L’inchiesta partita oggi che ha portato a 71 misure cautelari e il sequestro di beni per quasi un miliardo di euro è stata denominata “Petrol-mafie spa”, perché colpisce l’ingerenza delle mafie nel settore legale del commercio di petrolio.

Le indagini si sono sviluppate attraverso il lavoro congiunto di quattro procure antimafia: Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria.

Quattro filoni che hanno fatto emergere il sospetto della pervasiva integrazione delle mafie nel mercato del lecito, con l’ipotesi di reato di riciclaggio di denaro frutto di traffici illeciti, attraverso frodi fiscali nel settore degli oli minerali.

L’indagine ha individuato una sinergia tra le mafie e i cosiddetti colletti bianchi, che avrebbero lavorato insieme per operare frodi fiscali e massimizzare i profitti, attraverso il riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili.

Il versante calabrese dell’inchiesta coordinato dalla procura guidata da Nicola Gratteri ha riguardato della provincia di Vibo Valentia, gli stessi coinvolti nell’indagine Rinascita Scott che ha svelato la rete di complicità della ‘ndrangheta all’interno delle istituzioni. 

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