A quasi tre anni di distanza dalla denuncia presentata al tribunale di Roma, la lite sull’autenticità del quadro che qualcuno ha attribuito al Veronese raffigurante Venere e Adone, si è conclusa con un’archiviazione. Per il gip Angela Gilardi la tela, che tornerà di nuovo nelle mani dell’ex procuratore capo della Corte dei Conti, Angelo Raffaele De Dominicis, non è un falso, come invece attestava il magistrato che ipotizzava una sostituzione.

Per comprendere meglio questa storia, però, bisogna risalire al 2005 anno in cui, dopo una lunga trattativa con gli eredi di un nobiluomo, il quadro è stato acquistato dall’ex procuratore e docente di Economia delle amministrazioni pubbliche all’università La Sapienza di Roma.

Un anno più tardi il dipinto è stato inviato all’istituto centrale di restauro del Mibac (ministero della Cultura) per un giudizio tecnico e nella relazione l’opera veniva definita come «aderente ai modi della pittura veronesiana: l’individuazione stilistica è difficile per la presenza di estese ridipinture». Tra le altre cose, il rapporto attestava le dimensioni della tela: 120x150 centimetri.

Riconsegnato a De Dominicis, il quadro è finito in un caveau della banca Bnl di via Veneto e il 19 gennaio del 2012 è stato trasferito a palazzo Barberini. Dopo meno di un anno il museo Barberini ha deciso, «per mancanza di fondi pubblici», di riconsegnare il quadro al proprietario.

De Dominicis, convinto di avere una tela dal grande valore e realizzata nella metà del 500 da Paolo Caliari (detto il Veronese), ha quindi deciso di venderla. Ma prima c’era bisogno di un restauro e di trovare qualcuno che attribuisse con certezza l’opera al noto pittore rinascimentale.

Le sue amicizie lo portano dal presidente del cda dell’università San Raffaele, Sergio Pasquantonio che lo mette in contatto con gli altri due protagonisti di questa storia: la restauratrice e professoressa Carla Mariani e il critico d’arte Claudio Strinati. Da palazzo Barberini, il dipinto viene così scortato in un laboratorio in via Lungotevere Flaminio, dove inizia il restauro.

La possibile vendita

Passano i mesi e Pasquantonio suggerisce a De Dominicis di dare mandato a Strinati di far girare il quadro nei vari musei europei «per esporlo ed eventualmente anche successivamente alienarlo». Dopo il restauro non resta che chiedere l’autorizzazione al Mibac per l’esportazione.

Sembra tutto pronto ma, quando l’opera sta per partire, l’ex procuratore non la riconosce più. De Dominicis si accorge di due dettagli importanti: le dimensioni del quadro autorizzato all’esportazione all’estero erano di 116X150 centimetri, e quindi diverse da quelle del dipinto originale (120x150); e l’opera non «riproduceva l’importantissima cucitura centrale dei due teli», per lui un marchio inequivocabile di autenticità.

De Dominicis è convinto che gli abbiano restituito un falso e chiede chiarimenti all’autrice del restauro, la professoressa Mariani. Ma le risposte non lo convincono. Nel giugno del 2016 l’ex procuratore ha chiesto l’immediata restituzione dell’opera nella sua versione originale e integrale. Il critico Strinati e la professoressa Mariani hanno cercato di convincere De Dominicis sull’autenticità dell’opera, ma il docente non ne ha voluto sapere. Nel settembre del 2020 viene presentata una denuncia.

Il parere del gip

Il pm ha condotto le sue indagini. Sono stati consultati esperti, effettuate radiografie che sono state confrontate con quelle eseguite nel 2006 dall’istituto centrale di restauro del Mibac. Niente, per gli inquirenti la tela è quella già in mano al magistrato.

L’esito è inaspettato per l’ex procuratore della Corte dei conti ed è stato lo stesso pm a chiedere l’archiviazione sottolineando che De Dominicis ha presentato «analoga denuncia» il 5 settembre del 2007 nei confronti di uno degli eredi da cui ha comprato il quadro. Archiviata anche quella.

Lo scorso 12 luglio, il gip Angela Gilardi ha disposto l’archiviazione per via della corrispondenza delle crettature «dell’opera ispezionata con quella originariamente radiografata». Non sono necessarie indagini suppletive, anche perché i costi di esecuzione sono alti e la valutazione del Mibac del quadro è di circa ottomila euro. Per De Dominicis, Mariani e Strinati, la tela vale invece diversi milioni di euro. E al momento non è ancora stata restituita al proprietario.

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