«Volevo ringraziare tutti i consiglieri comunali che mi hanno votato, in particolare volevo ringraziare la mia famiglia, in particolar modo mio padre, il mio faro», sono queste le prime parole di Emanuele D’Apice da presidente del consiglio comunale di Castellammare di Stabia, comune di 60 mila abitanti, in provincia di Napoli. Dal video della seduta si vede D’Apice emozionato, inizia il suo discorso mentre i consiglieri confusamente prendono posto, ma applaudono quando il giovane presidente onora la memoria del padre.

Il padre si chiamava Luigi D’Apice, anche lui politico, tutti lo ricordano con il suo soprannome ‘o ministro, processato e condannato per camorra, citato nella relazione di scioglimento di un altro comune, quello di Pompei. Il presidente parla, sopra di lui la foto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il crocifisso: «Sarò il presidente di tutti, andrò a rivestire un ruolo prestigioso, di grande responsabilità, metterò a disposizione tempo, capacità, passione, competenze per il bene della città e dei cittadini», prima di omaggiare il padre «faro che mi ha insegnato tutto, l’educazione, il rispetto.

Devo a lui l’uomo che sono» e giù applausi dei consiglieri. Il senatore Sandro Ruotolo è intervenuto sulla questione chiedendo un intervento della ministra Luciana Lamorgese: «È inaccettabile quello che è successo, la maggioranza guidata dal sindaco Gaetano Cimmino elegge il presidente del consiglio Emanuele D’Apice, figlio del pregiudicato di camorra. È un insulto alle istituzioni, il ministro e il prefetto di Napoli devono nominare una commissione di accesso al comune di Castellammare come già abbiamo chiesto in diverse interrogazioni». Il giornalista e senatore ricorda che già a marzo scorso in un’ordinanza erano emerse, in alcune intercettazioni, che «Il clan D’Alessandro avrebbe sostenuto Forza italia alle ultime amministrative».

‘O ministro viene citato nella relazione di scioglimento del comune di Pompei. «Altra figura risulta Luigi D’Apice (soprannominato Giggino ‘o ministro), affiliato alla cosca e assiduo frequentatore di esponenti della maggioranza, funzionari del comune e di appartenenti al corpo della polizia municipale», si legge nel decreto di scioglimento risalente al 2001.

L’elezione di Emanuele D’Apice, nel 2013, a consigliere comunale aveva già scatenato polemiche e una spaccatura nel centrodestra con l’ex senatore Luigi Bobbio che si era candidato in contrapposizione alle liste del popolo delle libertà. D’Apice aveva prontamente replicato: «Onorevole Bobbio una volta non rappresentavo per te un pericoloso criminale, infatti mi avevi stretto al tuo fianco. Io ho la fedina penale pulita». A distanza di anni, D’Apice ha fatto carriera e non ha dimenticato il padre, il suo faro.

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