I debiti, lo sfratto, la strage. La guerra allo Stato dei fratelli Ramponi

Maria Luisa Ramponi e i suoi due fratelli, Dino e Franco, erano pronti. Sapevano che da un giorno all’altro le forze dell’ordine avrebbero nuovamente bussato alla porta del loro casolare di via San Martino, a Castel d’Azzano, in provincia di Verona, per mandarli via. Una casa intorno alla quale negli anni Ottanta loro padre Gino chiese e ottenne i permessi per costruire un «rustico» e un «magazzino per cereali e ricovero di attrezzi agricoli». Coltivare la terra, vivere dei suoi frutti. L’idea sarebbe dovuta essere questa. Non è andata così. La strage dei carabinieri, trappola mortale nel casolare dello sfratto Continue richieste di sfratto, ipoteche, pignoramenti, divisioni di beni, debiti. E poi la tragedia più nera. La storia della proprietà che è finita sotto i riflettori – un casolare che gli inquirenti definiscono «fatiscente» – non è affatto lineare. Già nel 2006 sui terreni della famiglia Ramponi viene infatti costituita una servitù coattiva da parte del Consorzio di bonifica agro veronese, l’ente pubblico della Regione Veneto. Dopodiché, nello stesso anno, parte di quegli stessi terreni viene espropriata per pubblica utilità. «Ci rimarrà solo un boccone di terra di circa quattromila metri quadrati», diceva dopo una delle avvisaglie di sfratto, Franco Ramponi intervistato da L’Arena lo scorso anno. Nel 2018 proprio a favore della banca l’ufficiale giudiziario stila il verbale di pignoramento dell’immobile. Un anno dopo – stavolta a favore di un privato – arriva invece il decreto ingiuntivo e la conseguente ipoteca giudiziale. «Già lo scorso settembre il professionista delegato alla vendita dell’immobile su cui pesava un’esecuzione immobiliare ordinata per l’11 ottobre era stato pesantemente minacciato dai Ramponi», dichiara, pieno di cordoglio, il procuratore capo di Verona Raffaele Tito. Che ha aggiunto un particolare: «Tempo fa la donna ha minacciato di incendiarsi con dell’Amuchina, è difficile prevedere in maniera certa da persone di questo genere, se queste minacce sono vere o false». Fanno esplodere la casa durante lo sfratto, tre carabinieri morti e 17 feriti. La procura valuta l’accusa di strage Un comportamento, dunque, che insospettisce immediatamente gli inquirenti. Rischi per gli altri, per se stessi anche. I militari sono entrati nella casa dei tre agricoltori con un decreto di perquisizione. Nessuno sgombero, nessuno sfratto. «I militari, tra carabinieri e poliziotti dei reparti speciali, avrebbero dovuto cercare bottiglie incendiarie o altro materiale esplosivo», continua il procuratore. In effetti sono state trovate bombole e molotov. Oggi, per i tre fermati si ipotizza il reato di omicidio premeditato. Si valuta l’accusa di strage, che potrebbe essere messa nero su bianco questa mattina con l’arrivo in procura di tutti gli accertamenti necessari. «Con mio fratello lottiamo da cinque anni per avere giustizia. Mio fratello ha avuto un pignoramento ingiusto, gli hanno portato via tutta l’azienda agricola, terreni ed adesso la casa. Oggi volevano fare lo sgombero e ci siamo opposti in tutti i modi; abbiamo riempito la casa di gas per riuscire a lottare», le parole di Maria Luisa Ramponi in un filmato di novembre scorso pubblicato sul sito del Corriere della Sera. Proprio la donna, in base alle primissime evidenze, avrebbe lanciato la scorsa notte la molotov che ha causato l’esplosione e pertanto la morte dei tre carabinieri. «Sono cinque anni – spiegava Ramponi – che lottiamo con avvocati che si sono venduti, ci hanno rovinato, il tribunale fa di tutto per tenere nascosta questa cosa attraverso sentenze sbalorditive. Ci siamo trovati cinque anni fa una firma falsa in un mutuo e non si è più fermata la procedura per colpa degli avvocati. C’è un custode che continua a darci addosso, non abbiamo più nulla e continuiamo a subire e subire. Ci resta – aveva aggiunto – solo la casa: anche quella ci vogliono portare via, ci hanno portato via terreni dal valore di un milione e ce l’hanno venduti a poco più di un euro». Cos’ha spinto i tre fratelli ad agire in quel modo? La disperazione? La vendetta? La rivalsa? Impossibile rispondere. Resta solo il drammatico bilancio dei morti e dei feriti. Delle vite distrutte. Della casa di via San Martino, quella per cui tanto si è lottato e che ora è andata irrimediabilmente perduta.