A una settimana dall’incidente alla funivia Stresa-Mottarone che ha causato la morte di 14 persone le indagini condotte dalla procura di Verbania hanno ricevuto un rallentamento lo scorso sabato quando due dei tre fermati sono stati scarcerati.

Dopo gli interrogatori svolti a inizio settimana scorsa, la procura ha fermato tre persone legate alla gestione della funivia: Gabriele Tadini (il caposervizio); Luigi Nerini (il proprietario delle Ferrovie del Mottarone) e Enrico Perocchio (il direttore dell’esercizio). Il fermo è durato quasi quattro giorni nel carcere di Stresa, fino quando sabato sera il giudice per le indagini preliminari ha disposto la scarcerazione di Nerini e Perocchio, mentre a Tadini sono stati concessi i domiciliari, accogliendo la richiesta del suo legale. Secondo la giudice il fermo è stato «eseguito al di fuori dei casi previsti dalla legge e per questo non può essere convalidato». Inoltre, il gip ha smontato l’impianto accusatorio della procura che continuava a chiedere il loro carceramento per evitare la fuga e l’inquinamento delle prove. Rischio, che invece secondo il gip non ci sarebbe. Ma chi sono i tre indagati e che ruolo hanno in tutta questa vicenda?

Gabriele tadini

Con più di 36 anni di esperienza alle spalle, Tadini è l’ingegnere caposervizio della funivia. È il maggiore indiziato dalla procura dopo che ha confessato di aver inserito i forchettoni che hanno evitato l’azionamento dei freni di emergenza della cabina n.3, quella caduta dopo la rottura della fune. I forchettoni sarebbero stati inseriti per ovviare a un problema tecnico dell’impianto che provocava continui disservizi. Una decisione presa più volte e di cui ne erano tutti a conoscenza, ha spiegato Tadini agli inquirenti. Il suo legale, Marcello Perillo, ha detto ai giornalisti che il suo assistito si trova in uno stato di salute precario: «È distrutto, non mangia e non dorme. Non è un delinquente, non avrebbe mai fatto salire delle persone se avesse pensato a questa possibilità». Perillo ha anche spiegato le motivazioni del gesto: «Il problema di queste pompe di pressione era che il freno poteva far fermare la funivia a metà corsa, con un obbligo di intervento con il cestello».

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A confermare le dichiarazioni di Tadini c’è anche un altro testimone, si tratta dell’operatore Fabrizio Coppi che durante gli interrogatori ha spiegato che Tadini, il suo diretto superiore, più volte gli ha ordinato di inserire il forchettone. Anche Coppi conferma che i vertici della funivia (Nerini e Perocchio) erano a conoscenza di quella “prassi”. «Ho udito più volte Tadini discutere animatamente al telefono con Perocchio e Nerini poiché questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto, nonostante la volontà di Tadini di fermarlo. Dopo alcune telefonate l’ho visto molto turbato e demoralizzato».

Luigi Nerini

Nerini è il gestore della società Ferrovie del Mottarone che gestisce l’impianto di Stresa. Il suo avvocato Pasquale Pantano ha affermato che non era a conoscenza dell’utilizzo dei forchettoni e ha spiegato: «La sicurezza non è affare dell’esercente. Non era lui a dover fermare la funivia perché sarebbe conflitto di interessi. Lo stato che è serio si è occupato di dire che della sicurezza si occupa un soggetto terzo». Il legale ha anche affermato che Nerini non ha risparmiato sulla manutenzione della struttura e che ha agito in piena trasparenza. Un articolo di Domani ha rivelato come la società di Nerini in passato ha versato in condizioni economiche difficili e proprio per questo l’impianto è stato chiuso più volte in attesa dei soldi della regione o del comune per la manutenzione. Attualmente Nerini si trova in libertà in attesa del seguito delle indagini.

Enrico Perocchio

Il terzo fermato dalla procura di Verbania è Enrico Perocchio, direttore dell’esercizio dell’impianto. Perocchio è un dipendente di Leitner, la principale azienda italiana di impianti a fune. Per le Ferrovie del Mottarone lavora invece come libero professionista, il cui compito è di avere l’ultima parola su tutto ciò che riguarda l’apertura e chiusura dell’impianto e la sua sicurezza. Perocchio non lavorava quotidiniamente a Stresa, ma come fanno in genere i direttori di esercizio, lo visitava saltuariamente.

Tadini ha detto che anche Perocchio, come Nerini, era a conoscenza dell’inserimento del forchettone. Perocchio ha sempre negato. «Non sapevo dei forchettoni. Se avessi saputo non avrei avallato quella scelta. Lavoro negli impianti a fune da ventuno anni e so che quelle sono cose da non fare mai, per nessuna ragione al mondo» ha detto in un’intervista rilasciata a La Stampa dopo la scarcerazione. Spiega anche che è stato lui a voler verniciare i forchettoni di rosso, in modo tale che fossero più visibili e verificare così la loro eventuale applicazione. Per quanto riguarda il problema tecnico Perocchio ha spiegato che si trattava di una questione che si sarebbe risolta chiudendo l’impianto per uno o due giorni. Invece così non è stato e per evitare i disservizi sono stati utilizzati dei forchettoni, quelli che secondo la procura di Verbania avrebbero evitato ai freni di emergenza di entrare in azione. Anche Perocchio, così come Nerini è stato scarcerato dal gip.

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