La guardia di finanza di Roma ha confiscato, in maniera definitiva, beni riconducibili, direttamente o indirettamente, a diversi indagati e arrestati nel 2014 nell’ambito dell’inchiesta “Mondo di mezzo” tra cui Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Si tratta dell’epilogo delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli indagati e dei loro prestanome.  La misura di prevenzione è stata confermata dalla Corte di cassazione del 22 ottobre che ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dalle parti, rendendo così definitiva la confisca di: quattro società operanti nei settori immobiliare e del commercio di prodotti petroliferi; tredici unità immobiliari e un terreno siti a Roma e in provincia; tredici automezzi; 69 opere d’arte di importanti esponenti della scena artistica della seconda metà del Ventesimo secolo, tra cui Pop Art, Nouveau Réalisme, Futurismo e Surrealismo e numerosi rapporti finanziari per un valore di stima pari a circa 27 milioni di euro.

A Massimo Carminati, condannato per associazione per delinquere, traffico di influenze illecite e corruzione in relazione alle vicende nel processo “Terra di Mezzo” e noto per i suoi trascorsi nella formazione di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari (N.A.R.), nonché per il “rapporto stabile e funzionale” con la “Banda della Magliana” e il furto al caveau della Banca di Roma presso la Città Giudiziaria di Roma, commesso tra il 16 e il 17 luglio 1999, sono state confiscate, tra l’altro, la villa di Sacrofano e opere d’arte per un valore stimato di oltre dieci milioni di euro. Un’altra villa, nella stessa località, è stata affidata in comodato d’uso per la realizzazione di una importante struttura sociosanitaria per aiutare le famiglie di pazienti con autismo. Nei confronti di Salvatore Buzzi, imprenditore a capo dell’ampia rete di cooperative coinvolte nell’inchiesta e anch’egli condannato per associazione per delinquere, traffico di influenze illecite e corruzione, la misura patrimoniale ha ad oggetto due immobili a Roma nonché le quote e il patrimonio di due società, per un valore stimato di oltre 2,6 milioni di euro. Nell’ambito dell’inchiesta è stato condannato a sei anni anche  l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

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