Il vaccino day, il giorno che tv e giornali hanno celebrato come un nuovo inizio, ha avuto un protagonista la cui storia è rimasta segreta e ignorata. Eppure se di fronte al gigante Covid l'Italia ha mostrato lacune e impreparazioni è anche per i fiumi di denaro che, in questi anni, sono stati bruciati tra malaffare e sprechi. Al fianco di Claudia Livernini, la prima infermiera vaccinata, c'è un dottore in camice, capelli bianchi e volto teso per il cruciale evento. È lui a dirigere le operazioni. Lo stesso dottore che in compagnia di Alessio D'Amato, assessore regionale alla sanità del Lazio, annuncia al paese l'arrivo delle dosi per avviare la campagna vaccinale.

Il dottore in questione, immortalato in ogni scatto, si chiama Francesco Vaia, detto «Franceschiello», coinvolto in una vicenda giudiziaria risalente agli anni novanta finita con un patteggiamento. Vaia è arrivato potente e riverito fino a giorni nostri. Ha superato i 65 anni, ma la sanità laziale, a guida centrosinistra non ha saputo fare a meno di lui. Lo scorso gennaio è stato nominato direttore sanitario dello Spallanzani. Una carriera costellata di incarichi importanti per chiudere, proprio in piena pandemia, con la guida dell'istituto nazionale per le malattie infettive.

Per scoprire il passato di Francesco Vaia non bisogna fare grossi sforzi, basta ordinare una copia di un libro 'Lady Asl', datato 2008, editori riuniti, e scritto da Alessio D'Amato e Dario Petti. Nessuno mette in dubbio le capacità di Vaia, la sua professionalità, il suo talento. Il punto è che l'autore del libro, D'Amato, non è un omonimo, ma è proprio l’assessore regionale della sanità laziale. I rapporti saranno migliorati con il tempo visto che Vaia è diventato direttore sanitario dello Spallanzani. Ma quello che c'è scritto in quel libro è sorprendente e ancor di più il rapporto, che appare inconciliabile, tra il D'Amato autore e il D'Amato assessore.

L'inchiesta sulle mazzette

Il titolo del capitolo è eloquente 'La breve fuga di Franceschiello', il riferimento è al periodo da latitante di Vaia. E sì perché il direttore sanitario dello Spallanzani, è stato anche latitante quando è stato raggiunto da misure cautelari prima di consegnarsi. Di Franceschiello, D'Amato, allora autore del libro-denuncia, parlava come di «una cariatide della sanità pubblica». All'epoca non sapeva che la sua carriera sarebbe proseguita con i pubblici elogi di D'Amato e della sanità da lui gestita.

«A differenza del monarca borbonico – con cui condivide l'origine napoletana – rimasto sul trono per un anno soltanto, Vaia il suo ruolo di direttore, prima delle Usl e poi delle Asl, lo ha mantenuto per 15 anni passati all'ombra di potenti lobby, c'è chi dice l'Opus Dei», arriva a scrivere D’Amato. Vaia è rimasto in sella «attraversando giunte politiche di tutti i colori, un camaleonte capace di rimanere sempre al posto di comando», si leggeva ancora nel libro. D'Amato non fa sconti e racconta di un Franceschiello sempre al vertice con Storace, con Marrazzo arrivando a guidare il policlinico Umberto I, ma è il passato di Vaia il passaggio più pesante del libro.

Un passato che il D'Amato autore del libro inchiesta attinge dall'ordinanza di custodia cautelare che aveva portato ai domiciliari Vaia nell'inchiesta su Lady Asl, scattata nel 2006 e coordinata dalla Procura di Roma. Inchiesta che ha visto Vaia prosciolto da ogni accusa, a Napoli, qualche anno prima era andata diversamente. «Aveva esordito dirigendo, a Napoli, la Usl 41, ed era subito finito nel mirino della procura locale per atti illeciti (…) Così il gip Figliolia che ne ha disposto l'arresto 'Particolare allarme sociale desta la situazione afferente al Vaia. Lo stesso risulta pluricondannato a una pena complessiva di un anno e 7 mesi di reclusione e a lire 1.200.000 di multa, per associazione a delinquere, reato commesso in Napoli dal 1991 al 1993, nonché per vari e numerosi reati di corruzione e per atti contrari ai doveri d'ufficio'».

D'Amato poi racconta le accuse di lady asl, Anna Giuseppina Iannuzzi, che di Franceschiello diceva che aveva preteso e ottenuto tangenti in cambio di autorizzazioni, accuse che Vaia ha sempre respinto al mittente spiegando che si trattava di una vendetta per le sue denunce contro quel sistema. Di Vaia, l'allora D'Amato fustigatore, ricordava anche un altro episodio che quando era inseguito dall'ordine di cattura richiesto dalla Procura di Roma e convalidato dal Gip, così come negli anni novanta, si rende irreperibile prima di consegnarsi in carcere qualche giorno prima di finire ai domiciliari. Ripetiamo che alla fine della vicenda lady Asl Vaia esce lindo e pinto, quello che resta nel passato di Vaia risale agli anni novanta quando Vaia era alla guida dell'Usl 41. Le agenzie di allora danno conto della chiusura della vicenda giudiziaria con un patteggiamento e raccontano qualche particolare in più. «Ex dirigenti, sindacalisti, ex funzionari, ex componenti del comitato di gestione della Usl 41 di Napoli, imprenditori sono stati rinviati a giudizio oggi al termine dell'udienza preliminare riguardante le tangenti pagate sugli appalti concessi dalla ex unità sanitaria(...) Sono state invece stralciate le posizioni di cinque imputati, che hanno chiesto il patteggiamento.

Tra questi l'ex manager della Usl, Franco Vaia, le cui dichiarazioni sono tra i principali elementi di accusa nel procedimento». Dichiarazioni che portarono al patteggiamento di Vaia con pena sospesa. Un libro quello di D'Amato che viene ripreso in diverse interrogazioni parlamentari, una nel 2016 firmata da diversi senatori grillini, prima firmataria Paola Taverna, che interrogavano, senza risposta, l'allora ministra della Salute Beatrice Lorenzin sull'opportunità del ruolo ricoperto da Vaia, allora nominato direttore sanitario degli Istituti fisioterapici ospitalieri (IFO). Nell'interrogazione si menzionava anche un inciampo contabile e un pronunciamento della corte dei conti per presunto danno erariale «per la condotta tenuta in occasione dello svolgimento del concorso interno a 12 posti di dirigente amministrativo della Asl RmC». D'Amato assessore non ha nulla da dire su quello che scriveva il D'Amato fustigatore del malaffare della sanità nel Lazio? «Sono vicende vecchissime e superate.

Per quanto riguarda il lavoro odierno è sotto gli occhi di tutti il contributo straordinario che sta fornendo senza sosta e con grande abnegazione da undici mesi al Lazio e all'intero Paese tutta l’equipe clinica e sanitaria dello Spallanzani», dice D'Amato. Dallo Spallanzani risponde la dottoressa Marta Branca, direttrice generale, che ha condiviso la risposta con Elisa Minichiello, responsabile per la prevenzione della corruzione. «La nomina ha rispettato tutte le normi vigenti in materia (...) Il provvedimento di nomina è stato poi, secondo procedura, trasmesso alla Regione Lazio, che non ha espresso in merito alcuna riserva». Franceschiello, come lo chiamava D’Amato, è ancora lì «attraversando giunte politiche di tutti i colori, un camaleonte capace di rimanere sempre al posto di comando».

© Riproduzione riservata