Ligabue, Fiorella Mannoia, Emma. Ma anche Piero Pelù, Mario Biondi, Gino Paoli, Francesco Renga. «Aspetta che apro il mio sito e li vedo, sono troppi». I nomi dei cantanti italiani tra i più noti per cui ha fatto il direttore di produzione Pierpaolo Baldelli è una lista infinita, ma per lo stato non è un lavoratore dello spettacolo. Così per lui, e per tutti gli altri nella sua condizione, non ci sono i “ristori” promessi dal premier Giuseppe Conte.

Il primo lockdown

La saga di drammi burocratici ed economici di Baldelli è cominciata a marzo, quando sono stati chiusi cinema e teatri e sono stati annullati gli eventi per arginare il contagio da Covid-19. In quel periodo lavorava ai tour del cantautore Francesco De Gregori e del vincitore di Sanremo 2019 Mahmood. Fermati come tutti gli altri.

 «E qui ci sono due storie, la mia con l’Agenzia delle Entrate, e quella della nostra condizione lavorativa».

Baldelli, in quanto proprietario di una ditta, ha la partita Iva ed è obbligato a essere iscritto alla camera di commercio come artigiano commerciante, con un codice Attività economiche (Ateco) che recita: “Altre attività di supporto alle rappresentazioni artistiche”. Nella prima parte della pandemia lo stato gli ha riconosciuto i 600 euro dell’Inps per marzo e aprile. A maggio sono arrivati i mille euro per i lavoratori dello spettacolo: «Ma in quanto iscritto alla camera di commercio, per l’Inps potrei essere un qualunque artigiano». Così non ha ricevuto nulla. Baldelli si mantiene facendo concerti «da 22 anni, ma lo stato non mi riconosce come parte del settore, nonostante il codice Ateco». Un corto circuito amministrativo che non è finito qui.

Tutte le chiusure hanno avuto già nel corso del primo lockdown delle compensazioni in base al calo di fatturato. «Il calcolo però veniva fatto su aprile dell’anno scorso. Per l’Agenzia delle entrate conta solo quello». Peccato che ad aprile la ditta di Baldelli fosse a cavallo di due progetti: «Finivo il tour con Emma e poi passavo a Ligabue». La fattura di Emma era di marzo, Ligabue era di luglio. Una situazione «che è molto comune nel mio settore». Quindi concerti con migliaia di spettatori l’anno prima non sono valsi a nulla per ottenere le compensazioni, per lo stato è come se non ci fossero stati. E non ha ricevuto niente.

Il nuovo Dpcm

Il Dpcm del 24 ottobre con la stretta per il mondo della cultura ha ripresentato il problema, e non per la chiusura in sè. Baldelli non confidava di riprendere a fare il tour manager subito, e il secondo stop non ha spostato poi tanto. I limiti imposti di 200 spettatori al chiuso e mille all’aperto con la riapertura del 15 giugno aveva reso impossibile ripartire davvero.

Ogni tour prevede una partecipazione di addetti variabili. Si va dalle 15 persone tra musicisti e tecnici in un tour nei club, alle 400 per un concerto come Campovolo, lo spettacolo di Ligabue che venne fatto per la prima volta il 10 settembre 2005 all'interno dell'Aeroporto di Reggio Emilia. Uno show da 165.264 biglietti.

In questi casi lavorano tante figure, dai direttori delle luci agli elettricisti, dai musicisti al personale addetto alla sicurezza. Per settembre 2020 era attesa una replica di Campovolo per festeggiare i 30 anni di carriera di Ligabue. Baldelli avrebbe dovuto partecipare. Ma ripartire con mille spettatori non era neanche ipotizzabile.

Quasi tutti i grandi concerti sono stati rinviati al 2021. «Dire che avevamo riaperto era una scusa per non doverci sovvenzionare» commenta il direttore. Il decreto Ristori non ha cambiato la cosa, anzi, ha peggiorato la discriminazione: «I ristori si basano sui rimborsi di questa estate, che però io – e sicuramente altri - non ho avuto». La mossa nata per agevolare il pagamento del contributo, ha escluso definitivamente una parte di “imprenditori intermittenti”.

La protesta

Il 10 ottobre Baldelli ha partecipato alla manifestazione organizzata a Milano dall’associazione Bauli in piazza. Il gruppo è nato per iniziativa di alcuni lavoratori tecnici dello spettacolo per fare emergere i problemi del settore. Una rappresentanza di lavoratori si è disposta davanti al Duomo di Milano con i bauli utilizzati per trasportare i materiali di scena metaforicamente vuoti.

Sono abituati a vivere dietro le quinte ma «nel primo periodo della pandemia eravamo gli invisibili, adesso siamo superflui». Qualche collega artista ha dato il suo sostegno «troppo pochi e soprattutto sui social network». Spicca come aiuto concreto la cantante Elisa: «Quest’estate ha organizzato dei concerti e ha devoluto tutto a favore dei lavoratori dello spettacolo».

Il 30 ottobre c’è stata una manifestazione organizzata dalle sigle sindacali, specifica per i lavoratori dello spettacolo. In quella occasione si è fatto avanti anche Dario Brunori (nome d’arte Brunori Sas), che a Cosenza ha partecipato fisicamente alla protesta e ha tenuto un breve discorso.

Bauli in piazza il 28 ottobre ha incontrato in videoconferenza il ministro Dario Franceschini e il ministro, fa sapere l’associazione,«si è detto pronto e disponibile a istituire un tavolo tecnico specifico per approfondire le problematiche e le esigenze legate al mondo degli operatori dello spettacolo».

Ma Baldelli è scettico: «Nonostante il governo faccia tutti questi discorsi sull’importanza della cultura, ricordiamo tutti quando il premier ha parlato degli artisti “che ci fanno tanto divertire”», ha detto ricordando l’infelice frase in occasione della presentazione del decreto Rilancio a maggio. Franceschini martedì ha rivendicato con un video su Facebook la scelta di chiudere di nuovo per motivi sanitari. Baldelli non ha apprezzato: «Noi siamo in questa situazione e fanno anche gli stizziti. Capisco le sollevazioni delle piazze». «Ma non basta. Qui servono manifestazioni come negli anni Settanta».

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