Continua con la sua 37esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica


Nel 2022 il volume del giocato in azzardo in Italia ha raggiunto la mirabolante cifra di 136 miliardi (+24per cento rispetto al 2021) superando la spesa saniTaria (128 miliardi), quella educativa (52 miliardi) e la somma dei bilanci di tutti e 7901 comuni italiani (77 miliardi).

Un fenomeno in continua espansione utilizzato da tutti i governi per far quadrare i conti (anche nella finanziaria in corso di discussione a quanto pare).

Spesso nascosto dietro il paravento della giusta causa, come nel caso dell’introduzione delle videolottery (VLT) i cui proventi dovevano finanziare la ricostruzione post terremoto dell’Aquila o la più recente introduzione di un’ulteriore estrazione settimanale del lotto per finanziare i territori alluvionati della Romagna. Misure emergenziali che divengono aumenti strutturali del volume del gioco d’azzardo in Italia.

Attualmente è in discussione in Parlamento la legge di riordino del settore gioco d’azzardo, una norma attesa da anni che potrebbe rappresentare l’occasione per mettere ordine nel sistema, ridurre e qualificare l’offerta di azzardo. Purtroppo allo stato attuale il provvedimento parte dal concetto di invarianza del gettito erariale, non considera, quindi, la possibilità di ridurre l’offerta. A questo si aggiunge il fatto che il provvedimento è stato elaborato dal Ministero delle Finanze senza la condivisione con tutti i soggetti coinvolti.

Occorrerà fare quindi molta attenzione rispetto a questo provvedimento per tutelare le normative regionali laddove risultino maggiormente restrittive di quelle nazionali e per scongiurare la possibilità di introdurre meccanismi di compartecipazione degli Enti Locali al gettito derivante dall’azzardo sul proprio territorio. Questo legherebbe i bilanci dei comuni con la presenza di azzardo sul territorio riproducendo un meccanismo perverso di dipendenza come quello in essere per il bilancio dello stato.

La diffusione capillare delle opportunità di giocare d’azzardo online ed offline e la narrazione costruita in questi anni per far percepire l’azzardo come un’opportunità anziché un’attività che ha insita in sé un certo grado di pericolosità, ha portato gli Enti Locali a muoversi per tentare di arginare il fenomeno. Sono infatti comuni e Regioni che si trovano quotidianamente a fare i conti con le criticità che l’azzardo genera nella società e proprio per questo ormai quasi tutte le regioni italiane hanno legiferato su questo tema.

Lo ha fatto anche l’Emilia Romagna con la legge 5/2013 successivamente modificata con l’introduzione, tra le altre misure, del cosiddetto distanziometro. Nello specifico è stata introdotta una distanza minima dai luoghi sensibili (scuole, strutture sanitarie e sociosanitarie, luoghi di culto, impianti sportivi, ecc.) per le sale gioco/sale scommesse.

Il comune di Casalecchio è stato tra i primi ad applicare la normativa regionale riducendo in questi anni di circa il 60 per cento il numero di sale gioco/sale scommesse sul proprio territorio. Naturalmente i provvedimenti di chiusura generano contenziosi con i gestori che vengono portati al giudizio degli

organismi competenti. Recentemente abbiamo ottenuto una vittoria molto importante per il comune di Casalecchio di Reno e per tutti i comuni della Regione Emilia Romagna.

Parliamo del ricorso al Consiglio di Stato che una sala scommesse del territorio ha presentato in merito ad una sentenza emessa dal Tar Emilia Romagna. Il ricorso si basava sulla presunta condizione espulsiva che la legge regionale e il Regolamento Urbanistico Edilizio del comune di Casalecchio a detta del ricorrente, creerebbero sul territorio del comune.

Il Consiglio di Stato ha ribadito la posizione, già assunta dal Tar regionale, sostenendo che non persiste alcuna logica espulsiva essendoci una porzione, seppur piccola, di territorio in cui è possibile avviare e/o delocalizzare l’attività di azzardo senza incorrere nei vincoli di distanza dai luoghi sensibili.

La tesi della volontà espulsiva viene attualmente utilizzata dai soggetti gestori per impugnare gli atti di chiusura delle attività correttamente emessi dai comuni per dar seguito a quanto previsto nella legge regionale. Questa vittoria risulta quindi estremamente importante per chiarire che il cosiddetto sistema espulsivo non è tale se ci sono porzioni di territorio, per quanto piccole, su cui la delocalizzazione è possibile.

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