Il fantasma del complotto perseguita il governo delle destre e accomuna la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto. La prima continua a parlare di una minoranza di toghe che farebbero opposizione, il secondo spara ormai nel mucchio e ha finito per colpire perfino il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, mostrando la confusione nella quale è precipitato.

Negli ultimi tempi i due fondatori di Fratelli d’Italia non hanno sempre condiviso le reciproche scelte, a partire dal caso del libro del generale Roberto Vannacci (la premier non ha mai gradito la scomunica del ministro) ma Meloni e Crosetto ora si trovano insieme in trincea. Anche se per motivi e con toni diversi. Il nemico è lo stesso nemico: presunte le toghe rosse che farebbero «opposizione giudiziaria». Ovviamente solo quelle che osano fare inchieste sul governo e, magari, mandare a processo i sottosegretari amici come Andrea Delmastro Delle Vedove. Gli altri magistrati, invece, vanno benissimo.

Il vecchio e consolidato cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi è sempre in voga ed è particolarmente utile per mascherare fallimenti e compattare le truppe. Ma questa volta la questione giustizia potrebbe avere l’effetto di indebolire il governo. La bandierina del complotto giudiziario bisogna saperla sventolare. Altrimenti, come sta accadendo, anche un prudente e scaltro ministro rischia di trasformarsi nel suo contrario. Al punto da vedere nemici anche tra i più accaniti sostenitori.

Crosetto contro tutti

Nelle ultime ore, ad esempio, va registrato lo scambio surreale tra Crosetto e Sallusti. Il quotidiano, dopo l’incontro avuto dal ministro con il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, ha pubblicato un articolo (per la verità affatto negativo nei confronti di Crosetto), titolando in prima pagina: “Inchiesta su Crosetto”.

L’intento del quotidiano di proprietà della famiglia Angelucci (il capostipite, Antonio, è senatore della Lega) non sembrava affattoquello di attaccare il ministro, bensì di fornire una conferma a quello che lui stesso aveva detto nella sua intervista al Corriere della Sera: «A me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a “fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni”».

Dopotutto è da lì che è nata l’“assunzione di informazioni” – così si chiama tecnicamente l’incontro cordiale avvenuto tra il procuratore e il ministro. Ma Crosetto non l’ha presa bene. «Il Giornale inventa di sana pianta un titolo gravemente diffamatorio, totalmente falso costruito evidentemente con il solo intento di infangare», ha commentato in una nota.

Aggiungendo poi, nel finale, una frase che è un manuale di complottismo: «Non posso ora esimermi dal capirne la ratio e soprattutto i mandanti». Immediata la risposta del direttore Sallusti: «Mi sembra che il ministro sia molto nervoso e quando uno è nervoso perde la lucidità. L’articolo che abbiamo pubblicato è perfetto; il titolo è una sintesi come tutti i titoli lo sono».

Dalla Difesa all’accusa

Il ministro, come ha ribadito nell’aula della Camera dove è stato chiamato a parlare delle sue parole affidate dal Corriere della Sera, vorrebbe occuparsi di altro. In fondo è il ministro della Difesa. Peccato che continui a inseguire questo fantasma che lo perseguita: il complotto giudiziario.

Pochi giorni fa un’altro quotidiano d’area, Il Giornale d’Italia, aveva pubblicato un’intervista a Crosetto: «Magistratura? Fanno delle riunioni in cui dicono “dobbiamo combattere il governo in ogni modo”. Quando dei giudici col potere che hanno dicono quello... Chi tira le fila? Area e Md. I nomi sono i soliti, Cascini, Musolino... questi qua». Successivamente il quotidiano aveva modificato “l’intervista” in un retroscena che raccoglieva dei “rumors”, senza dare più la paternità dei virgolettati al ministro. Dalla Difesa avevano spiegato che si era trattato di un «falso»: «Hanno erroneamente attributo a Crosetto frasi che mai il ministro ha pronunciato». Un vero giallo.

Ma una domanda resta: al procuratore Lo Voi il ministro avrà fatto i nomi dei «soliti» Cascini e Musolino o di altri protagonisti del complotto ai danni del governo?

Dalla procura non trapela nulla, la convocazione davanti ai pubblici ministeri è stata resa nota dal ministro che, solo qualche giorno fa, spiegava: «Quando ho elementi per denunciare sono il primo che va dalla magistratura a denunciare. In questo caso (nell’intervista al Corriere, ndr) era una cosa molto più semplice, una riflessione molto più alta che spetta fare in questo luogo». Invece è finito a raccontare le sue riflessioni anche in procura.

Che sono partite da un assunto: quando Lo Voi gli ha chiesto se si sentisse in qualche modo minacciato da pezzi dello stato, Crosetto ha detto di no, citando solo l’inchiesta di Domani, e la presunta fonte (su cui sta indagando la procura di Perugia) che avrebbe confermato l’entità delle consulenze ottenute da Leonardo quando non era ministro.

Se mai le sue “informazioni” dovessero trasformarsi in un’indagine penale, con il coinvolgimento di magistrati, potrebbe finire a Perugia per competenza. Un cortocircuito potenziale: i pm umbri stanno indagando proprio sul finanziere Pasquale Striano, accusato di accesso abusivo ai sistemi informativi.

Addio gigante

Ma c’è una cosa che già oggi emerge chiaramente: la lenta trasformazione di un ministro scaltro, tessitori di relazioni in un segugio che cerca fantasmi.

Crosetto, anche per il suo passato in Forza Italia, è stato da sempre ritenuto il volto moderato di Fratelli d’Italia, il razionale, quello che teneva a bada gli impulsi, le intemerate, le cadute di stile. Un gigante buono, come ama definirlo Meloni.

Molto si è detto sul fatto che sia stato il Quirinale, con il quale ha ottimi rapporti, a caldeggiare la sua nomina alla Difesa. Ma di certo Sergio Mattarella non avrà gradito le ultime uscite del ministro.

Negli ultimi giorni Crosetto sembra aver perso la sua proverbiale saggezza. Sospetta, ipotizza, sussurra e si è intestato uno scontro istituzionale che non si sa dove potrebbe arrivare e che, di sicuro, non fa bene al governo e alla premier.

È vero che, come lui, anche Meloni se l’è presa con una minoranza di magistrati che si oppone ai provvedimenti del governo e con chi non ha «avuto pietà» della sua vita privata (riferimento non troppo velato a Striscia la Notizia e quindi, per approssimazioni, alla famiglia Berlusconi che controlla Mediaset). Ma l’impressione è che il ministro sia andato un po’ oltre. Soprattutto se nei suoi attacchi finiscono, insieme ai magistrati, anche i giornali amici.

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