«Catania è una città sporca, dentro e fuori». Un pescatore col volto rugoso, scavato dal sole, non usa mezze parole per raffigurare il capoluogo alle falde dell’Etna. Dal suo banchetto di pesce, alla Pescheria, cuore storico della città, racconta di una metropoli bellissima con oltre settecentomila abitanti (compreso il vasto hinterland), ai piedi di un vulcano attrazione mondiale, sette volte distrutta dalla lava e sette volte risorta sempre più bella.

Ma anche di una città sporchissima, abbandonata, piena di malavita e di scorribande criminali, dove il degrado sociale ha raggiunto livelli inimmaginabili sino a pochi anni fa. Dove un dissesto finanziario da oltre un miliardo ha lasciato macerie sociali, con i servizi ridotti al lumicino e una lunga scia di povertà nelle periferie che fa paura.

A Catania, poi, non prolifera solo il tessuto mafioso, ma anche i “colletti bianchi”. Una parte della borghesia disposta a tutto, fatta anche di funzionari corrotti che fanno parte di un sistema di potere dove, se non riesce a entrare, non fai affari e soldi. Un sistema che stupisce di più perché viene perpetrato da dirigenti che dovrebbero per primi rispettare la legge. Uno spaccato corruttivo che, come ha detto anche Matteo Iannitti, uno dei pochi esponenti catanesi di una sinistra che fu riferendosi all’ultima inchiesta giudiziaria con quattro arresti eccellenti, «pone una questione morale grande come il vulcano e trasversale» .

Apatia

La procura guidata da Carmelo Zuccaro, ha mandato alcuni giorni fa ai domiciliari l’ex assessore ed ex candidato sindaco Pippo Arcidiacono, di Fratelli d’Italia, cardiologo molto conosciuto in città, il vicepresidente dell’Ordine dei medici, Ezio Campagna, e sfiorato col tintinnar di manette nientepopodimeno che l’avvocato Ruggero Razza, ex assessore regionale alla Salute nella giunta dell’ex governatore Nello Musumeci (oggi ministro per la Protezione civile e per le politiche del mare nel governo Meloni), salito alla ribalta nazionale per l’inchiesta sui morti Covid «spalmati».

Con loro Antonio Scavone, anche lui ex assessore della giunta Musumeci e uno dei pupilli dell’ex governatore Raffaele Lombardo recentemente assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, e l’attuale presidente dell’Ordine dei medici, Igo La Mantia. Tutti coinvolti in un presunto giro di assunzioni per parenti e amici nella sanità siciliana. Venerdì si sono tenuti gli interrogatori e c’è chi sostiene che per tutti scatterà anche l’interdizione dai pubblici uffici.

Ma quel che fa più pensare è che Catania non risponde, non si indigna, non reagisce. Resta apatica, così come era capitato per il recente scandalo “università bandita”, l’indagine sull’assegnazione delle cattedre che ha costretto l’ex rettore dell’ateneo a dimettersi.

Ancora prima la città era rimasta in silenzio per il buco di bilancio e il dissesto, con indagati eccellenti come l’ex sindaco ed ex ministro Enzo Bianco, oggi tagliato fuori dalla competizione elettorale (si era ricandidato a sindaco della città) da una interdizione dai pubblici uffici disposta dalla Corte dei Conti, sezione di Palermo.

Prima di lui, sempre per vicende di malamministrazione e buchi di bilancio, era finito nel mirino dei magistrati l’allora sindaco Umberto Scapagnini, uno dei medici personali del presidente Silvio Berlusconi. Scapagnini è considerato il vero responsabile del dissesto, ma le colpe non sono soltanto sue.

Città al voto

In questo contesto la città si prepara ad andare al voto per il rinnovo del sindaco e dell’amministrazione. Enrico Trantino, cavallo di razza del foro etneo, figlio dell’ex più volte sottosegretario Enzo, è il nuovo candidato unico del centrodestra. Sull’altro fronte c’è il professore universitario di Economia politica Maurizio Caserta, volto stimato dalla borghesia di sinistra. Poi ci sono altri cinque candidati minori. A Trantino e Caserta il compito di provare a rialzare una città dai mille volti, dove si cammina sempre ai confini della legalità. In tutti i settori. Anche nella stampa, dove Mario Ciancio Sanfilippo, editore ed ex direttore del più grande giornale della città, La Sicilia, è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa.

A destra Trantino è arrivato alla candidatura dopo uno scontro senza mezzi termini con la Lega di Matteo Salvini che attraverso il suo pupillo siciliano Luca Sammartino (soprannominato “mister preferenze” per l’enorme serbatoio di voti che possiede), vicepresidente della regione, aveva imposto dall’alto come candidata la senatrice Valeria Sudano.

