Martedì, il numero di decessi causati dal coronavirus ha segnato un nuovo record: 731 in sole 24 ore. Rimangono invece stabili i nuovi casi, ieri ne sono stati registrati 32mila. Mentre la curva dei contagi sembra stabilizzarsi, il presidente della regione Veneto Luca Zaia ha annunciato la sperimentazione di un «rivoluzionario» tampone rapido che si può fare da soli in casa e che produce un risultato in quindici minuti. In realtà, test rapidi per il coronavirus che funzionano in maniera simile a un test di gravidanza esistono da mesi in tutto il mondo e vengono già utilizzati anche in Italia. Sono una tecnologia promettente, ma che al momento presenta ancora rischi e incertezze.

Tamponi rapidi e fai-da-te

Il metodo più sicuro per sapere se una persona è positiva al coronavirus è il tampone molecolare, che può impiegare ore o addirittura giorni a produrre un risultato.I tamponi rapidi appartengono invece alla categoria dei tamponi antigenici. Sono tendenzialmente meno affidabili dei molecolari, ma costano solo pochi euro e sono più semplici da somministrare e analizzare. Basta passare un bastoncino nelle narici, senza arrivare al fondo della cavità nasale, inserirlo in una boccetta piena di reagente e quindi depositare alcune gocce della soluzione su una striscia di cartone che mostrerà l'eventuale positività. Tutto il procedimento dura al massimo quindici minuti.

I tamponi rapidi sono usati in molti aeroporti prima di consentire l’imbarco (sono stati sperimentati anche a Linate e Fiumicino). In Francia, sono disponibili in farmacia dalla fine di ottobre, anche se possono essere somministrati solo da farmacisti o altri professionisti sanitari. Il governo del Regno Unito sta considerando la possibilità di distribuirli direttamente alle persone, mentre negli Stati Uniti è già possibile acquistarli o farseli spedire direttamente a casa.

Il caso più spettacolare di utilizzo di questi tamponi è probabilmente quello della Slovacchia, che alla fine di ottobre ha sottoposto a test rapido 3,6 milioni di persone. Il test è stato svolto in strutture apposite e da personale specializzato. Le persone trovate positive sono state subito messe in quarantena, insieme alle loro famiglie.

Pro e contro

L'esperimento della Slovacchia mostra sia i vantaggi che i problemi dei tamponi rapidi. La rapidità e il basso costo li rendono lo strumento ideale per condurre test di massa, ma la loro affidabilità rimane inferiore a quella dei test molecolari. Se applicati a milioni di persone, anche pochi punti percentuali di differenza possono produrre decine di migliaia di falsi positivi e negativi. D’altro canto, per condurre uno screening efficace è necessario che i test vengano fatti sotto controllo delle autorità sanitarie, mobilitando risorse enormi che non tutti i paesi possono permettersi.

Per queste ragioni, al momento sono pochi i paesi che ne consentono liberamente la vendita. Ma nonostante i limiti, i test rapidi rimangono uno strumento promettente. Proprio la scorsa settimana, mentre era ospite nella trasmissione Otto e mezzo su La7, il direttore per le iniziative strategiche dell’Organizzazione mondiale della sanità Ranieri Guerra, ha detto che si aspetta di vederli presto in vendita in farmacia.

Il caso del Veneto

In Veneto è in corso di sperimentazione uno di questi test (non l’unico, né il primo). Circa 5mila campioni sono stati donati da un'azienda cinese ai laboratori di microbiologia della regione e poco più di tremila sono già stati analizzati. Secondo il dottor Roberto Rigoli, che coordina il progetto, per ora l’esperimento sta dando buoni risultati . É sua l’idea che questi test possano presto essere venduti in farmacia, anche se ha specificato che non si tratta di decisioni che gli competono. L’Istituto superiore di sanità, a cui spetta l’ultima parola sulla validazione di qualsiasi nuovo dispositivo medico, ha precisato che per il momento non è coinvolto in questa sperimentazione.

Ma se le cose stanno così, allora come giustificare la fretta del presidente Zaia nell’organizzare una conferenza stampa per un tipo di test già conosciuto e la cui sperimentazione non si è ancora conclusa? La ragione l’ha spiegata lo stesso Zaia. Quando ha sentito il dottor Guerra parlare in televisione, si è detto: «Meglio che il nostro test lo facciamo vedere che poi qualcuno non pensi che siamo andati a recuperarne uno in farmacia».

 

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