I bambini sono stimolati in tutti i modi a desiderare in dono i personaggi delle storie che seguono in video o nel fumetto e i genitori e nonni li cercano dovunque e a ogni prezzo. Ed è così che il mondo della fantasia alimenta un business fin dagli anni remoti in cui sognavamo d’avere stretto al petto il Manuale delle Giovani Marmotte. Salvo che quella generazione divenendo adulta abbandonava pupazzi e figurine per sostituirli con economisti e mezzibusti dei Tg, mentre a chi è nato nei decenni successivi i mass media audiovisivi, cresciuti nel frattempo, hanno imposto un imprinting assai incisivo, tanto che molti adulti divengono bambini di ritorno fino a spendersi i quattrini per rincontrare sotto forma di pupazzi i protagonisti dei cartoon che li fecero sognare.

Il mercato dei sogni

Su questa passione, pandemica e permanente, si fonda il mercato dei “dream projects”, per cui uno va sul sito della ditta e ordina l’eroe o l’eroina fatti di stoffa, plastica e cartone, per averli a casa e confrontarli con il fantasma onirico che lo rivisita talvolta in mezzo al sogno.

I colossi della narrazione, da Disney a Mattel, sono ovviamente i primi che spremono denaro dalle manie che hanno alimentato. I ricavi, con l’aiuto del lockdown, gli stanno andando a gonfie vele perché sono cresciuti del 75 per cento nel 2020 rispetto al 2019. Oltre ai colossi si danno però da fare anche gli artigiani, sotto forma di start up a corto di quattrini che progettano qualche modello, lo affidano all’online e al tam tam dei social, raccolgono prenotazioni con tanto di caparra, ma si lanciano in produzione solo quando gli ordini sono tanti da garantire un guadagno sicuro senza rischio d’invenduto.

Così Snake Mountain (la montagna del serpente), start up americana che, su prenotazione e versamento, si badi bene, dell’intero importo, fornisce le riproduzioni, a tre dimensioni e in grande scala, degli eroi e degli ambienti di una saga dal titolo Masters of Universe che circola da decenni tra fumetto, cinema e tv. Tutti, anche semplici impiegati a medio reddito, accettano di pagare all’istante seicento e passa dollari e di attendere un anno e oltre prima che un furgone rechi loro a domicilio Skeletor, un mostro intergalattico di due metri di statura. Il tutto favorito da apposite piattaforme di crowdfunding nate al fine proclamato di «portare i sogni a quelli che li sognano».

Fiducia

L’imprenditoria che lancia offerte approfittando della rete e cerca clienti dotati di fede e di pazienza, si regge interamente sulla reliability (l’affidabilità) circa la qualità del materiale, i tempi di consegna e, soprattutto, l’accuratezza filologica nella riproduzione dei personaggi, perché i clienti post-bambini non perdonano i tradimenti di dettaglio. Un rapporto di fiducia e confidenza, che ricorda quello fra il cliente e il sarto di quartiere cui davamo in anticipo il costo del tessuto, e che rovescia lo schema più diffuso del credito al consumo in cui il mercante incassa a rate e non sull’unghia.

Qui invece è il cliente che anticipa il quattrino grazie a un carico di fiducia è assai maggiore perché i soldi sono consegnati quando il prodotto è ancora lontano da venire. Evidentemente anche gli artigiani dei dream projects sono percepiti dai clienti come bambini di ritorno e questo basta a generare una sorta di complicità identitaria che fa da ponte fra i due lati dello scambio.

Mercato delle passioni

L’elemento della complicità è direttamente titillato per stringere i legami in una cerchia di mania. In un sito compare addirittura l’invito a farsi parte della “Super secret society”, definita “Massoneria senza politica”, per non buttare l’occasione di chiedere domani un favore ai pari tuoi.

Così, tracciando il business post bambino dei pupazzi, si arriva a scoprire il più vasto fenomeno del “fandom” (mondo dei fan). Non è un mondo solo, ma un universo percorso da sciami di appassionati: di uno scrittore, di una serie, di un divo oppure di una firma di vestiario che “fa tipo”. Luogo di affinità elettive, di entusiasmi e perfino di tumulti contro editori e autori sospettati di spingere storie e personaggi in direzioni dense di problemi. Come quando la trama esige che ci si sbarazzi addirittura dell’Eroe, ma capita che la sommossa, come quelle dei tifosi al mercato del pallone, devii la penna assassina e la costringa a rinnovarsi in altri modi.

Non sappiamo se e come l’attivismo politico abbia messo gli occhi sopra il mondo fandom. Ci sembra tuttavia probabile che almeno qualche “bestiola”, emula di quella di Salvini, se ne stia prendendo cura. Il fenomeno fandom ruota infatti attorno a merci dotate di un potente carattere simbolico. Tracciando in rete chi le frequenta si arriverebbe di sicuro e meglio, rispetto ai colloqui freudiani sul divano, a esplorare le anime dei singoli clienti per poi passare a bombardarle con i social.

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