È l’anno italiano del G20, dodici mesi in cui il nostro paese ha il compito di coordinare il vertice dei capi di stato e di governo e dei ministri delle nazioni che producono circa il 90 per cento del Pil mondiale oltre che la Cop 26, il vertice Onu sul cambiamento climatico. Una occasione per preparare accordi cruciali, in settori che vanno dalle politiche energetiche al fisco, dal commercio internazionale all’innovazione, e che possono concretamente influenzare le sorti del pianeta. In questa occasione la presidenza del Consiglio ha scelto di nominare tra gli altri come esperti senior dell’ufficio sherpa del G20, Francesco Ciaccia, un manager della multinazionale petrolifera Eni, e Giovanni Dioguardi, manager di Confindustria, l’associazione degli industriali.

I tavoli tecnici

Il vertice dei capi di stato e di governo si terrà il prossimo 30–31 ottobre, ma nei prossimi mesi sono previsti diversi vertici ministeriali che «costituiscono importanti occasioni per sviluppare e approfondire tematiche di rilevanza internazionale, costruendo consenso intorno a specifiche conclusioni condivise», come si legge nel portale dedicato alla presidenza italiana. Le conclusioni più rilevanti sono adottate anche dai capi di stato e di governo.

Chi conosce il lavoro della diplomazia di alto livello sa che in questi appuntamenti i lavori e i tavoli preparatori sono molto rilevanti, i leader poi negoziano soltanto gli ultimi dettagli: per ogni tavolo ministeriale la presidenza italiana lavora a un obiettivo e propone la formulazione delle conclusioni. Per gestire una così complessa macchina politico diplomatica i preparativi sono iniziati per tempo: a fine 2019 con la creazione di una delegazione ad hoc, di fatto una struttura di missione che fa capo alla presidenza del Consiglio. Il decreto prevede che la delegazione sia una squadra di dieci funzionari della pubblica amministrazione ma che possa anche includere esperti esterni. Nell’elenco dei collaboratori della presidenza del Consiglio, la maggioranza degli esterni sono ricercatori o professori universitari, ma possono venire anche dal mondo privato con contratti a tempo determinato. Francesco Ciaccia e Giovanni Dioguardi sono nominati come «esperti senior» dell’ufficio sherpa del G20 che fa capo al consigliere diplomatico, offrono il loro contributo a titolo gratuito, perché nel frattempo continuano a lavorare per Eni e Confindustria, come confermano sia il colosso del petrolio e del gas sia l’associazione degli industriali.

Ambiente, clima e energia a Eni

Secondo quanto ricostruito da Domani e non smentito da Eni, Ciaccia è referente del tavolo ambiente e energia e dei lavori preparatori dei diversi delegati ministeriali per il G20 Ambiente, clima e energia che si terrà a luglio a Napoli, città del ministro dell’Ambiente Sergio Costa, ma coinvolgerà anche i ministri dello Sviluppo economico a partire da Stefano Patuanelli. Esattamente come il G20 Innovazione e ricerca si terrà ad agosto a Trieste, città di Patuanelli, ma coinvolgerà anche la ministra Paola Pisano per la parte innovazione e sarà presieduto da Gaetano Manfredi per la ricerca. Dioguardi dovrebbe lavorare come sherpa del ministro dello Sviluppo economico.

Il governo non ha risposto alle nostre richieste di spiegazione sulle nomine e sulla eventuale mancanza di simili competenze all’interno della pubblica amministrazione.

L’ufficio stampa di Eni alle nostre richieste di chiarimenti spiega che Ciaccia per la multinazionale si occupa di pubbliche relazioni: è attualmente «responsabile dei rapporti con il ministero degli Esteri e le rappresentanze diplomatiche, ruolo che è a secondo riporto del direttore Public Affairs di Eni». È stato scelto per «il ruolo da voi descritto», dice Eni, con nomina della struttura della presidenza del consiglio in qualità di «esperto del settore energetico».

Quel ruolo non dovrebbe averlo dice Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia di Greenpeace: «Aziende che hanno grossi interessi internazionali nell’ambito del mercato oil and gas e delle politiche legate al cambiamento climatico non dovrebbero essere coinvolte dal governo quando ha un ruolo di presidenza di vertici come il G20 e la Cop26. Certamente non dovrebbero avere questo ruolo nei tavoli tecnici».

Per Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, «è l’ennesima conferma del peso e del ruolo che ha Eni sulla politica del governo italiano, dopo che le bozze del Recovery plan destinano miliardi a progetti che l’azienda aveva già previsto. Quando chiami Eni al tavolo del G20 il rischio è di portare al centro della discussione lo sfruttamento di petrolio e gas, l’idrogeno che nel nostro paese si basa al 97 per cento sugli idrocarburi e il sequestro di carbonio, invece che lo sviluppo delle rinnovabili, subendo le sue politiche».

La consultazione delle imprese

Le istanze legate alla crescita sono assoluta necessità del paese, ma per confrontarsi con le imprese la presidenza italiana ha altri canali, anche senza appaltare i negoziati ai loro dirigenti. Ha appena annunciato la nascita di un «advisory board» composto dagli amministratori delegati di «multinazionali, manager e prestigiosi rappresentati del mondo del business internazionale». Inoltre è previsto anche il B20, il forum di dialogo ufficiale del G20 con la comunità imprenditoriale, che sarà ospitata da Confindustria, di cui Eni è membro, e presieduta da Emma Marcegaglia che è stata presidente sia di Eni che di Confindustria.

È previsto anche un incontro a livello internazionale con i sindacati, ma secondo Luca Visentini, presidente della confederazione europea dei sindacati, «i sindacati italiani avevano chiesto un incontro con il premier Conte a nome di tutti i lavoratori europei e non lo hanno ottenuto. Con il G7 del governo Gentiloni organizzammo ben due incontri. Ora invece nulla. E mi sembra inaudito che in preparazione del vertice il governo segua un processo sbilanciato e colmo di conflitti di interessi, con la nomina di consulenti direttamente nell’ufficio del consigliere diplomatico».

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