Continua con la sua decima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

«La grande impresa è meno esposta al rischio usura, la microimprenditoria, invece, è proprio il target della criminalità», spiega Andrea De Checchi, avvocato societarista prestato alla politica. De Checchi, 49 anni, è vicesindaco di Treviso con delega, tra le altre, alle politiche per l’anticorruzione e la trasparenza e alle politiche per le attività produttive. «E le piccole e medie imprese di Treviso sono proprio il target del Treviso Fund».

Vantaggio economico e legalità, infatti, sono gli obiettivi di un provvedimento varato il 5 maggio del 2020, subito dopo il primo lockdown, dalla Giunta trevigiana. «Ad oggi, a fronte di 400mila euro di contributi erogati, abbiamo sostenuto 118 imprese con un totale di 4 milioni di liquidità immessi nel territorio – continua De Checchi – e, al netto dell’aspetto economico e finanziario, il provvedimento ha anche garantito, grazie allo snellimento burocratico e alla velocità di erogazione, che qualcuno non cadesse nelle mani di chi poteva prestare soldi facilmente».

Racconta il vicesindaco di Treviso che «già nella prima fase della pandemia è stata chiara la percezione che una delle conseguenze del lockdown sarebbe stata quella di un fabbisogno di liquidità per molte aziende». La crisi pandemica, va detto, sta interrogando la struttura stessa del tessuto produttivo che, nel Nordest, è disegnato dalla fittissima rete di piccole e medie aziende. Tanto che tra gli attori, imprese e associazioni categoriali, ci si sta interrogando su ipotesi di acquisizioni, aggregazioni tra pmi e altre forme di sinergie lungo la catena del valore. Le small size, insomma, sono alle prese con modelli di resilienza o proprio resistenza. Anche di fronte al rischio usura. La ripresa sarà lenta, a detta di molti osservatori, e tutt’altro che lineare. La crisi si scaricherà sull’indebitamento netto delle imprese. Per questo è interessante osservare questa buona prassi partorita in Palazzo Ca' Sugana, sede del municipio trevigiano, sia sotto il profilo delle misure di soccorso e rilancio dell’economia sia sotto quello delle pratiche antimafia. 

Che esista una relazione diretta tra Covid-19 e usura è già noto ai lettori di queste pagine. Anche il recentissimo rapporto Uif, l’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia, a un anno dall’inizio della pandemia, richiama ancora «il pericolo di truffe, di fenomeni corruttivi, di possibili manovre speculative, nonché il rischio di usura, di acquisizione diretta o indiretta delle imprese da parte di organizzazioni criminali; ulteriori indicazioni hanno riguardato il ricorso a tentativi di sviamento e appropriazione, anche mediante condotte collusive, possibili abusi sia nella fase di accesso al credito garantito dalle diverse forme di intervento pubblico sia in sede di utilizzo delle risorse disponibili, come pure il pericolo di azioni illegali realizzate on line».

«Proprio per questo il provvedimento non ha preso in considerazione le società di nuova costituzione – puntualizza De Checchi – ma è stato pensato per un sostegno nella pandemia a soggetti con sede operativa a Treviso, quindi soggetti visibili, con dipendenti, con attività qui. Abbiamo fatto una verifica attenta con i Confidi (Trevigianfidi Soc., Canova Cooperativa Artigiana di Garanzia della Marca Trevigiana, Consorzio Veneto Garanzie-Confartigianato e Fidimpresa & Turismo Veneto) e le banche, e i soggetti che hanno portato a casa questo contributo sono soggetti noti, storicamente legati al territorio. Il sistema è stato costruito per fare in modo che qualcuno non costituisse dei veicoli ad hoc per portare a casa questi denari perché proprio la norma applicativa del fondo esclude quei soggetti che non hanno avuto una sorta di storicità, quindi soggetti fisicamente visibili in città».

