Il supermercato conosce i propri clienti (noi) con tutte le loro debolezze, i loro desideri, le paure, e le possibilità. Sa che fare la spesa è un’esperienza, ma anche una fatica.

Sa che chiunque entra con una lista della spesa nove volte su dieci uscirà con qualcosa in più. Sa che c’è una differenza sostanziale tra volere un dato alimento e poterselo permettere. La società e consumi cambiano costantemente e bisogna saperle interpretare. Cosa mangeremo nei prossimi mesi? Cosa potremo permetterci? Quali saranno le nuove tendenze? Sono queste le domande che assillano i manager della GDO ogni giorno. Rispondere correttamente a ognuna di queste domande significa vincere alla lotteria della competizione tra i singoli brand dei supermercati, significa non perdere clienti o, ancora meglio, guadagnarne qualcuno in più.

Così, in una frenetica e costante rincorsa alla novità, al prodotto da lanciare con sfavillanti campagne promozionali, si rincorrono previsioni. Cibi grassi o magri? sostenibili o industriali? Nelle oltre 200 pagine del consueto rapporto sulle abitudini dei consumatori e delle nuove tendenze di mercato, la Coop è convinta che «gli italiani sono sempre più attenti alla salute e all’ambiente, guardano con crescente interesse ai piatti ricchi di fibre e privi di proteine animali e scelgono meno altre categorie come alimenti senza lattosio e senza glutine».

Quello che è cambiato in modo sostanziale, però, è il luogo dove le persone fanno la spesa. Sono sempre di più, infatti, quelli che si rivolgono ai discount, quelle realtà che hanno fatto del prezzo basso, delle offerte sotto costo, il loro punto di forza negli anni. Secondo una recente ricerca, infatti, «l’85 per cento delle famiglie ha fatto la spesa in un discount».

Tra le decine di numeri elencati nel rapporto della storica catena di supermercati, c’è un dato che deve preoccupare di più e che riguarda il futuro. In un capitolo a tratti poetico si legge che «come a fine stagione, aprendo l’armadio, decidiamo quali indumenti tenere e quali buttare via perché non li metteremo più, così gli italiani, indotti dal carovita a cambiare le proprie abitudini in fatto di acquisti alimentari decidono, con un gioco di equilibri, a cosa rinunciare e cosa tenere nel carrello della spesa».

Al di là della similitudine, quello che preoccupa si legge subito dopo: «Ben 9 consumatori italiani su 10 sono consapevoli che nei prossimi mesi dovranno mutare le proprie scelte di consumo di generi alimentari per arginare gli effetti della dilagante inflazione». I consumatori, continua l’analisi, faranno attenzione agli sprechi, staranno attenti a compilare liste della spesa più oculate, conserveranno meglio il cibo per non sprecarlo, «riutilizzeranno gli avanzi», molti staranno più attenti alle offerte promozionali o acquisteranno i cosiddetti prodotti «primo prezzo» (quelli, per intenderci, di qualità più bassa) e – su questo punto neppure Coop ha dubbi – moltissimi andranno a fare la spesa al discount per trovare prezzi ancora più bassi. Altri “rinunceranno al caffè al bar o al pranzo con gli amici”.

Per molti questa è già realtà. Questa prospettiva tracciata nel rapporto Coop, per il nostro carrello della spesa e per le casse della GDO è semplicemente una sciagura. Per noi vuol dire ripensare alla nostra dieta e ai nostri acquisti, per loro significa rivedere le tendenze, ridefinire i piani promozionali, chiedersi cosa mangeremo, farlo ancora una volta con la stessa speranza di sempre, quella di individuare la tendenza giusta.

Come si sposa, ad esempio, lo scarso potere d’acquisto con quella la nuova religione alimentare dei prodotti ‘free from’, quelli che fanno dimagrire e fanno bene alla salute, visto che costano di più? Il mercato ha intercettato questa tendenza e l’ha orientata: il benessere è dato dalla rinuncia e la rinuncia diventa un valore. Ora invece sembra affacciarsi una nuova era, il ritorno dei grassi, la rivincita del burro, la vendetta degli olii vari. Per anni considerati come una iattura assoluta, le pagine di questo giornale raccontano di una dinamica in cambiamento. Come la GDO saprà interpretare e orientare questa nuova fase, è tutto da scoprire.

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