesa dell’eventuale esame del caso si augura anch’egli via radio «che la classifica non venga stabilita dal Covid». Una Congiura dei loquaci che per la Lega di A è un ceffone dietro l’altro.

Comunque vada a finire, rimane quella scena televisiva da figuraccia mondiale: una squadra in campo, la Juventus, a prendere atto dell’assenza dell’altra, il Napoli. Soltanto nella B portoghese, meno di un mese fa, hanno fatto di peggio. È successo in occasione di Feirense-Chaves, con le due squadre già schierate per il calcio d’inizio alle otto della sera, ferme lì per 27 minuti prima che l’addetto della Liga obbedisse al diktat delle autorità sanitarie locali e rispedisse tutti negli spogliatoi.

Se il benchmark del duo Dal Pino-De Siervo è la Serie B portoghese, in via Rosellini possono stappare la migliore bottiglia che tengono in ghiaccio.

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