Si chiama Imun ed è la più grande simulazione in Italia delle sedute dell’Assemblea Generale dell’Onu. In cui oltre 1800 allievi delle scuole di tutto il Paese dibattono sugli stessi temi che guidano l’agenda politica internazionale. E propongono soluzioni
Preoccupata per le discriminazioni che molti migranti devono affrontare. Per la possibilità che subiscano abusi e diventino vittime della tratta di esseri umani. Per la condizione di apolidia, senza cittadinanza e diritti, in cui si trovano almeno dieci milioni di persone nel mondo, la commissione Unhcr «suggerisce di introdurre un sistema burocratico più rapido per la creazione dei documenti di identità dei rifugiati per facilitare l’integrazione. Incoraggia lo sviluppo di spazi di protezione per garantire loro l’accesso ai servizi essenziali fin dall’arrivo. Crea opportunità di partecipare alla forza lavoro, per ridurre la dipendenza economica. Chiede la creazione di un’organizzazione sovranazionale che colleghi le azioni delle Ong. E che possa educare all’inclusione sia i rifugiati, sia gli abitanti locali».
Così si legge nella risoluzione elaborata il 31 gennaio non dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, ma da oltre 1.800 studenti, provenienti dalle scuole superiori di tutta Italia. Che, come ogni anno, hanno partecipato a Imun Roma, cioè alla diciassettesima edizione dell’Italian Model United Nations, organizzato da United Network Europa: la più grande simulazione in Italia delle sedute dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a cui, su base volontaria, gli allievi di licei, istituti tecnici e professionali del Paese hanno preso parte.
Dal centro congressi Cavour della Capitale, proprio come se fossero stati al Palazzo di Vetro di New York, gli studenti hanno indossato, per quattro giorni i panni di ambasciatori e diplomatici per dedicarsi alle attività tipiche della diplomazia. Adottando le regole di procedura delle Nazioni Unite, hanno dibattuto, in lingua inglese, sugli stessi temi che guidano l’agenda politica internazionale. Così, divisi in gruppi, i partecipanti hanno discusso e proposto soluzioni per rafforzare le leggi internazionali per perseguire i crimini di guerra legati alla violenza di genere, ad esempio. O per superare il fast fashion, prevenire lo sfruttamento delle risorse naturali, contrastare la proliferazione delle armi nucleari, ridurre la criminalità minorile.
Dando vita a dieci commissioni tematiche, simili a quelle con cui lavora l’Assemblea generale delle Nazioni Unite: come Disec su disarmo e sicurezza, Ecofin con focus economico e finanziario, Sochum che si occupa di questioni sociali, culturali e umanitarie o Specpol per le politiche speciali e la decolonizzazione.
Imparare il compromesso
Come spiega a Domani, Asia Fina, learning support junior assistant di United Network, mentre spedita si muove tra le sale del cento congressi Cavour per supervisionare i dibattiti nelle commissioni, «ogni studente, per i quattro giorni di Imun Roma, si trasforma nel rappresentante di ciascuno dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, con il compito di agire sulla base del contesto storico, economico e sociale del Paese di cui si fa portavoce, che deve aver studiato prima. I ragazzi sono molto preparati. Si impegnano per proporre soluzioni concrete ai problemi di oggi», chiarisce Fina, ricordando che tra i compiti di United Network c’è anche quello di supportare i partecipanti di Imun prima dall’incontro, fornendo loro le informazioni di background fondamentali per conoscere ogni Stato.
«Noi esperiamo in prima persona le conseguenze della devastazione della barriera corallina e dell’innalzamento dei mari. Per questo non possiamo esimerci dal sottolineare quanto sia importante definire dei principi chiari. Che guidino tutti Paesi del mondo nel contrastare la pesca illegale, l’overfishing, l’inquinamento da plastica», dice, ad esempio, il rappresentante dello stato arcipelago dell’America centrale delle Bahamas a proposito della necessità di salvaguardare gli oceani: «Il mare è fondamentale per l’economia del nostro Paese. Ma crediamo fermamente vada sviluppato un sistema sostenibile per l’utilizzo della sua ricchezza. Perché è importante tutelare l’ambiente per le future generazioni», risponde il portavoce dell’isola di Dominica, inserendosi nel dibattito che animava la commissione Legal, quella dedicata a garantire la conservazione delle risorse naturali, prima della stesura del documento finale. Della risoluzione che fa il punto sulle soluzioni emerse dalla discussione, che però, per essere promulgata necessita che l’alleanza tra Stati che l’hanno scritta riceva più voti delle altre altre coalizioni. Proprio come succede alle Nazioni Unite.
«Per questo ci sono momenti in cui i dibattiti si accedono parecchio: quando cerchi di convincere gli altri Paesi a condividere la tua idea. Anche perché spesso succede che ti trovi a rappresentare gli interessi di uno stato che non condividi, così non è semplice agire, bisogna riflettere molto», spiegano Tommaso e Matteo, i rappresentanti di Stati Uniti e Belgio nella commissione Unhcr. «L’anno scorso l’alleanza di cui facevo parte si è divisa in due proprio mentre stavamo votando la risoluzione», aggiunge Matteo con una risatina, mentre ripensa a tutte le edizioni di Imun a cui ha già partecipato: «Quattro. Perché anche se voglio studiare per diventare ingegnere spaziale, quindi non mi dedicherò alla politica internazionale, Imun è un progetto formativo e divertente. Che mi insegna a mettermi in gioco».
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