Il 21 giugno Mario Draghi si è fatto portatore della linea rigorista sul Covid quando ha detto, a seguito dell’incontro con la cancelliera Angela Merkel, di volersi adoperare perché la finale degli Europei di calcio «non si tenesse in un paese in cui i contagi stavano crescendo rapidamente».

In quei giorni nel Regno Unito si contavano oltre 10mila nuovi contagi a causa della diffusione della variante Delta, poi destinati a salire, e per questo il premier aveva aperto la possibilità di un cambio di sede delle semifinali e della finale: dallo stadio di Wembley di Londra all’Olimpico di Roma. La terza possibilità era Budapest. In quei giorni in Italia il tasso di positività era allo 0,6 per cento e l’incidenza della variante Delta era ancora molto bassa. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha commentato in questo modo le parole di Draghi: «Credo che se i numeri della Gran Bretagna continuano a crescere le parole di Draghi siano di buonsenso». Le parole del premier hanno però provocato reazioni contrarie da più parti.

«La finale si svolgerà a Wembley», ha affermato in modo categorico il ministro della Salute britannico. Anche l’Uefa ha smentito le parole del premier, comunicando che erano in corso contrattazioni con la federazione inglese e con le autorità di Londra per organizzare le partite a Wembley «in condizioni di sicurezza».

La finale si è tenuta a Wembley ma le conseguenze, in termini di contagio, non sono mancate anche in Italia. Con le settimane è cresciuta la diffusione della mutazione del virus anche nel nostro paese. L’11 luglio, giorno della finale, nonostante il divieto dei maxischermi in molte città, migliaia di persone hanno festeggiato la vittoria nelle piazze e nelle strade. Secondo gli esperti gli effetti degli assembramenti saranno evidenti dopo una decina di giorni. Ma a far discutere è stato il giorno successivo quando la squadra della nazionale ha sfilato su un pullman scoperto in mezzo alla folla senza mascherine. Il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, ha spiegato al Corriere della Sera che il permesso a festeggiare la vittoria dell’Italia agli Europei sull’autobus scoperto era stato negato e che «i patti non sono stati rispettati». Ha precisato che era stato convocato il 9 luglio un Comitato per l’ordine e la sicurezza, di concerto con la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, e il capo della polizia Giannini, coinvolgendo anche la Figc. Era stata trovata la soluzione di piazza del Popolo, dove avrebbero dovuto montare una pedana: «Abbiamo ritenuto che potesse essere una mediazione praticabile perché ci consentiva di tenere sotto controllo la folla in un unico luogo», ha spiegato Piantedosi. Ma dopo la visita al Quirinale il pullman diretto a palazzo Chigi era già accerchiato da persone ed è quindi stato scoperto. Il prefetto si dice «amareggiato dalla mancanza di rispetto che c’è stata per il grande impegno della questura e di tutte le forze di polizia».

Le attività ancora limitate

La trattativa sarebbe stata portata avanti dagli stessi calciatori, che hanno quindi superato le decisioni del comitato. «Abbiamo vinto la trattativa, lo dovevamo ai tifosi se siamo arrivati fin qui lo dobbiamo anche al loro sostegno», ha commentato così Leonardo Bonucci. La Figc ha poi risposto al prefetto con una nota sostenendo che «la situazione non fosse più gestibile in quanto il bus coperto non aveva dissuaso i tifosi» e specificando che, reiterata la richiesta, la decisione è stata «condivisa dalle istituzioni, per un breve tragitto con il bus scoperto». Dal governo non sono arrivati commenti diretti. Il ministro Speranza, che chiede da sempre prudenza, si è limitato a commentare: «Io chiedo sempre la massima attenzione, ci sono delle norme chiare. La mascherina è obbligatoria al chiuso, all’aperto quando ci sono rischi di assembramenti, la mascherina va mantenuta». Ora non sarà facile giustificare le immagini delle folle di fronte a chi non ha ancora ripreso a pieno l’attività a causa della pandemia. «Smaltita la sbornia di felicità per la vittoria dell’Italia agli Europei e rimanendo in trepida attesa per capire se i festeggiamenti che ne sono seguiti siano risultati indenni da eventuali danni da assembramento incontrollato e incontrollabile, sono qui di nuovo a dire basta! Dopo quello che vediamo ogni giorno non ci sono più scuse: bisogna riaprire i locali da ballo», ha detto Gianni Indino, presidente del Silb-Fipe dell’Emilia-Romagna, l’associazione imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo. Indino ha chiesto al presidente della regione, Stefano Bonaccini, di farsi portatore delle istanze degli imprenditori dell’intrattenimento davanti al governo.

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