Il ministero dello Sviluppo economico e del Made in Italy finanzia un nuovo centro della filiera del cosiddetto idrogeno green, che si va ad aggiungere alla decina già presenti sul territorio nazionale, a Spinetta Marengo, nel comune di Alessandria. Un centro abitato da qualche migliaio di abitanti su cui insiste da ormai un secolo il polo chimico Solvay, oggetto dell’interesse del ministero. A Spinetta la prima cosa che attira l’attenzione, oltre allo stabilimento, sono le colline vicino alla matassa di tubi metallici, casette e padiglioni bianchi e blu che compongono gli impianti. Il paese infatti si trova su un territorio pianeggiante e non c’è salita a vista d’occhio. Le colline sono rifiuti tossici accatastati negli anni.

Il ministero sta co-finanziando la costruzione di due nuovi impianti chimici e lo sviluppo su scala globale dell’Aquivion Solvay, prodotto in esclusiva dall’azienda chimica belga in Piemonte. Al finanziamento partecipano anche le regioni su cui insistono rispettivamente il polo chimico di Spinetta Marengo – dove viene prodotto l’Aquivion -– e il polo di ricerca di Bollate in provincia di Milano, nei cui laboratori invece verrà sviluppato.

Pfas vietati in Europa

Non importa se queste due regioni risultino tra le più contaminate dai prodotti chimici realizzati dalla Solvay. Prodotti come il C6O4, utilizzato nella realizzazione di materiali ad alte prestazioni – automotive e difesa – che continua ad essere ritrovato nell'ambiente in Lombardia e Piemonte. Ma come ha potuto scoprire Domani con un accesso agli atti, concentrazioni sull’ordine delle centinaia di C6O4 (282 microgrammi/litro) sono stati ritrovati nel percolato di discarica del lotto 5 della maggiore discarica piemontese, quella di Barriccalla in provincia di Torino.

Parliamo di composti perfluoroalchilici, i famigerati pfas, che in Italia si possono ancora produrre, ma che l’Europa ha deciso di vietare perché considerati pericolosi per l’ambiente e per l’uomo: interferiscono con il sistema endocrino, sulla fertilità e abbassano le difese immunitarie. Un recente studio congiunto delle Università di Padova e Bologna (29 giugno 2023) ha inoltre dimostrato che contribuiscono a mutare il metabolismo. Insomma, si tratta di sostanze che non dovrebbero essere disperse nell’ambiente.

Inoltre, Barricalla non è autorizzata a smaltire i pfas, per legge lì non ci dovrebbero neppure essere. Secondo fonti interne ad Arpa Piemonte – che ha compiuto i rilevamenti – la presenza di pfas in discarica e a queste concentrazioni rappresenta un problema. Non solo perché a quanto pare questi composti sono stati introdotti in discarica come materiale inerte e già bonificato, e in questo senso adatto a ricoprire altri rifiuti, come l’amianto. Ma perché essendo molto persistenti finiscono per sopravvivere alla discarica stessa e fluire insieme agli scarti nei depuratori delle città. È un problema perché favorisce la diffusione di questi composti nell’ambiente e nei tessuti fognari cittadini. E gli unici impianti che si sono dimostrati efficaci nello smaltimento sono gli inceneritori.

A domanda diretta, l’azienda risponde: «Solvay precisa che i rifiuti del sito di Spinetta Marengo non solo vengono smaltiti secondo quanto previsto dalle autorizzazioni ambientali e dalla normativa vigente ma anche andando ben oltre i requisiti minimi di legge, spesso affrontando elevate spese di smaltimento come l’incenerimento». Inoltre aggiunge: «In particolare Solvay procede alla caratterizzazione e al tracciamento dei rifiuti secondo quanto previsto dal quadro autorizzativo». Tuttavia non è chiaro sapere dove e come vengono gestiti questi rifiuti, perché nonostante la nuova autorizzazione ambientale lo preveda, non è entrata ancora in vigore. Motivo per cui, ad esempio, nonostante l’azienda abbia dichiarato di incenerire i pfas attualmente non è noto alle autorità ambientali dove questo avvenga e se sia fatto correttamente.

La nuova discarica

Barricalla, contattata per un commento, ha preferito non rilasciarne. Così come Città metropolitana di Torino, l’ente che si è occupato solo alcuni mesi fa delle autorizzazioni per la costruzione di una nuova discarica Barricalla, poco distante dalla prima. Autorizzazioni in via di conferma nonostante i dubbi di Arpa Piemonte, che presentando il grado di contaminazione da pfas di Barricalla1 si è detta preoccupata per la costruzione di una Barricalla 2. Soprattutto perché a mancare sono proprio gli impianti in grado di trattare questi composti, e quindi limitarne la diffusione. Autorizzazioni concesse da un organo collegiale cui l’amministrazione direttamente interessata dalla costruzione della discarica, il comune di Collegno, non partecipava più in presenza perché contrario alla sua apertura, pur avendo continuato a inviare delibere e note in dissenso. Come si legge nei verbali della conferenza dei servizi riunitasi per approvare il progetto «il dissenso manifestato da parte della Città di Collegno si ritiene superabile perché [...] è stato espresso sulla base di motivazioni generiche come il parere contrario dell’amministrazione comunale rispetto ad ogni trasformazione che comporti compromissione definitiva della risorsa suolo e dell’utilizzo agricolo».

A presiedere la conferenza che si occupa delle autorizzazioni per la costruzione di Barricalla2 è Claudio Coffano, in quanto direttore del dipartimento Ambiente e vigilanza ambientale della Città metropolitana di Torino. Coffano, curiosamente, è lo stesso che, in qualità di dirigente ambiente di Alessandria, nel 2021 aveva concesso a Solvay l’ampliamento della produzione proprio del C6O4.

Sostanza che solo dopo – e nell’imbarazzo generale – si scoprì non essere mai stata autorizzata. Per l’accaduto impose alla multinazionale il pagamento di una multa da 7mila euro, a fronte di una produzione decennale di un prodotto chimico pericoloso per l’uomo e per l’ambiente. Contattato per un commento ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.

«Come assessore all’Ambiente della città di Collegno ho contribuito a costruire una posizione contraria all’ampliamento della discarica» ha dichiarato Enrico Manfredi. Ma non è bastata la formulazione di più pareri negativi del comune ad interrompere l’iter di approvazione. L’assessore Manfredi e il comune di Collegno hanno chiesto chiarimenti ad Arpa Piemonte, ma a oggi nessun ente ha spiegato come e se siano stati smaltiti questi 282 microgrammi di pfas, e soprattutto perché siano stati trovati dove non avrebbero dovuto essere.

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