Dopo il trasferimento da Perugia alla Capitale, i pm hanno sentito il procuratore indagato con il finanziere Pasquale Striano per i presunti accessi abusivi alla procura nazionale
Cinque ore di interrogatorio in cui si è difeso ribadendo la legittimità del suo operato. L’ex pm antimafia Antonio Laudati esce dalla procura generale di Roma accompagnato dal suo avvocato Antonio Castaldo ed entra subito in auto.
L’avvio del procedimento
Quello di Laudati è stato un interrogatorio da lui richiesto. Un lungo interrogatorio davanti ai magistrati capitolini, Giulia Guccione e Giuseppe De Falco che, dopo il trasferimento del fascicolo dalla procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone, lavorano all’inchiesta sui presunti accessi abusivi alla banca dati della Dna e ai sistemi informatici in uso alle forze dell’ordine.
«Con riferimento alle notizie di stampa circolate circa l’interrogatorio del mio assistito, non si intende rilasciare alcuna dichiarazione, per comprensibili motivi di riservatezza e consentire agli organi competenti ogni doveroso approfondimento», è stata la nota stringata dell’avvocato Andrea Castaldo, legale di Laudati.
Indagato, nell’inchiesta, oltre a Laudati, è anche il finanziere Pasquale Striano: per entrambi, più volte, è stata respinta la richiesta dei pm della procura del capoluogo umbro sugli arresti domiciliari. Poi i giudici del riesame hanno deciso di accogliere l’istanza delle difese: spostare, per competenza, l’inchiesta a Roma.
Le indagini sono partite a seguito di una denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha chiesto alla procura di Roma di individuare le fonti delle notizie pubblicate da Domani. La denuncia, infatti, è stata presentata dopo che questo giornale aveva pubblicato una notizia sui conflitti di interessi del ministro per via dei compensi milionari ricevuti da Leonardo e altre aziende del settore delle armi fino a pochi giorni prima dell’insediamento nel governo Meloni. Notizie vere, mai smentite.
Alle inchieste è seguita la reazione del numero uno del dicastero di via Venti Settembre: con un esposto ha chiesto di indagare per cercare le fonti dei giornalisti. Ed è così che nel registro degli indagati sono stati iscritti anche tre giornalisti di questo giornale. Accusati di concorso in accesso abusivo e rivelazione di segreto. Colpevoli, insomma, di aver pubblicato fatti veri e di interesse pubblico.
Lo scontro tra magistrati
Intanto la procura di Perugia, prima del passaggio a Roma, aveva depositato al riesame diversi documenti di Giovanni Russo, direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria da gennaio 2023. Secondo i pm, da quelle carte emergerebbe che nel 2020 i vertici della procura nazionale antimafia, all’epoca guidata da Federico Cafiero de Rahoe presso cui lo stesso Russo ricopriva l’incarico di aggiunto, sarebbero stati informati di «anomalie» nelle attività del finanziere Pasquale Striano.
Ma la relazione redatta da Russo alla quale nessuno avrebbe dato seguito non risulterebbe né firmata né ufficializzata. Un atto che, nonostante ciò, è stato depositato, insieme al citato verbale sulle sommarie informazioni rese da Russo lo scorso 6 novembre e alle lettere in cui l’ex procuratore della Dna parlerebbe di «differenze di poteri» del gruppo di Striano e, ancora, di come il tenente della guardia di finanza si sarebbe mosso più liberamente rispetto all’organizzazione che lui presidiava.
Un vero e proprio scontro tra magistrati, pertanto, con Cafiero de Raho che ha più volte ribadito di «non aver mai ricevuto segnalazioni di Giovanni Russo riguardanti Striano». Ora saranno i pm di Roma a valutare i fatti.
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