Nelle carte dell’inchiesta a carico del sottosegretario al ministero della Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, c’è anche il parere della vice capo dipartimento di via Arenula, Giuseppa Lara Bartolozzi, meglio nota come “Giusi” Bartolozzi, che nelle intenzioni doveva rappresentare un assist, ma che invece si è trasformato in un autogol clamoroso.

Bartolozzi è una tecnica, è stata giudice in Sicilia, a Gela, è passata pure dalla sezione fallimentare del tribunale di Palermo ma ha avuto anche esperienze politiche, visto che in passato è stata eletta con Forza Italia, una berlusconiana doc. Il suo compagno è Gaetano Armao, avvocato, siciliano, ex assessore regionale e vicepresidente della regione ai tempi di Nello Musumeci presidente.

La vicenda del parere descrive perfettamente gli equilibri di potere che si stanno consolidando in quel ministero, dove la figura più in ombra è quella del ministro circondato dai forzisti Bartolozzi e Francesco Paolo Sisto da un lato, e dall’altro dal sempre più traballante Delle Vedove. Il fedelissimo ed ex avvocato di Giorgia Meloni non solo è finito sotto processo per rivelazione di segreto d’ufficio, creando un imbarazzo al governo, ma è diventato anche un fulgido esempio di cortocircuito politico-giudiziario. Dovrebbe occuparsi di giustizia mentre la giustizia si occupa di lui.

La zarina inguaia Delmastro

La vicenda è iniziata a fine gennaio quando il deputato Giovanni Donzelli, all’epoca coinquilino di Delmastro, aveva riferito alla Camera di alcuni colloqui tra mafiosi detenuti al 41 bis e l’anarchico Alfredo Cospito. I colloqui sono stati l’occasione per attaccare gli esponenti politici del Pd che erano andati a trovare Cospito in carcere («Siete con lo stato o con i terroristi?»).

Delmastro aveva successivamente ammesso di aver rivelato a Donzelli i contenuti riservati raccolti in una relazione elaborata dal Gom, il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria. L’intervento di Donzelli aveva provocato una bufera, il deputato si era giustificato parlando di atti accessibili a tutti, in realtà non era così, e le opposizioni avevano chiesto le dimissioni di Delmastro, autore della fuga di notizie.

Come ha fatto Bartolozzi a contribuire a inguaiare Delmastro e imbarazzare il ministro della Giustizia, Carlo Nordio? Quando è esploso il caso, il ministero si è mosso compatto per blindare il meloniano, ma ha solo peggiorato il quadro. La regia di questo disastro è di Bartolozzi, la donna più potente del ministero, ribattezzata la zarina, per alcuni è la vera ministra.

A febbraio Carlo Nordio si è fidato e ha scritto una nota nella quale difendeva apertamente il sottosegretario, ma è stato puntualmente smentito, prima dal contenuto della richiesta d’archiviazione avanzata dalla procura, successivamente dall’imputazione coatta, da ultimo dal rinvio a giudizio. Una nota che Bartolozzi ha messo nero su bianco, firmando un parere che si è rivelato un vero boomerang. Un parere redatto per rispondere a una richiesta di accesso agli atti, presentata dal deputato e portavoce di Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli.

La nota

La nota, firmata dalla zarina di via Arenula, rispondendo in modo tecnico alla richiesta avanzata dalle opposizioni, entrava nel merito così: «Non risultano apposizioni formali di segretezza e neppure ulteriori diverse classificazioni sulla scheda. La scheda sintetica Nic non rivela né disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati (...) Peraltro, la rilevata apposizione della dicitura “limitata divulgazione”, presente sulla nota di trasmissione della scheda rappresenta una formulazione che esula dalla materia del segreto di stato e dalle classifiche di segretezza, disciplinate dalla legge 124/07 e dai Dpcm di attuazione ed esclude che la trasmissione sia assimilabile a un atto classificato, trattandosi di una mera prassi amministrativa interna in uso al dap, non disciplinata a livello di normazione primaria», scriveva Bartolozzi, vice capo di gabinetto vicario, il 6 febbraio 2023.

Del parere parla anche il sottosegretario quando è stato sentito in procura. «Io penso che la  clausola apposta dal capo del Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr) non riguardi il decisore politico che può invece utilizzarle. Peraltro, il vice capo di gabinetto (Bartolozzi, ndr) ha ulteriormente chiarito la portata di questa clausola di limitata divulgazione, precisando “che trattasi di mera prassi amministrativa interna in uso al dap non disciplinata a livello normativo”», diceva il sottosegretario ai pubblici ministeri.

In pratica per Delmastro quei documenti non erano segreti, ma “a limitata divulgazione” con tanto di citazione dell’illustre parere che è si rivelato un autogol clamoroso. Nota che ha ispirato anche le parole pronunciate in aula dal ministro Nordio, il 15 febbraio, richiamate anche nella memoria difensiva del sottosegretario.

Un’interpretazione che è stata prima smentita dalla procura, anche se aveva chiesto l’archiviazione ma solo per l’inconsapevolezza del sottosegretario, e poi dall’imputazione coatta e dal rinvio a giudizio. Bartolozzi svolge il ruolo di vice capogabinetto con funzioni di vicario, incassa un compenso annuale lordo di 151mila euro più un trattamento economico accessorio di quasi 38mila euro. È una giudice che piace alla destra, ma che alla destra di governo più che risolvere i problemi, li crea.

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