Inchieste e amichettismo: nella Campania verso il voto la destra punta sugli eterni cacicchi

Boss liberi, raffica di impresentabili e una terra che brucia. Una fotografia della Campania che sembra uscita dalle cronache degli anni Novanta e che, invece, è l’istantanea che immortala lo stato delle cose nella regione pronta alle elezioni. Decine di candidati, scontro per i papabili governatori in lista e un mutismo diffuso sulla notizia dell’estate: la scarcerazione dei capi della famiglia criminale che ha fatto la storia della Campania, i Moccia. Usciti per decorrenza dei termini di custodia cautelare, è durato troppo il processo di primo grado a loro carico. E così dopo tre anni la meritata libertà. Una notizia accolta dal silenzio dei palazzi del potere capitolino e napoletano. In un’estate che ha registrato il solito amaro bollettino di roghi tra la provincia di Napoli e Caserta, in fiamme anche il parco del Vesuvio, i partiti erano tutti impegnati a comporre e scomporre le liste in vista dello scontro campale per la guida di palazzo Santa Lucia, sede dell’ente regionale. Il centrodestra non ha ancora ufficializzato il suo candidato presidente, «dovrebbe essere il viceministro Edmondo Cirielli anche se lui resterebbe volentieri a Roma, ma in questo modo si evita il papa straniero, il candidato tecnico, sperando nel caos nella coalizione di centro-sinistra anche se la partita sembra già persa», racconta un forzista della prima ora. Un caos quello del centrosinistra che restituirà a breve l’esito dell’accordo tra la segretaria Elly Schlein e l’immarcescibile Vincenzo De Luca. La candidatura di Roberto Fico a presidente di regione rischia di diventare presto una foglia di fico per nascondere l’evidenza, la Campania resterà ancora nelle mani della dinastia De Lucia, il partito al figlio Piero e due fedelissimi come assessori, gradito quello alla Sanità. Impasse Regionali, Meloni e Schlein unite dagli stessi problemi Forza indagati E le liste? Per dare un segnale di discontinuità dovrebbe restare fuori dalle liste Giovanni Zannini che inaugura il fenomeno antico della transumanza, i portatori di voti sgraditi sono pronti a passare sull’altra sponda. L’attuale consigliere regionale deluchiano è il principale esponente di questa categoria surclassando i competitor per capillarità della sua rete di potere e preferenze raccolte. Zannini ha un problema, un’indagine per corruzione, i pm vagliano il materiale sequestrato dai dispositivi in attesa di assumere una decisione sul futuro dell’inchiesta. Il consigliere, in questi mesi, si è avvicinato a Forza Italia, ha sostenuto alle europee Fulvio Martusciello, possibile candidato governatore del centrodestra bloccato dall’inchiesta delle autorità belghe sulle presunte pressioni illecite dei lobbisti del colosso cinese Huawei. E a volerlo nelle liste c’è un peso massimo del partito azzurro in Campania, Francesco Silvestro. È stato in passato anche nella lista degli impresentabili, per le regionali del 2020, per un processo poi conclusosi con la prescrizione. Tomasi da Pistoia: il sindaco nero candidato dalla destra nel feudo rosso della Toscana Le carte di quel procedimento arenatosi, però, sono il racconto del suo sistema di potere. Il senatore ha querelato per diffamazione questo giornale per le inchieste condotte sul suo conto, ma le nostre rivelazioni hanno portato alla sua estromissione dalla commissione parlamentare antimafia. Una partita gestita da Tajani, che dopo gli ha garantito la presidenza della bicamerale per le riforme. In Forza Italia è pronto anche il munifico Gianfranco Librandi, uno che la politica la fa, ma soprattutto la finanzia. Ex Pd, Italia viva, Scelta civica e ora numero due dei berlusconiani in Campania. Famoso per aver finanziato la fondazione renziana Open con 800mila euro prima di ottenere la ricandidatura nel Pd; «C’è chi compra la barca, io finanzio la politica», disse per spiegare la sua passione. Due De Luca anziché uno: no della sinistra dem che minaccia lo strappo La figlia del “nero” Anche Fratelli d’Italia si prepara alla sfida elettorale tornando alle origini e affidandosi ai rampolli di buona famiglia. Così è pronta Ione Abbatangelo, esponente della destra più intransigente e nostalgica, collaboratrice dell’europarlamentare Alberico Gambino e in passato dipendente all’epoca di Alleanza Nazionale. Suo padre Massimo Abbatangelo è stato senatore missino e in passato condannato per detenzione di esplosivo a sei anni, assolto definitivamente dall’accusa principale di strage, quella del rapido 904 del 23 dicembre 1984. A tifare per Ione Abbatangelo c’è Maurizio Matacena, da poco nominato in quota ministero della Cultura, guidato dal meloniano Alessandro Giuli, revisore dei conti nella fondazione del teatro San Carlo di Napoli. È indagato per associazione a delinquere finalizzata a condizionare l’aggiudicazione di commesse pubbliche nell’ambito di un’inchiesta nel settore della sanità. Ma siamo ancora in una fase d’indagine preliminare, i pm dovranno decidere se procedere o chiedere l’archiviazione. Famiglia, sanità (e clan): il film del centrodestra nella Calabria al voto Il partito di Meloni a Napoli è nelle mani di Marco Nonno, amante di paracadutismo, militante dai tempi del fronte della gioventù, ospite ai convegni di CasaPound, immortalato a fare il saluto romano con tanto di richiamo nostalgico “A noi”: costretto a prendere le distanze da se stesso, disse che si trattava di uno scherzo. Non è uno scherzo, invece, la condanna per resistenza rimediata dopo le proteste contro la realizzazione di una discarica a Pianura, era il 2008. Condanna che gli è costatata proprio la seggiola in consiglio regionale, ma c’è sempre posto nel partito di Giorgia Meloni che discetta di legalità e zone franche solo quando non riguarda la cerchia dei fratelli. Perché nessuno resti indietro il partito è pronto a candidare anche la partner del deputato, coordinatore metropolitano a Napoli, Michele Schiano, collezionista di preferenze. Si chiama Palmira Fele, mestiere imprenditrice. Ora è pronta per scendere in campo, nel 2018 ci aveva già provato con il partito Noi con l’Italia, sulla scheda elettorale aveva scritto Palmira Fele in Schiano. La chiarezza prima di tutto. Il M5s sforna candidati: Conte mette a frutto la linea unitaria di Schlein