Sia Sudano che Sammartino, prima di arrivare alla corte leghista, hanno militato nel Pd per approdare successivamente nelle file dei renziani. Lo scontro tra Trantino e Sudano ha raggiunto livelli altissimi tanto che la destra rischiava di arrivare al voto con due candidati. Poi la ragione ha prevalso e la Lega si è accontentata della vicesindacatura.

Trantino, molto vicino a Meloni ha anche il merito da attratto il leader di Azione, Carlo Calenda, che qualche giorno fa, volato a Catania, ha siglato in un bar il “patto del liotru” (liotru è l’elefante, uno dei simboli della città) con l’avvocato. Primo segnale di qualcosa che potrebbe ripetersi in campo nazionale.

A sinistra c’è poco da aggiungere. L’ex sindaco Enzo Bianco, uscito dal panorama politico, ha accettato di presentare una lista con Caserta candidando anche sua figlia al Consiglio comunale.

Disuguaglianze

Dal punto di vista economico Catania è una città bifronte con il centro e l’hinterland che sale verso l’Etna dove c’è uno dei redditi pro capite più alti dell’intera isola, e una zona sud dove il reddito è più che dimezzato. Una terra che possiede anche grandi colossi industriali come la St, la fabbrica di pannelli solari di Enel Green power, la più gande d’Europa, la Pfizer, ma anche agglomerati di disperati che ancora oggi vendono con la loro motoape ferraglia raccolta per strada o tutto il ben di dio delle campagne.

A pochi chilometri dalla bellissima e interminabile spiaggia della Plaia, abbandonata e mai sviluppata esiste una università vivacissima, che attrae migliaia di giovani da tutto il sud. La città poi vanta un altro primato italiano ed europeo che consiste nella più alta concentrazione di centri commerciali d’Europa, seconda soltanto a quella di Oslo.

Quindi una metropoli dai grandi appetiti e dalle ricchezze facili, come quelle accumulate dal patron della più grande discarica del comprensorio, Antonino Leonardi, al quale le forze dell’ordine hanno sequestrato, quando lo hanno arrestato, alcuni fusti pieni di banconote sotterrati in un terreno. Circa un milione di euro – si disse allora – necessario per le spese correnti.

È proprio in questi contesto di ricchezza e povertà che si insinua la mafia che ha fatto di Catania anche una base del traffico internazionale di droga. Lo testimoniano i fusti galleggianti di cocaina purissima intercettati recentemente dalle forze dell’ordine al largo della città. La diffusione della criminalità si tocca con mano nei quartieri storici e periferici come Librino, dove tutti i grandi candidati, negli anni, si sono esposti con progetti faraonici per un recupero che non si è mai concretizzato.

In queste periferie delle periferie, tantissimi giovani non vanno a scuola, non imparano un lavoro, sono “neet”. A loro si aggiungono “fiumi” di stranieri che sciamano senza un nome né un volto. Nessuna promessa è stata mantenuta per dotare questi enormi agglomerati dormitorio di centri sociali, sportivi o di scuole adeguate. Sono aree dove proliferano le palestre di criminalità, come se alla città “che conta” poco importi. «Catania è ormai tutta periferia, con un degrado imperante» ha spiegato recentemente la segretaria generale della Uil, Enza Meli. Non c’è un piano da seguire, tutti si occupano soltanto di spartizione del potere.

Voti in vendita

Testimonianza di questo degrado è anche la questione rifiuti. Cumuli di spazzatura che ammorbano l’aria anche di diverse aree del centro. Ancora oggi i progetti faraonici messi in piedi per superare l’emergenza hanno solo prodotto il disastroso risultato di avere la tariffa più alta d’Italia per un servizio molto carente e una raccolta porta a porta mai decollata in pieno, con la metà dei cittadini che non pagano la tassa che così ricade sull’altra metà.

Recentemente, in un incontro con centinaia di studenti nell’aula magna del tribunale, il procuratore capo di Catania Zuccaro li ha esortati a utilizzare con piena libertà il diritto al voto, per allontanarsi da quelli che finora sono stati i criteri dello scambio politico-mafioso. Un diritto-dovere che non è negoziabile e non può far parte di nessun accordo, ha spiegato Zuccaro che si è spinto sino a dire che il momento del voto è il più delicato in cui la mafia si infiltra dentro la società. «Chiaramente il procuratore lancia questo monito a una città che va a votare» commenta il presidente della Caritas diocesana, Emiliano Abramo, prima candidato sindaco per il centrosinistra, poi ritiratosi.

Prima del procuratore un appello alla cittadinanza per un voto libero era arrivato dall’arcivescovo Luigi Renna che si era fatto portavoce di una ventata di novità e aveva chiesto ai cittadini uno scatto d’orgoglio scegliendo un politico trasparente. Appello finito nel dimenticatoio dopo un primo momento di vivacità. Perché forse lo stesso arcivescovo, come si dice in giro, si è reso conto che anche all’interno del suo entourage c’era chi dissentiva.

© Riproduzione riservata