Il boss pentito Giovanni Brusca è tornato libero dopo 25 anni di carcere. La sua scarcerazione ha scatenato una ridda di dichiarazioni politiche e la protesta dei familiari delle vittime. Brusca è il boss dei corleonesi che ha premuto il telecomando che ha fatto saltare in aria l'autostrada all'altezza di Capaci ammazzando Giovanni Falcone, giudice nemico giurato di cosa nostra,  Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. Erano le 17,56 minuti e 48 secondi del 23 maggio 1992, quando gli strumenti dell’Istituto di Geofisica e di Vulcanologia di monte Erice registrano «un piccolo evento sismico con epicentro fra i comuni di Isola delle Femmine e Capaci». Ma non è un terremoto, sono cinquecento chili di tritolo che fanno saltare in aria Giovanni Falcone. Brusca viene ricordato per la sua ferocia, per aver partecipato a decine di omicidi, e all'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido, solo perché figlio di Santino che aveva deciso di pentirsi e di non cedere al ricatto di cosa nostra che gli aveva rapito il figlio per farlo desistere. Brusca ha trascorso 25 anni in carcere, doveva uscire a ottobre, ma la pena è stata accorciata di qualche mese per la buona condotta. Pentito ritenuto affidabile che ha finito di scontare gli anni previsti. «Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell'ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso. Ogni altro commento mi pare del tutto inopportuno», dice Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone. «La stessa magistratura in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle sue rivelazioni, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato: non è più il tempo di mezze verità e sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Vito, Antonio e Rocco che un uomo che si è macchiato di crimini orribili torni libero a godere di ricchezze sporche di sangue», conclude la sorella del giudice.

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