«Per tutto questo abbiamo creduto che un metodo trasparente di accesso al credito potesse essere la soluzione migliore», riprende De Checchi riepilogando l’iter del provvedimento: «Abbiamo iniziato a ragionare con i consorzi di garanzia per immaginare un prodotto finanziato in parte dal Comune che però generasse delle leve finanziarie per riuscire a riversare alle imprese dei denari ad ottime condizioni, in modo del tutto trasparente». Poi si è passati alla negoziazione con le banche sul territorio, in particolare con i crediti cooperativi. È così sono nati i Treviso fund.

In pratica, i consorzi di garanzia moltiplicano per 7 il contributo messo a disposizione del comune e le banche erogano credito per il doppio della garanzia. Un provvedimento pensato per la microimpresa, non per la grande impresa, con una “forchetta” del prestito medio che va dai 10 ai 35mila euro, con due anni di preammortamento, consentendo quindi quella liquidità e la sicurezza di poterla restituire a pandemia conclusa. A conti fatti di fronte a 100mila euro di contributo pubblico viene generata liquidità per 1 milione e quattrocentomila euro.

Di una cosa De Checchi va piuttosto fiero: «Abbiamo negoziato noi il tasso, bassissimo: 0,7 per cento finito, senza alcun costo di istruttoria né dai Confidi né dalle banche, quindi abbiamo creato un prodotto per le Pmi del comune di Treviso con queste caratteristiche». Fin dall’inizio della pandemia, però, in molti lamentavano l’appesantimento burocratico per accedere ai fondi del governo. Per ovviare a queste lungaggini il comune di Treviso ha fatto sottoscrivere dai consorzi di garanzia e dalle banche l’impegno a erogare il prestito entro 15 giorni dalla richiesta. In questo modo le aziende potevano vedersi accreditati i soldi sul conto nel giro di 20 giorni dalla domanda. L’istruttoria, semplificata per accedere a “TrevisoFund”, prevede solo la presentazione ai consorzi di garanzia o agli istituti di credito della documentazione reddituale 2019, una visura camerale e un documento d’identità per disporre in pochi giorni della liquidità.

La rapidità dell’istruttoria e il tasso bassissimo sono gli ingredienti di un cocktail fatale per chi, al contrario, ha sempre puntato tutto sulle lungaggini burocratiche per farsi largo nel settore: i settori criminali legati alle pratiche usurarie. «Questo intervento pubblico di sostegno alla economia comunale, da Treviso, si sta diffondendo in molti altri comuni non solo nel Veneto, per consentire un’agevolazione alla liquidità e impedire a qualche cravattaro di presentarsi alle nostre imprese proponendo dei denari facili – ribadisce il Vicesindaco De Checchi –. Il comune ha mantenuto la regìa ma ha demandato i controlli a consorzi e banche e questo ha consentito il rispetto di tutti i parametri di legalità. È stato anche valutato il merito creditizio perché il provvedimento serve ad aiutare chi ha avuto problemi con la pandemia e non a ristrutturare chi aveva avuto problemi durante periodi aziendali precedenti. Ad oggi non è stato finanziato nessun soggetto palesemente a rischio». 

Sulla scia dei Treviso Fund, Palazzo Ca' Sugana ha appena varato anche un “bando rilancio” per intervenire sul caro-affitti. Si tratta di un contributo a fondo perduto direttamente dal Comune, fino a 10mila euro, per chi prende in affitto un locale sfitto da almeno tre mesi che dimostri di avere avuto una negoziazione sulla locazione col proprietario dell’immobile. «Abbiamo fatto aprire una trentina di nuove attività – conclude De Checchi – escluse quelle di somministrazione di cibo e bevande, non volevamo nuovi bar o trattorie. E sono attività tutte ancora in essere in un sistema economico che sta dimostrando una voglia di nuove aperture, abbiamo già previsto di rifinanziare il bando». La filosofia è quella di non lasciare l’imprenditore da solo, gli altri partner mettono un anno di consulenza gratuita, fiscale, lavoristica, tributaria, una piccola analisi del business in modo tale che i soggetti finanziati vengano anche accompagnati alla sostenibilità dell’attività che vanno ad aprire.

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