Pungente, arguto, irriverente. Il dibattito tra gli scrittori (e non solo) Walter Siti e Fabio Volo, moderato dal responsabile della sezione Idee di Domani, Beppe Cottafavi, sul confronto tra romanzo d’autore e quello pop è stato frizzante, ricco di spunti di flessione, colpi di scena e frecciatine che, proprio come ha sottolineato Cottafavi, sono stati necessari a capire dove sta e perché c’è, soprattutto nel nostro Paese, frizione tra cultura “alta” e “pop”.

«A te fanno paura le parole?». Così Siti apre a sorpresa la conversazione, rivolgendosi a Volo: «Quello che ho notato è che quando scrivo, le parole mi vengono incontro con il significato che hanno nella mia indagine personale. Nel senso che mi costringono a essere onesto o furbo, ecco perché hanno un potere intimidatorio per me», spiega Volo sottolineando, quindi, che le teme perché lo costringono a fare i conti con la verità.

Anche a Siti le parole fanno paura: «Perché quando scrivo o quando sogno mi portano dove non sapevo di voler andare. Così i miei libri prendono pieghe inaspettate, che possono essere disturbanti, con cui devo fare i conti, specialmente durante il dormiveglia», chiarisce prima che il dibattito si sposti sul lieto fine. E sull’abitudine di Volo di usarlo come chiusa per le sue storie.

Se per Siti a volte «sembra appiccicato con lo sputo», Volo spiega perché il finale positivo fa parte del suo essere «dalla parte della luce», dalla sua visione del mondo come un posto bello, e della natura umana come buona, «non è una strategia di marketing, sono io così», ribadisce spiegando che i libri che scrive non sono studiati a tavolino o già pronti nella sua testa prima di prendere forma ma un flusso che incuriosisce l’autore stesso mentre viene fuori.

Così mentre Volo si definisce un uomo senza talento o sogni che ha iniziato a scrivere per sfuggire ai debiti del padre che faceva il panettiere, e che oggi continua a farlo per avere la possibilità di esprimersi e di raccontare in modo concreto, pratico, la realtà della vita di tutti i giorni, Siti spiega di sentirsi più amante delle tenebre che della luce.

«Io non voglio trovare me stesso e neppure esprimere me stesso, perché non mi piaccio. Ho più voglia di capire perché non mi piaccio e perché non mi piace il mondo in cui vivo. Quindi mi sento fratello a chi come me fa cose che non gli piacciono. Ecco perché vado alla ricerca di contraddizioni», chiarisce prima di anticipare che il prossimo libro che scriverà sarà un horror: «Perché lì trovo degli amici».

Quasi come se fossero agli antipodi in alcuni momenti, così tanto distanti, però, da riuscire quasi a toccarsi in altri, Siti e Volo, guidati da Cottafavi, riescono, alternandosi senza bisogno di uno schema fisso, a offre uno spaccato completo del panorama della letteratura contemporanea.

Tra citazioni alte e altre meno. Tra risate, sarcasmo e rigore, i due scrittori passano dal parlare di dio a discutere mostri che tengono chiusi dentro loro stessi, al modo che ciascuno di loro ha di concepire la scrittura e il lavoro.

Alla necessità «di cercare il silenzio. Perché è grazie a quello che ho costruito le intuizioni migliori della mia vita. Tutti parlano, tutti dicono quello che pensano sui fatti del mondo. Ma nessuno dice più quello che sente, quello che prova di fronte ai fatti della vita», dice ancora Volo prima dell’intervento con cui Cottafavi ha tirato le fila di un dibattito talmente vivace da poter durare ore: «Abbiamo abbattuto mura e costruito punti tra l’alto e il basso, tra il d’autore e il pop. E tra voi due. Che venite entrambi dalla provincia, da famiglie popolari, da case in cui non c’erano libri. In maniera diversa, però, la vostra carriera dimostra che i libri vi hanno salvato la vita, me ne dite uno?». La Metamorfosi di Franz Kafka per Siti. La Divina Commedia di dante Alighieri per Volo.

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